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Nata come San Giuliano alla Fonte

Bastano poche decine di metri per passare da Via Palotta a Via Giordano, dalla vecchia sede della parrocchia della Sacramora alla nuova e moderna struttura che comprendere chiesa, centro parrocchiale e canonica.
Una parrocchia che non solo ha cambiato “residenza”, ma anche “identità”: nata col titolo di San Giuliano alla Fonte, ha poi assunto anche la titolarità di San Vicinio, per il trasferimento dei benefici di una piccola parrocchia dell’entroterra in “disuso”, intitolata per l’appunto al santo sarsinate.
Nata nel 1973 da “ritagli” di territorio sottratti sopratutto a Viserba Mare, Viserba Monte e Rivabella, ha anche cambiato volto, sopratutto negli ultimi venti anni: gli abitanti originari sono rimasti in pochi, superati nel numero da nuove famiglie provenienti dai dintorni o da altre parti d’Italia.
Realtà nuova, realtà dinamica, in divenire, come tutto è in divenire.

“Per certi versi – spiega don Giuliano Renzi, il parroco attuale – trovandomi in una parrocchia con la stragrande maggioranza di famiglie nuove non ha voluto dire partire da zero ma dal valorizzare ciò che già era stato coltivato e cresciuto. Da subito ho potuto fare affidamento su queste persone che in qualche modo, fin dall’inizio, avevano dato corpo e volto a questa nuova comunità! È da loro e, soprattutto, con loro abbiamo affrontato la grande sfida di coinvolgere le tante persone arrivate con la “famiglia” della comunità parrocchiale.

Don Giuliano Renzi è il quinto parroco della Sacramora, dopo don Orfeo Benvenuti, don Franco Staccoli e don Giancarlo Moretti (i costruttori dell’attuale chiesa), don Giovanni Vaccarini, don Piergiorgio Terenzi. Tornato dall’esperienza missionaria in Brasile, è venuto parroco qui nel giugno del 1997.
“La parrocchia all’atto della sua “nascita” era composta da 450 famiglie circa, quasi tutte viserbesi. Dopo pochi anni e così fino almeno al 2005 ha subìto un incremento vertiginoso fino ad avere oggi circa 1250 famiglie. Una parrocchia giovane, in formazione, ha bisogno di una certa stabilità, invece anche i parroci qui sono cambiati in rapida successione e le tante famiglie arrivate, pur di tradizione cattolica, hanno sofferto la strappo dal precedente legame, nel caso ci fosse. Non è stato per nulla automatico ricrearlo nella nuoca situazione”.

Certo, passare dal Brasile alla Sacramora non sarà stato facile per te, per il cambio di cultura e di tradizioni, di impegno pastorale e di persone da incontrare. Quali sono stati i primi passi nel tuo lavoro pastorale?
“Innanzitutto devo dirti che tante volte, soprattutto all’inizio, mi sono sentito rivolgere questa domanda: “ma com’era in missione?” Ho potuto constatare con i miei occhi che davvero l’uomo è lo stesso a qualsiasi latitudine; pur con storia, tradizioni, lingua, razza… diversi… eppure con la stessa sete di amore, di giustizia, di verità, di pace, di bellezza che nell’incontro e nell’amicizia con Gesù trovano la possibilità di maturare in pienezza!
Infatti tornando in Italia è stato come tornare in “terra di missione” e che la mia presenza insieme ai nuovi amici della comunità parrocchiale, mi era data per facilitare e vivere questo “incontro”. Da subito mi sono accorto che la catechesi ai bambini diventava una formidabile occasione di incontro con le famiglie… famiglie giovani e famiglie nuove. È vero che le famiglie giovani si incontrano anche in occasione dei battesimi, ma durante il periodo di catechismo dei figli c’è più continuità, più occasioni di incontro e di collaborazione. Da qui sono nate tante iniziative di aggregazione e di formazione che hanno visto gli adulti come protagonisti”.

Adulti coinvolti, adulti presenti … E adulti protagonisti?
“Non vorrei parlare di quelli che lavorano oggi in parrocchia, che sono tanti e veramente preziosi, per non rischiare di dimenticare qualcuno e per non fare un elenco lungo e noioso. Ma non posso tacere almeno tre nomi che hanno dato veramente la vita al Signore e a questa comunità e che adesso hanno già raggiunto la loro meta finale. All’inizio del Cristianesimo i cristiani si chiamavano semplicemente “i santi”. Per questo vorrei citare i nostri “santi”.
I Centri di Ascolto del Vangelo hanno dato i loro frutti grazie all’impegno indomito e costante di Maria Teresa, ma tutta la sua presenza in parrocchia è stata un segno di affezione a Cristo e di amore alla Chiesa. Che adesso continui a sollecitarci dal cielo! Poi ho trovato anche un gruppo di Volontari della Sofferenza, voluto e animato da Maria Dirce per più di cinquant’anni ha accompagnato gli ammalati a Lourdes. Anche se lei ha completato il suo cammino di sofferenza andando in Paradiso, il suo esempio continua a portare frutti nella nuova attività con gli anziani. Infine voglio ricordare Marta, giovane universitaria, morta all’età di 28 anni e che ho conosciuto fin dal mio arrivo in parrocchia quando aveva 15 anni e i genitori gestivano qui una piccola pensione vicino alla chiesa. Ha vissuto nella gioia e nella malattia consapevole, fino alla fine, del compiersi della sua vita nell’abbraccio buono del Signore! Queste sono figure di laici che illuminano il cammino della nostra comunità e ci sono di sprone”.

Ma anche senza queste figure ”storiche” mi pare che la parrocchia porti avanti belle iniziative di aggregazione e di formazione.
“Senza dubbio. Solo in questo periodo natalizio siamo stati impegnati nel presepe vivente, nella grande tombola dell’Epifania, con il concerto di canti natalizi eseguiti dei bambini … Tutto con l’intento anche di finanziare sei adozioni a distanza di bambini brasiliani della favela dove io ero parroco in Brasile”

Se i bambini frequentano la parrocchia per il catechismo e se le famiglie li seguono per coinvolgimento, i giovani cosa fanno?
“C’e da dire che l’inizio di questa parrocchia ha coinciso, da subito, con l’inizio dell’esperienza Scout di Rimini 7 presente ormai in tutte le parrocchie vicine ed è una presenza ben radicata!
Ancora. Tornando dal Brasile ho ripreso l’insegnamento della Religione, almeno per alcuni anni. Da allora mi incontro qui tutti i mercoledì, con alcuni insegnanti, dopo le lezioni, per il pranzo comune e per un momento di catechesi con gli studenti di GS (Comunione e Liberazione) che si chiama “Scuola di Comunità”.
Dall’anno scorso è cominciato anche un gruppetto di post-cresima con i quali ci incontriamo settimanalmente.
Inoltre, qualche anno fa vedendo bighellonare diversi ragazzini attorno alla chiesa, magari con la scusa in famiglia di andare in parrocchia senza però entrare, ho proposto loro un impegno più serio nello studio. Se un giovane oggi non studia sul serio rischia di buttare via la sua vita, a meno che non trovi subito lavoro. Qualcuno ha accettato. Abbiamo trovato professori disponibili ad aiutarli e così è iniziata questa avventura che si chiama “Portofranco”. Oggi abbiamo una quarantina di insegnati di varie materie che danno gratuitamente qualche ora del pomeriggio e una sessantina di ragazzi che frequentano: due pomeriggi alla settimana a San Giovanni Battista di Rimini e un pomeriggio qui alla Sacramora. È un piccolo seme, ma come tutti i semi ci aspettiamo che porti frutto”.
Come accennato da don Giuliano c’è anche un formidabile gruppo di scout, il Rimini 7, che ci racconta a parte la sua storia e la sua vita.

Egidio Brigliadori