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Nella terra dei fuochi

“Peccato che in questa Italia a pentirsi siano solo i mafiosi!”. Una frase che è piombata come un macigno sull’assemblea del Premio Ilaria Alpi. A pronunciarla don Maurizio Patriciello, il prete della “terra dei fuochi”, quel pezzo di Campania che sta letteralmente morendo. Una terra avvelenata dai rifiuti di ogni genere, interrati o bruciati senza alcuna precauzione. I roghi sono continui, i rifiuti, amianto compreso, vengono ammassati ovunque, sotto i cavalcavia e nelle campagne. Qui si muore di cancro. Sono bambini, giovani papà, donne incinte. In questa terra perduta lui, parroco di Caivano, da anni denuncia la situazione, inascoltato da politici, amministratori e camorristi.
Di fronte al male, alla sofferenza, alla cattiveria, alla violenza oggi ti insegnano: fregatene, non è cosa tua, pensa a te. Girati dall’altra parte, tira diritto, addiritura fuggi come fanno quei vigliacchi di pirati della strada. Poi c’è la Siria… Ma io che c’entro? Le mafie? Devo investigare io se quei soldi che mi offrono sono puliti? La tratta delle schiave? Mah, quel che so è che a me pagano regolarmente l’affitto…
Se taci di fronte all’ingiustizia diventi complice dell’ingiustizia diceva don Oreste citando slogan di quando ancora nessuno ti accusava di buonismo, solo perchè eri solidale.
Ma, come nei tempi antichi, il Signore continua a mandarci dei profeti, gente che ci scuote dal torpore e con la sua testimonianza ci racconta quanto ci siamo allontanati da qualunque progetto di umanità vera. Diceva Gesù: Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma una spada? Il cristianesimo non è la fede dei “pacifici”, ma dei pacificatori, di chi costruisce la pace, nella giustizia e nella fraternità. La forza dell’appello alla pace di Papa Francesco sta nell’invito personale a chiamarsi in gioco: “In ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! Anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello. Anche oggi ci lasciamo guidare dagli idoli, dall’egoismo, dai nostri interessi. Abbiamo perfezionato le nostre armi, ma la nostra coscienza si è addormentata. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte! Ma la violenza, la guerra portano solo morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte! A noi viene rivolta la domanda posta da Dio a Caino, “Dov’è Abele tuo fratello?” Anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello!”.

Giovanni Tonelli