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Lo Stato non sia partner

Gioco d’azzardo. Nei giorni scorsi si è svolto a Bari un convegno sul tema. Che l’incontro sia stato organizzato dalla Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II, in collaborazione con la Fondazione antiusura locale, la dice lunga sulla situazione che si è creata.
Calda, bollente la questione della pubblicità ai giochi d’azzardo. La somma di 80 miliardi di euro di spesa registrata nel nostro Paese per consumo di gioco d’azzardo documenta l’estensione delle condotte compulsive e delle condizioni di dipendenza clinica dal gioco. Questi numeri non si sarebbero mai raggiunti, se non estendendo su livelli molto alti i punti di gioco, le pubblicità e il richiamo rappresentato dal coinvolgimento di una platea, si stima di almeno 800 mila, ma in realtà dovrebbero essere molti di più, di giocatori patologici.
Per fermare o almeno attenuare il martellamento pubblicitario occorre iniziare a ragionare su questi temi in termini di “salute” e di “nocività”. Infatti, la promozione commerciale e la pubblicità che l’accompagna, di fatto si configurano in termini giuridici come induzione a un comportamento che potenzialmente nuoce alla salute. Questa è la base giuridica su cui costruire la regola verso l’inibizione della pubblicità sui giochi e a monte per configurare una responsabilità morale, sociale e anche giuridica di chi industrialmente promuove questo consumo.
Ora è vero che lo Stato ci guadagna, ma non si considera il costo sociale e sanitario delle nuove dipendenze e inoltre si riscontra che a spesa crescente dei cittadini che giocano, corrispondono entrate erariali decrescenti. L’espansione del mercato è stata possibile grazie a una riduzione progressiva della tassazione sui giochi, specie su quelli on-line.
Fra le strade necessarie per tenere sotto controllo il fenomeno del gioco d’azzardo anzitutto occorre autorizzare solo i giochi controllabili, che si prestano poco a ingenerare dipendenze. Occorre stabilire una precisa responsabilità giuridica di tutta la macchina industriale dei giochi. Inoltre è da abolire la pubblicità e mostrare che lo Stato per primo non diventa un partner delle imprese proponenti, ma punta alla tutela della stabilità sociale e della salute dei propri cittadini.

Maurizio Fiasco, sociologo, consulente della Consulta nazionale antiusura