Medici, una “denuncia” indigesta

    Il passaggio al Senato del disegno di legge che permette ai medici di denunciare i pazienti irregolari sul territorio italiano e istituisce il registro dei senza tetto. Poi il decreto contro le violenze sessuali. Si materializza così – tra il frastuono delle polemiche incrociate – la svolta della politica italiana sul fronte della sicurezza. Una stretta decisa, che va a toccare anche uno dei punti più sensibili della convivenza sociale: la sanità. Settore nevralgico per l’intero Paese e incrocio in cui convergono – al tempo stesso – le esigenze di tutela della persona e il rispetto delle norme, la deontologia professionale e la coscienza. Lo slancio di una professione spesso vissuta come una missione. E, sempre, come servizio alle fasce più deboli e indifese. Senza dubbio uno dei fronti più caldi e dai nervi maggiormente scoperti alla luce del via libera dell’aula di Palazzo Madama all’emendamento al disegno di legge che abroga il divieto di denuncia, da parte del medico, degli immigrati irregolari in occasione di prestazioni sanitarie.

    La reazione dei medici
    Un provvedimento – ora in discussione alla Camera – capace, sin dal primo momento, di sollevare dubbi e perplessità, a volte irritazione e sconcerto. Bocciato, senza mezzi termini, dal Consiglio della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, chirurghi e odontoiatri. Questo, in un comunicato ufficiale, infatti, “sollecita la Camera dei Deputati a non approvare l’emendamento contrastante con i principi fondanti del rapporto persona malata e medico, ripristinando quanto previsto dalla normativa precedente”. Parole nette, quelle della Federazione nazionale, lontane da ogni possibilità di fraintendimento. Nel ribadire che “le infrazioni del codice deontologico sono sanzionabili dagli ordini di appartenenza”, argomenta ancora il comunicato, il Consiglio segnala la propria disponibilità ad essere “vicino ai colleghi che dovessero incorrere in procedimenti sanzionatori per avere ottemperato agli obblighi deontologici”, garantendo loro supporto e solidarietà. D’altronde, spiega in una nota il presidente dell’Ordine dei medici della Provincia di Rimini, Maurizio Grossi, il provvedimento approvato dal Senato appare “profondamente e drammaticamente sbagliato”.

    I tre errori fondamentali
    Sbagliato per tre motivi in particolare. In primo luogo, osserva, perché “chiede ai medici quello che i medici non possono e, credo, non vogliono fare. Iscrivendoci all’Ordine – argomenta – abbiamo giurato il rispetto delle norme contenute nel nostro Codice Deontologico il quale, all’articolo 3, spiega che il dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell’accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona”. In secondo luogo, sottolinea Grossi, quello approvato dai senatori “è un provvedimento che va contro la sanità Pubblica perché il malato clandestino con malattia epidemica e diffusiva che per paura di denuncia non si presenta a visita presso una struttura sanitaria diventa un veicolo di malattia creando un pericolo per la collettività”. In ultima istanza, prosegue “si verrebbe a creare una sanità clandestina, penso alla maternità, all’infanzia, completamente fuorilegge e gestita da fuorilegge. Tale provvedimento creerebbe un’ulteriore fonte di reddito per le organizzazioni criminali che di fatto gestirebbero la sanità clandestina”. Quindi, conclude, “come presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Rimini chiedo a tutti i nostri iscritti di rispettare l’articolo 3 del nostro Codice Deontologico: da parte mia sarò con tutte le istituzioni civili e religiose che si faranno promotrici per la modifica del disegno di legge e sarò parte attiva perché la Federazione nazionale prenda i provvedimenti di sua competenza”.

    Tutti i dubbi della Caritas
    È dubbioso sulle modalità della stretta in materia di sicurezza, oltre ai medici, anche il Direttore della Caritas Diocesana riminese, don Renzo Gradara. “È stata data la possibilità ai medici di denunciare gli irregolari – spiega – per fortuna la maggior parte non lo fa o non lo farà. Non può esser questo l’unico modo per affrontare la sicurezza. Un altro vincolo, come il registro dei senza fissa dimora – aggiunge – può esser una cosa utile solo se finalizzato a aiutare queste persone ad inserirsi nella vita pubblica, nella vita sociale, nel rapporto con gli altri”. Di fronte a questo stato, sospeso tra esigenza di legalità e rispetto della persona, “la risposta non può essere trovata solo percorrendo strade repressive ma mettendo insieme accoglienza, sicurezza e solidarietà”. Questi – conclude – “sono tre valori che non possono essere presi secondo l’intenzione o la pressione del momento ma devono sempre marciare insieme”.

    Papa Giovanni: un no secco
    Considerazioni su cui si innestano anche le riflessioni di Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Papa Giovanni XXIII, particolarmente critico nei confronti delle nuove norme in materia di sicurezza, compreso l’emendamento relativo alla sanità. La disposizione che offre al medico curante la possibilità di segnalare l’immigrato irregolare, argomenta, “appare assurda ed ingiusta” poiché, in primo luogo “pone la classe medica in una condizione deontologicamente scorretta e comunque lesiva della dignità della persona che va salvaguardata in un Paese civile al di là della classe sociale o dell’etnia di appartenenza” e, in seconda istanza, “costringe i malati a nascondere la loro condizione con gravi conseguenze per se stessi e per coloro con cui vengono in contatto. Anche questa norma – osserva Ramonda – contravviene alla condizione di sicurezza che si vuole assicurare al Paese in un momento critico come l’attuale. Si potrebbe inoltre correre un altro rischio: lo sviluppo di una rete di sistema pseudo-sanitario clandestino con conseguenze gravissime, non facilmente contenibili e controllabili”.

    Gianluca Angelini