Le idee che muovono la Rivoluzione di Romagna del 1831 (titolo di un testo di Antonio Vesi, 1851), sono indagate in un nuovo, fondamentale volume dello studioso Pierluigi Sacchini.
Nel 1831, osserva Sacchini, “non ci sono grandi battaglie, grandi fatti cruenti ma c’è una grossa rivoluzione nelle idee. Queste non ci sono quasi mai negli archivi!”. Qui ci sono soltanto gli atti relativi agli avvenimenti “ufficiali”.
Sacchini presenta un materiale dimenticato (opuscoli alla macchia, bandi clandestini, copie di testi inediti), con il titolo significativo di 1831: Rivoluzione di Idee.
L’assoluta novità, che offre un’originale lettura di quanto accaduto a Rimini il 10 luglio 1831, è in una sconosciuta “Stampa” affissa nelle vie di Romagna il 16 luglio, ma datata 12 luglio.
Vi si legge che la sera di quel 10 luglio alcuni giovani in compagnia di ragazze passano cantando sotto l’alloggio del colonnello Domenico Bentivoglio, appena giunto in città con le sue truppe, dopo la partenza di quelle tedesche. Il colonnello non gradisce e spara due colpi di pistola agli allegri canterini, imitato dai suoi granatieri che fanno la loro scarica. I feriti sono quattro, uno muore dopo poche ore e si chiamava Giosuè Federici.
Le testimonianze di cronaca sinora conosciute, recano che il ferito grave era Cesare Federici il quale muore poi in agosto, chi dice il 19 e chi il 21. Sacchini aggiunge: il 17 luglio in altre due fonti (il “Manifesto” indirizzato dai romagnoli all’ambasciatore d’Austria a Roma, e l’analogo documento inoltrato ai diplomatici di Francia, Inghilterra, Prussia e Sardegna presso la Santa Sede), risulta già un morto nell’incidente del 10 luglio sera.
La “Stampa” datata 12 luglio è senza dubbio la fonte a cui attinge nel 1883 a Roma David Silvagni (prefetto, 1883-1887, con Agostino Depretis), nel suo libro sulla corte e la società romane tra 1700 e 1800. Dove scrive appunto che l’ucciso era tal Giosuè Federici.
Cesare Federici è definito dal cronista Filippo Giangi “figlio di pescivendolo”. Di Giosuè non sappiamo invece nulla. Sulla scena politica nel 1832 appare un altro Giosuè Federici, qualificato come orefice di Monte Scudolo, arrestato per “canti e beffe contro il Papa” e processato il 16 luglio 1833, come risulta da un saggio del 1940.
Le nuove idee girano pure in forma di satira politica. A Rimini nel 1831 appare un falso scritto del Bentivoglio sparatore. Vi si parla di una confederazione italiana come in Svizzera ed in Germania. (11. continua)