Home Vita della chiesa Noi cattolici, nemici del Bene comune?!

Noi cattolici, nemici del Bene comune?!

Alla conclusione della Settimana Sociale dei cattolici 2010, nei giorni del terzo anniversario della morte di don Oreste Benzi, pubblichiamo il testo integrale del suo intervento pronunciato il 19 ottobre 2007, quindi pochi giorni prima della morte, proprio alla Settimana sociale dei cattolici italiani svoltasi a Pisa.

Mi chiedevo mentre ascoltavo gli splendidi oratori: ma come realizzare il bene comune? Io ho visto, penso e credo che il nemico – perdonate la parola – del bene comune è… siamo noi cattolici. In che senso? Ovunque ci si gira si è persa, si è sbriciolata e poi scomparsa la coscienza di essere popolo, popolo di Dio, con una missione di salvezza da portare. Oggi però, oggi, 19 ottobre, ieri, domani. Il messaggio di Gesù, meglio, la soluzione dell’esistenza umana che ci dà Gesù, l’ha affidata a noi, ma non si può portare avanti così, sbriciolata.

L’interesse di partito, l’interesse del potere, l’interesse delle stanze dei bottoni e tutto ciò che è collegato a esso è diventato la coscienza pratica ed attuativa, e così si ha il tradimento della rivoluzione cristiana, come dice Benedetto XVI, della rivoluzione di Dio. Perché mancano le strategie comuni da portare avanti. Ogni realtà, ogni gruppo ecclesiale, ogni parrocchia, ogni movimento.
Dice bene Seneca che il vento favorevole a poco giova, se il marinaio non sa dove andare. E quando la barca sta troppo ferma corre il rischio di affondare. Per inerzia, per una legge interna, dell’inutilità. Mancano questi piani.

Facciamo un esempio. Oggi, mentre siamo qui, in media, 500 bambini vengono sgozzati e uccisi. Omicidio premeditato, voluto, in Italia. 180mila l’anno. Ma queste creature urlano, e il grido loro sale a Dio. Mentre si sta vicino a Dio questo grido lo si sente, ma se non lo si sente, vuol dire che qualcosa c’è da rivedere nel nostro rapporto con Dio e con i fratelli. Non posso dare indirettamente il mio permesso; chi tace – ma non è un tacere con la parola soltanto – chi tace con i fatti è complice del delitto. Le nostre mani – si voglia o no, anche se dà fastidio – grondano sangue. Non c’è tempo, ma possiamo vedere i modi concreti.

Un’altra cosa: 100mila donne sono tenute sotto sfruttamento in Italia. Non ascoltate quel che dicono, che sono libere. Vorrei portarvi tutti sulla strada, portare almeno due donne in casa ad ognuno di quelli che sostengono che sono libere. Vergogna! E allora io dico: perché viene mantenuto un massacro, un orrore simile? Non si vuol perdere il voto di 10 milioni di cosiddetti clienti. Mi diceva un pezzo grosso, grossissimo (siccome abbiamo fatto una proposta di legge di iniziativa popolare): chi vuole che glielo approvi, padre? Qual è quel partito che è disposto a perdere anche un solo voto? E io ho detto: siete dei prostituti politici. Date le dimissioni e andatevene. Non potete fare questo, la dissacrazione.

Perché non viviamo noi la visione dell’autorità come ce la dà Gesù, che è la via e la rivoluzione, perché unifica il popolo? Voglio dire: in 4 o 5 mesi si potrebbero liberare tutte le 100mila schiave. Perché non lo si fa?

Il vento favorevole poco giova se il marinaio non sa dove andare. E noi dobbiamo evitare quel rischio terribile. Come dice il proverbio: chi sa fa. Chi sa e non fa si mette ad insegnare. E questo è un problema grave per tutti noi. E allora la necessità concreta.
Perché non guardiamo le carceri? Lo sapete, si stanno riempiendo di nuovo. Ebbene, ma perché? Perché c’è una non-coscienza nel popolo cristiano. Questa gente, 26mila, che è uscita, ma dove va? Il popolo cristiano apre la casa, le braccia e vive insieme con loro? Le settimane sociali. Ma vuol dire che io detengo il tuo bene, e tu il mio bene? Perché non me lo dai? Allora potremmo continuare. Adesso inizia lo sciopero della fame a Spoleto, nel supercarcere, per l’abolizione dell’ergastolo. Hanno ragione. Che senso ha dire che le carceri sono uno spazio dove si recupera la persona se è scritta la data di entrata e la data di uscita mai? È una contraddizione in termini. Perché non devono aver il diritto di dare prova che sono cambiati? Sono degli immensi collegi con la disperazione, colui che è dentro non vuole studiare. Non è giusto questo.

È arrivata l’ora dell’azione. Mo, meglio, della concretezza. E concludo: oggi voglio dire ancora che occorrono strategie comuni da attuare, ognuno nel dono carismatico che ha, nel dono della parrocchia in cui è, nella diocesi in cui si trova. Ma dobbiamo veder i fatti, la gente si sente tradita tutte le volte che ripetiamo le parole di speranza, ma non c’è l’azione. Cos’hanno lasciato i cattolici, permettetemelo? Hanno lasciato la devozione. Devozione che è unione con Dio-Amore, che è validissima, ma la devozione senza la rivoluzione non basta, non basta. Soprattutto le masse giovanili non le avremo mai più con noi, se non ci mettiamo con loro per rivoluzionare il mondo e far spazio dentro. Ma il vento è favorevole, perché il cuore dei giovani, ve lo dico – e non badate alle cassandre – oggi batte per Cristo. Però ci vuole chi senta quel battito, chi li organizzi e li porti avanti in una maniera meravigliosa.

La conclusione è questa: perché non individuiamo in Italia dei target da raggiungere. I nostri vescovi li dicano e la Chiesa li indichi. E poi tutti insieme portino il resoconto. E alle settimane sociali raccontiamo il cambiamento avvenuto, la trasformazione. E il grido dei poveri che finalmente viene ascoltato. Cosa ci serve, se no? Qui mancano i protagonisti delle conseguenze che ci sono state dette così bene, profondamente. Nella giornata Onu per l’estrema povertà, io al consiglio comunale di Rimini ho chiesto che ogni consigliere comunale prenda accanto a sé uno dei nostri barboni – li chiamiamo così, ma sono uomini creativi di storia – e lo usi come assistente, però con i pantaloni con le pezze, perché ricordino agli altri che son lì per diventare poveri, cioè per farsi prossimo, altrimenti abbiamo una testa che ragiona, ma non dà più ordini al cammino.
Ecco, io vorrei che fossimo un cammino di popolo.

È la grande ora della Chiesa. Questo è ilkairos, il tempo dell’intervento di Dio è giunto, il vento è favorevole, però bisogna dare una mossa creativa. I nostri ragazzi, i nostri piccoli angeli crocifissi, i nostri barboni che andiamo a prendere tutte le sere alla stazione, in realtà sono i soggetti attivi e creativi di umanità. Il bene che fanno loro ai giovani è incalcolabile. Dobbiamo riconoscerlo e dare una svolta più concreta a questi incontri. Grazie.

don Oreste Benzi