Home Vita della chiesa Nelle “periferie”, dove l’uomo vive

Nelle “periferie”, dove l’uomo vive

L’estate è un momento favorevole: i missionari riminesi (circa 40, tra religiosi e laici) rientrano per un po’ di meritato riposo, o per fare il “collaudo” al fisico, e i riminesi che si preparano alla nuova evangelizzazione (Cenacoli e Gruppi del Vangelo, ecc.), hanno un po’ più di tempo libero.
L’incontro è commovente: si scopre una Chiesa di Rimini profondamente missionaria >ad extra e ad intra; fatta di laici, religiosi e presbiteri; giovani e meno giovani; riminesi e immigrati da anni; uomini e donne, tutti coscienti che l’ultimo comandamento di Gesù: «Andate e fate discepoli» (Mt 28,19), non ha più solo “terre lontane” verso cui partire, ma rimanda anche alle nostre parrocchie e alle nostre case. Un popolo chiamato da Dio e come solo Lui sa fare: senza gridare, senza grandi numeri (un piccolo gregge), senza potenti mezzi e senza sapere neppure “cosa fare” esattamente(!), come Abramo fino a San Paolo.

L’ultimo incontro giovedì 29 Agosto alla Colonnella è stato commovente soprattutto per il nostro don Aldo Fonti, coordinatore, più per passione che per ufficio, dell’iniziativa: rivedere il proprio rettore di Seminario, quello per l’America Latina di Verona (aperto dalla Cei, oggi purtroppo chiuso), don Olivo Dragoni, ora anziano, ma ancora “in missione” sulla sedia a rotelle; il compagno di studi don Adriano Ciocca, novarese, oggi vescovo di São Félix, nello Stato federale di Goias in Brasile; inoltre, la cara amica Maria Soave Buscemi, missionaria laica fidei donum da Milano, biblista e coordinatrice della “Lettura popolare della Bibbia” in Brasile. Un tipo di “Lettura” che ha suscitato la curiosità di non pochi presbiteri della nostra Diocesi.

Come attuare la nuova evangelizzazione nelle nostre parrocchie? Come entrare nelle “periferie esistenziali” dei riminesi? Fino a pochi mesi fa per rispondere a queste domande si doveva guardare “a Roma”; oggi, per capire “cosa verrà da Roma”, ossia dove Papa Francesco sta guidando la Chiesa di Cristo, si deve guardare invece alle Chiese da cui proviene, quelle dell’America Latina, dove la nuova-evangelizzare è evangelizzazione e basta, perché è sempre stato così: Vangelo senza orpelli (sine glossa dicevano i medioevali).

Le Chiese Latino Americane, che si riuniscono ogni 10-15 anni (Conferenze del Celam, il Consiglio Episcopale LatinoAmericano), un progetto sulla necessità di ripensare l’evangelizzazione ce l’hanno e lo hanno messo a punto proprio qualche anno fa nella città brasiliana di Apareçida (2007), dando il volante – diciamo così – ad un certo cardinal Bergoglio, che iniziò i lavori non appena papa Benedetto XVI concluse il suo discorso inaugurale (13.05.2007). Un pre-passaggio della Provvidenza, insomma.
Lo stile innovativo con cui quel Cardinale impostò e condusse i lavori non passò certo inosservato, tanto che al Conclave del 2013 i suoi colleghi sudamericani non persero l’occasione per manifestargli il loro sincero «Grazie»!
Ecco perché “mettere il naso” ad Apareçida è anche “annusare” dove e come Papa Francesco condurrà la Chiesa (quella riminese compresa). Sembra averlo rivelato lui stesso quando, durante la GMG di Rio, è voluto tornare in un “fuori programma” in quella città e, in un incontro “privato” con i vescovi latinoamericani (fuori c’erano solo migliaia e migliaia di persone!), ha “spiegato” loro, questa volta da Papa (!), la via indicata da Apareçida.

Cosa ha detto? In poche parole ha precisato:
1. Come devono lavorare i vescovi: «Vi sono quattro caratteristiche che sono proprie [di Apareçida], come quattro colonne»: a) ha lavorato senza uno schema preparatorio su cui discutere, preferendo ascoltare le Chiese particolari e le preoccupazioni dei vescovi; b) i lavori si svolsero nel seminterrato di un santuario, per cui i vescovi celebravano ogni giorno l’Eucaristia con il popolo (e non solo tra loro) e la “musica” che accompagnava i loro lavori erano le preghiere e i canti dei fedeli del piano di sopra; c) la conferenza non si concluse con un documento, ma con una missione; d) riuniti in un santuario mariano, Maria accompagnò i lavori dei vescovi, come in un nuovo Cenacolo.

2. Cosa deve fare la Chiesa per annunciare Cristo: non solo atti missionari, ma cambiare mentalità, ossia concepirsi come popolo «per servire tutti i battezzati e gli uomini di buona volontà» e ciò comporta: a) dover eliminare le strutture della Chiesa che non servono più a questo scopo e utilizzarne altre; b) dare la loro libertà ai laici; c) fare proprie «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini del nostro tempo» (GS 1), ossia andare in tutte “periferie”, laddove vivono gli uomini e non aspettare che siano loro a venire.

3. Cosa non deve fare (le tentazioni della Chiesa): a) ridurre il messaggio evangelico a una ideologia, ossia leggerlo con una luce diversa da quella dello Spirito Santo (sociale, psicologica, gnostica, storicista); b) diventare funzionale, organizzatrice, riducendosi a una Ong; c) clericalizzarsi, togliendo responsabilità ai laici.
(cf. Francesco, Discorso, 28.07.2013; video su www.celam.org. Il documento integrale di Apareçida, si può leggere nella Rivista «Il Regno», 15/2007).

Elisabetta Casadei