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Nostrappdamus

No, non prenderò di mira quelli che quando c’è una scossa di terremoto hanno come primo pensiero quello di scrivere sui social network “c’è il terremoto”.

Se per loro è un modo per sentirsi in contatto con le altre persone, a me non fa problema. Trovo più curioso un altro atteggiamento che mi pare la combinazione di più distorsioni da abuso digitale: quello di chi poi chiede “ma domani sono previsti altri terremoti?”. Un po’ l’idea che qualcuno sappia per filo e per segno quando ci saranno le scosse ma non lo vuol far sapere pubblicamente per motivi suoi, perché tanto dietro ci deve sempre essere qualcosa (ah il caro vecchio noncielodikono). Un po’ la pia illusione che tutto si possa prevedere, maturata da anni di frequentazioni di siti e app di previsioni meteo a quindici giorni quando è risaputo che le previsioni oltre il dopodomani hanno affidabilità scarsa o nulla, ma noi continuiamo a guardarle lo stesso anche se da qui a due settimane cambieranno ventordici volte. “A che ora è la fine del mondo?”, cantava ormai trenta anni fa Luciano Ligabue in una canzone a sua volta presa in prestito dai R.E.M. Quella volta era un paradosso in mezzo a un testo surreale. Ma ormai sono convinto che un giorno qualcuno lo chiederà davvero, con convinzione, su Facebook: “Scusate gruppo, qualcuno sa a che ora è la fine del mondo?”.