Stagioni teatrali e spettacoli unici. Tante compagnie e molto successo. In questo periodo dell’anno la stagione dialettale è in grande fermento, anche se qualche rassegna è stata anticipata rispetto al passato e qualcuna (come quella al Teatro della Regina di Cattolica su cui cala il sipario il 22 febbraio con due farse del Dè Bosch di Gambettola e alla Sala Africa di Riccione) ha già chiuso i battenti. Resta il fatto che le compagnie che recitano in vernacolo sono molto seguite e richiamano un pubblico di appassionati che non sente crisi. Età media piuttosto alta (anche se non mancano i giovani) e un denominatore comune: oltre alla voglia di divertirsi, il desiderio di ascoltare una lingua che in altri luoghi ormai non si sente più. La lingua madre, quella rimasta dentro a chi l’ha respirata durante l’infanzia perché era l’unica usata da nonni e genitori. Salvo qualche piccola eccezione (la poesia dialettale) ora il dialetto sopravvive solo sui palchi dei teatri. La scena di Rimini è la più prestigiosa, nonostante proponga “solo” cinque appuntamenti dedicati al vernacolo e da quest’anno si sia spostato al Teatro degli Atti. Domenica pomeriggio verso l’ora del tè (ore 16) propone il 9 febbraio la Compagnia “La Cumpagnì dla Zercia” con Al badanti, due tempi di Nanni e Carpani tradotti e adattati da Barlotti e Tura. Si prosegue (23 febbraio) con i “Mej ch’ne ginit” e Cla faza da prit, gli “Jarmidied” in Agenzia matrimuniela (2 marzo) e gran finale coi monologhi di Francesco Gabellini, Mezmat.
Molto amate dal pubblico e dalle compagnie stesse sono quelle del Teatro di Montescudo, di Cattolica, Saludecio, Riccione, Bellaria, e, sempre a Rimini, delle parrocchie di Bellariva e della Riconciliazione.
Quella di Montescudo è la rassegna più antica della provincia, potendo esibire 21 edizioni. L’assessore Gilberto Arcangeli ne va orgoglioso: “il teatro è sempre pieno”. Otto le commedie proposte nel 2014, con sconfinamenti nel pesarese (le compagnie “I fiul id Muntlicien” e “Quei ch’in ha ben e ch’in lascia ’ve ben” di Casina e Auditore) e a Gambettola (“De Bosch”). Largo a compagnie più giovani, come “La burla” di Rimini che porta in scena (1 marzo, ore 21) A vagh in pension di Tino Angelini.
Una quindicina, in provincia, le compagnie attive. Le storiche come quella del Dopolavoro Ferroviario fondata da Guido Lucchini (“E’Teatre Rimnes”), e quella di Pier Paolo Gabrielli (“La Carovana”) o gli “Jarmidied” di Maurizio Antolini. Ma anche quelle nate da poco, come “I rimediati” di Villa Verucchio guidati da Luciano Bernardi. Una panoramica completa è quasi impossibile, anche perché alcune rassegne, organizzate magari da parrocchie o quartieri, durano un paio di serate e non vengono troppo pubblicizzate.
Da gennaio a marzo, ogni sabato, non c’è che l’imbarazzo della scelta. L’eccezione, oltre alle domeniche degli Atti, è il Teatro Tiberio, al Borgo San Giuliano di Rimini, che propone quattro appuntamenti (sempre con la compagnia di casa) al venerdì sera. Discorso a parte per la rassegna “Paroli”, organizzata da sedici anni da Mario Bassi per la Banca Romagna Est: le recite che si tengono a Bellaria sono di mercoledì e giovedì, a Savignano di giovedì.
Non dev’essere facile, per chi organizza il calendario delle rassegne, riuscire ad incrociare le esigenze delle compagnie. Basta guardare al numero delle serate previste. Guida la classifica la rassegna del Teatro Rosaspina di Montescudo, giunta alla ventunesima edizione, con la bellezza di otto spettacoli. Segue quella della parrocchia della Riconciliazione, al quindicesimo anno, con otto serate. Poi la rassegna di Banca Romagna Est (6 a Bellaria, 3 a Savignano), la parrocchia di Bellariva (7), il Teatro Tiberio e il Teatro Giovanni Paolo II presso la parrocchia di Villa Verucchio (5), Rimini (5) e il Teatro Massari di San Giovanni in Marignano (4), il Teatro Edimar della parrocchia di Viserba Sacramora (2).
M. C. Muccioli/P. Guiducci