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Nel mondo, ma non del mondo

Testimonianza
Provo a dire cosa significa per me appartenere a un Istituto Secolare e scegliere di stare nel mondo, in questo modo, raccontando la mia esperienza in campo politico-amministrativo, la mia passione, fatica e gioia nel provare a servire la città, il paese in cui vivo.
Faccio politica ormai da quasi 10 anni, tutti passati in Consiglio Comunale e sempre tra i banchi dell’opposizione nel mio Comune.
Forse non è stato un caso che il mio impegno in politica sia partito negli anni della mia formazione all’interno dell’ Istituto Secolare Figlie della Regina degli Apostoli , anni in cui stavo scoprendo il carisma di secolarità consacrata, quando mi chiedevo cosa potesse significare consacrarmi al Signore e stare, contemporaneamente, radicata nella storia, in risposta ai bisogni del tempo.

Servire nella politica
Fare politica per me è un tentativo di fare della mia vita un servizio di carità ai fratelli, là dove il Signore mi vuole. Mi piace ripetere spesso queste parole, magari alla sera quando torno da un Consiglio Comunale un po’ umiliante… e affidare tutto al Signore.

Fare politica è un servizio, troppe volte purtroppo manca questa idea di base. Un servizio non lo si fa solo a condizione di vedere i risultati. Certo si desiderano, guai se non fosse così, ma questa non può essere la sola condizione del servizio. E quando non è più servizio purtroppo spesso la politica diventa protagonismo.
Il lavoro in Consiglio Comunale ormai oggi è svuotato di competenze specifiche e non c’è spazio per la possibilità concreta di decidere fra le diverse posizione. Io credo che per sopperire a questo ci sia un grande bisogno di lavorare soprattutto sul territorio, nelle società civile, tra la gente, per fare capire che fare politica non è demagogia: nessuno si può ritenere immune da non avere interesse per la cosa pubblica e pensare solo a se stesso.
Nella mia esperienza spesso ho a che fare con la politica del basso livello. È forse la difficoltà più grossa che incontro, perché quando la politica prende questa forma, è veramente forte il tentativo di cercare qualsiasi scusa per mollare.
Oppure, ancora, a volte mi trovo a fare politica con chi le regole non sa cosa siano o comunque non ne ha certo il rispetto.

Lo sguardo verso l’alto
Far politica è sicuramente un’esperienza forte, che però aiuta a stare con i piedi per terra e lo sguardo rivolto verso l’alto, ad affidare tutto a Lui, mettendo tutto il nostro impegno, ma poi… è lui il seminatore. C’è un detto di un anonimo che dice: “ Si salva chi, come un albero, ha la cima puntata verso il cielo, mentre le sue radici restano salde sulla terra ”. Mi pare uno stimolo bello a non essere troppo idealisti ed entrare nella complessità della storia in tutta la sua integrità e concretezza. La politica questa cosa ce la insegna bene . Perché questa è la storia che il Signore ci chiede di vivere, non un’altra!
Però lo sguardo verso l’alto, come l’albero, ci aiuta anche a coltivare e tener sempre accesa la nostra speranza, ci aiuta a sognare cose belle, giuste, vere, oneste. Allora la domanda da porci alla sera tornando da un Consiglio Comunale potrebbe essere:“ cosa sono riuscita a fare questa sera per questo sogno? ”.
E la cosa bella sta proprio, credo, nello sporcare quel sogno con la concretezza della realtà, nella convinzione che la realtà possa impregnarsi, almeno un pochino, dell’orizzonte di sogno che tutti ci migliora. Se il nostro rimanesse intatto, puro, perfetto, sarebbe un sogno finto e lontano dal cuore vivo delle persone della realtà e noi saremmo soltanto integralisti e idealisti. Il bello del fare politica è costruire, volta dopo volta e nel confronto (faticoso!) un pezzetto di questo sogno.
Si dice, poi, spesso che la politica è l’arte della mediazione e del dialogo. Però c’è mediazione e mediazione. C’è quella che si ferma subito, che si accontenta del livello più basso, e c’è la mediazione che cerca di difendere al massimo il bene più alto possibile. È la difficoltà di raggiungere il giusto compromesso, evitando da un lato di dividerci troppo, ma anche evitando di stare là dove il compromesso non è eticamente possibile. Questa è una difficoltà immensa per un cristiano. È importante però avere la consapevolezza che la diversità vanno messe in gioco, perché ci interrogano, ci interpellano e ci aiutano a mettere in discussione le nostre idee tante volte (troppe!) indiscutibili.

Così “sto nel mondo”
Fare politica, allora, aiuta a crescere e da senso al mio modo di stare nel mondo perché:
– È uno stimolo continuo ad avere sempre uno stile di coerenza, a vivere l’onestà e la giustizia nel mio contesto, sempre, qualunque esso sia, che faccia o non faccia politica.
– È un aiuto a leggere la realtà senza dare mai nulla per scontato.
– Ci fa crescere nella consapevolezza che il mondo non lo cambiamo noi, e questo ci fa bene perché ci ridimensiona.
– Ci fa crescere nella fede. Perché questa esperienza ci aiuta a capire che il Signore deve essere sempre di più il nostro centro. Il Signore diventa il criterio della nostra azione. Mi capita sovente, alla sera dopo un Consiglio Comunale, di cercare nei salmi parole di conforto sulla giustizia, o parole di pace, che va al passo con la gioia. Il Signore anche se ci chiede cose apparentemente difficili, ci fa sperimentare la gioia, perché è bello sapere che tutto quello che facciamo è sempre solo un tentativo (anche piccolo) per cercare di sognare un mondo diverso.
Cercare allora di vivere così questo servizio in campo politico e dentro una vocazione di secolarità consacrata quale è la mia, non toglie certo le fatiche (che rimangono tutte), però è liberatorio, perché si impara poco a poco, ad affidarsi totalmente al Signore, cercando di servirlo nel miglior modo possibile, sapendo però di essere da Lui sostenuti e aiutati.

Daniela