Home Attualita Le strade riminesi sono poco “elettriche”

Le strade riminesi sono poco “elettriche”

Piccole. Dalle forme spesso insolite. Destinate a muoversi solo e solamente in un raggio chilometrico molto ristretto. Questo, una volta. Oggi le auto elettriche sono molto spesso normalissimi modelli, cloni di quelli a benzina. Tanto che se qualcuno le guarda all’esterno e all’interno potrebbe non accorgersi che sotto il cofano non c’è un motore a scoppio, ma bensì una batteria. Addirittura ricaricabile. Un po’ come quelle di casa. Un cavo elettrico, una presa di corrente (o una delle apposite colonnine di ricarica) e il pieno è fatto. Certo, ci vuole più della normale pompa di benzina, ma quando si risale il portafoglio è ancora bello pesante. Due, al massimo tre euro, e via andare. Senza contare che le auto elettriche si ricaricano anche per inerzia. Voi andate in discesa e un dispositivo trasforma il movimento di rotazione delle ruote in energia. E poi volete mettere i vantaggi? Bollo gratis per cinque anni, assicurazione superscontata, accesso libero nelle Zone a Traffico Limitato e sosta sempre gratuita in molte città (ma non a Rimini). Senza contare, come detto, il risparmio della benzina e l’inquinamento che è ridotto allo zero. E allora cosa aspettare per acquistarne una? Qui sorgono i problemi, anzi, il problema: il costo. Sono ancora terribilmente alti.
“Quelle completamente elettriche sì, diciamo che sono ancora un segmento del mercato elitario – conferma Giovanni Piraccini della Renault una delle case di punta in questo settore – diciamo che la Zoe, cinque posti, parte da circa 23-24mila euro, mentre la Fluence arriva ai 29mila. Nel 2013 le vendite erano partite forte, poi, però, sono calate drasticamente”.
Anche perché i tanto sbandierati incentivi statali sono spariti nel corso degli anni.
“C’è poi un altro problema – sottolinea Oreste Ruggeri dell’omonima concessionaria – le batterie hanno una durata molto breve e acquistarne di nuove costa davvero tanto”.
Insomma, per vedere “verdi” le strade riminesi c’è ancora tempo.

Francesco Barone