Home Vita della chiesa Massimo Migani e Mutoko, tre anni dopo

Massimo Migani e Mutoko, tre anni dopo

Parte con il rosario in tasca, il breviario in una mano e il vangelo nell’altra. E nel cuore “il calore di una Chiesa riminese che ci vuole bene e che sentiamo vicino. E la certezza di non essere mai soli: il Signore ci precede e ci accompagna lungo le vie della storia”. Anche in quelle calde e umide di un’Africa dove i vestiti pesanti non si indossano praticamente mai. “Stiamo in maniche corte. Sarebbe bello che anche il nostro cuore fosse così «svestito» di fronte a Dio”/i>. È il biglietto di viaggio di Massimo Migani, odontoiatra e missionario di 37 anni, da Rimini sulle rotte dello Zimbabwe, ospedale “L. Guidotti” di Mutoko, dove da tre anni opera a fianco di Marilena Pesaresi per conto di Dio.
Massimo ha trascorso le festività natalizie a Rimini, prima di ripartire per la missione nel Continente Nero. In valigia alcuni medicinali e strumenti urgenti per l’ospedale e le strette di mano e gli abbracci delle giornate riminesi.
Tutte le volte che si torna è partenza nuova.
“Tornare a Rimini è sempre bello, anche per pochi giorni. Con Marilena ho la fortuna di poterlo fare a cadenza regolare. È bello far ritorno a Rimini ma la vita è in Africa, la casa in Zimbabwe”.

Mutoko ora è casa tua?
“Ringrazio il Signore che mi fa sentire al mio posto. Nel 2008 (all’epoca dell’anno di prova, ndr) lo dicevo a tempo determinato, ora in modo indeterminato ma con le valigie sempre pronte.
Spero infatti che il Signore mantenga lo spirito missionario, legato necessariamente non ad un luogo ma a Lui, dove Lui vuole che io vada. Che io possa rispondere «Eccomi!» ogni mattina”.

Sono trascorsi tre anni dalla tua partenza in missione. Decisivo è stato il 2010.
<+testo_band>“È stato un anno di transizione, delicato, la stagione del discernimento definitivo. L’esperienza missionaria in Zimbabwe era stata stupenda ma continuavo a resistere. Mi era rimasto il pallino per la laurea in Medicina, tanto che mi rimisi gioco per vedere quanto valeva la pena, diedi persino alcuni esami e lavoravo. Poi ho capito: se avessi seguito quella strada mi sarei perso.

La ricerca ti ha condotto ad un porto sicuro.
“Il Signore si è fatto sentire come speravo in maniera definitiva. E così andai a bussare: sono pronto, se volete eccomi qui”.

In missione con Marilena Pesaresi, in ospedale.
“Ogni giornata inizia con la preghiera, carburante indispensabile. Il dialogo con Dio è essenziale. Senza di lui non possiamo fare nulla, con Lui l’umanamente impossibile diventa possibile, come dice spesso il Vescovo Francesco.
Partecipiamo alla messa, nel piccolo convento delle suore locali e con il parroco: la piccola comunità diocesana riminese in comunione con la comunità diocesana di Harare.
In ufficio si organizza la giornata insieme a Marilena, specialmente cercando di dipanare gli imprevisti che non mancano mai. Poi passo in ambulatorio, nel reparto odontoiatrico. Visitiamo circa 1.400 pazienti l’anno. Il lavoro non manca: siamo l’unico centro odontoiatrico nel raggio di 250 km dalla capitale e in mezzo esistono solo due dental terapist”.

Per curarsi, insomma, gli africani sono costretti a viaggi anche lunghi.
“L’ospedale, e il reparto odontoiatrico, è molto più conosciuto di qualche anno fa. Ora c’è un ragazzo indigeno che lavora con noi. Fu ammesso in ospedale da Marilena all’inizio del 2010. Picchiato e ridotto in fin di vita, fu accolto dalla Pesaresi come un figlio. Rimasto disabile, era diventato la mascotte dell’ospedale. È stato poi operato in Italia, ora sta recuperando pure fisicamente. Nel frattempo sta mettendo a frutto le sue ottime doti di manualità e senso pratico, realizzando protesi per tanti distretti”.

Nuove figure in ospedale, nuovi arrivi nella missione. Tra poche settimane vi affiancherà Lucia Grassi. E tu hai un po’ di colpa nella sua scelta…
“Le nostre strade si sono incrociate fin da bambini. Frequentavamo lo stesso gruppo parrocchiale a San Gaudenzo. Da adolescenti ci siamo persi di vista, poi mi ha incontrato a Rimini: voleva fare del volontariato. Oggi possiamo dire che non si trattava di una casualità. L’ho ritrovata ad agosto a Mutoko durante una esperienza di condivisione con il gruppo di Missio. E tra poco l’abbracceremo in missione. Il Signore ha scavato e benché Lucia abbia tentato di resistere in tutti i modi alla chiamata, alla fine ha desistito.
Per tanti anni il Padreterno ha tampinato me, adesso io prego tanto Lui perché possa far crescere la nostra piccola comunità diocesana all’interno della comunità diocesana di Harare”.

Sempre più ragazzi riminesi scelgono Mutoko per un’esperienza di missione.
“Credo tanto a queste iniziative, e al percorso che <+cors>Missio<+testo_band> propone ai giovani riminesi. Queste due chiese crescono sempre più e camminano insieme. Due popoli diversi ma un unico corpo che vuole vivere lo spirito del vangelo. E il Signore mi dà sempre sostegno e tanta pace anche nei momenti di maggiore difficoltà”.

Ai riminesi che potrebbero scegliere Mutoko per una prossima condivisione, cosa diresti?
“Proporrei lo spot evangelico: Vieni e vedi. Non si tratta di vivere una settimana di vacanza per fare del bene, ma di essere aperti alla volontà di Dio. Lui chiama in forme e modi diverse. Ma chiama”.

Crescono figure professionali locali all’interno dell’ospedale. La dott.ssa Pesaresi si è spesa con forza su questo aspetto.
“Marilena è una maestra. Ha fortemente voluto la scuola di formazione professionale per infermieri, istituto riconosciuto dal Ministero. La scuola ha avuto alcuni problemi negli ultimi anni ma abbiamo lavorato sodo per far ripartire l’insegnamento sospeso. Ora siamo in attesa degli ultimi passaggi burocratici per riaprire e rilanciare la scuola.
C’è un ricambio all’interno dell’ospedale, l’inserimento di nuove leve e sta cambiando molto anche il modo di lavorare. Anche grazie alla nascita della <+cors>Fondazione Marilena Pesaresi<+testo_band> si lavora più per singoli progetti”.

Massimo, chi è per te Marilena Pesaresi?
“Una donna strepitosa, un medico eccezionale e una maestra di vita. Agli infermieri ripete sempre: nel malato su cui vi chinate servite Cristo che soffre.
Nel 2008, durante un difficile momento per il Paese, Marilena era tornata in Italia per quattro mesi. Al suo ritorno in Africa, un capo villaggio che aveva vissuto violenze, l’ha accolta dicendo: grazie, dottoressa, per essere di nuovo qui dopo questi mesi. Lei è la presenza di Gesù tra noi”.

Paolo Guiducci