RIMINI – LA VERNA Sono oltre 300 coloro che sono partiti dal santuario. Il racconto della loro esperienza
l silenzio della tarda mattinata, dove ormai l’unico rumore è quello che proviene dalla cucina attraverso i suoi piatti e le sue pentole, da qualche minuto già sul fuoco per la gioia del palato, viene interrotto da un vociare tenuto, quasi sottomesso ma capace di oltrepassare finestre e stanze e destare la mia attenzione. “ Deve essere arrivato qualcuno”
dico fra me e me. La porta della chiesa è già chiusa e le campane, puntuali sentinelle del tempo, hanno fatto riecheggiare tra le foglie dei centenari cipressi, guardiani del convento, l’ “ Ave Maria” di mezzogiorno. Mi affaccio alla finestra. Enormi zaini colorati nascondono sotto di loro l’entusiasmo di una gruppetto di persone che si sono dati appuntamento sul piazzale del Santuario per l’inizio del loro cammino esteriore ed interiore sui passi di San Francesco. È qui, davanti al trecentesco santuario delle Grazie, che inizia uno dei percorsi sui passi del Poverello di Assisi che condurrà i suoi pellegrini fino a La Verna: luogo ricco di spiritualità dove il Santo serafico ricevette il dono delle stimmate il 14 settembre 1224 che portò impresse sul suo corpo fino al giorno della morte, avvenuta due anni più tardi, il 3 ottobre del 1226.
Esco fuori per dare anche a loro l’occasione di salutare Maria all’inizio del loro cammino. Qui ricevono il primo timbro sulla propria credenziale che raccoglierà le tappe del pellegrinaggio per ripercorrere un domani, con l’aiuto dei ricordi, queste giornate di cambiamento interiore. Mi fermo a fare qualche chiacchiera. Mi piace conoscere nuove persone e mettermi in ascolto.
Ognuno ha qualcosa da aggiungere alla propria esperienza. Con altri nasce anche una bella relazione guidata dalla spontaneità.
Allora ci si scambia i numeri di telefono con la curiosità di raccogliere da loro le impressioni di fine cammino.
Sono stati più di 300 coloro che in questi ultimi mesi si sono dati appuntamento qua per la partenza.
E allora mi scrive su whatsapp Alessandra che mi racconta che a La Verna
“ Vivo un momento di Grazia con la maiuscola. Il Signore risponde anche alle domande più nascoste e dimenticate. Non c’è niente di me che per Lui non sia importante!
Mi invade una commozione profonda e non riesco a smettere di piangere. Sono lacrime di gioia ma sono difficili da spiegare e non è neanche il caso di farlo.
Sono perle che custodisco gelosamente e sono certa che ciascuno di noi ha avuto qualche dono speciale.”
Anche Filiberto ha navigato nella sua interiorità e si è riconosciuto “ tanto povero Signore, fragile, incoerente e talvolta presuntuoso nelle mie certezze. Tu perdoni, nella Tua folle misericordia.
Aiutami a comprendere.
Tutto il mio poco lo metto nelle Tue mani. Solo Tu puoi trasformarlo in quanto basta per servire, per imparare ad abbracciare.”
A volte nello zaino mettiamo cose che non ci sembrano utili ma l’esperienza di Enrico è diversa: “ In quello zaino che avevo cercato di fare al meglio avevo messo un po’ di cordino blu che inizialmente avevo pensato inutile ma poi mi dissi ‘non si sa mai’. Ecco che quel cordino finalmente ha trovato il suo scopo quando uno scarpone di Filiberto ha ceduto: ho cercato di tenerlo insieme legandolo intorno alla suola in quella fangosa tappa sotto la pioggia. Quel cordino che sembrava troppo lungo, quando anche il secondo scarpone ha ceduto, dovendolo tagliare a metà improvvisamente è diventato quasi troppo corto. Il cordino non ha risolto il problema ma in quella giornata è stato il simbolo della condivisione gioiosa, anche nella difficoltà, e dell’aiuto reciproco che è stata la modalità fraterna che ci ha accompagnato in questo e in molti altri episodi dove abbiamo potuto sperimentare che ‘ogni pena ci è diletto’.”
Un pellegrinaggio val la pena farlo da soli o in compagnia?
Emily è stata molto chiara: “ Arrivata a La Verna ho avuto la consapevolezza che avrei potuto fare benissimo questo cammino da sola. La preparazione atletica c’era, problemi fisici non ne ho avuti, sapevo bene orientarmi lungo la via. Da questo punto di vista ero totalmente autonoma. Ed è stato proprio a La Verna in una condivisione tra di noi che ho capito che sì a La Verna ci sarei arrivata anche da sola, che sì le mie capacità mi avrebbero portato alla meta, ma come ci sarei arrivata?
Ci sarei arrivata probabilmente con un cuore molto più
povero e orgoglioso e chissà se avrei colto la misericordia del Signore nel mio pellegrinare. La fraternità (questa parola così tanto astratta e a volte per me priva di concretezza) che ha camminato con me e che ha reso il cammino più leggero, è stata un dono. Mi ha salvata di nuovo e ancora una volta mi ha permesso di cogliere la Sua bontà infinita per ciascuno di noi e di intravedere il volto di Cristo”.
Qualche giorno fa è passata anche Alessia, guida accompagnatrice che ormai diverse volte ha percorso questo sentiero. Ha accompagnato un gruppo di ipovedenti. “ È stata una grande esperienza, meravigliosa ed impegnativa al tempo stesso. Sono tornata a casa sfinita nel corpo ma carica nel cuore. Hanno camminato benissimo con una grinta ed un entusiasmo travolgente. Confrontavo le mie sensazioni con le loro: quando cammino per me è gratificante vedere i paesaggi, le chiese, i castelli, vedere anche i visi delle persone incontrate mentre loro dovevano accontentarsi solo delle descrizioni e nonostante questo un entusiasmo pazzesco! Nonostante questo si va avanti, si vuole conoscere, si vuole sapere, toccare. E’ stata davvero una bellissima esperienza.”
Ora mentre questi amici ripartono guardo la bianca statua della Madonna che dall’alto veglia su Rimini.
Su quanti pellegrini avrà posto il suo tenero sguardo e quanti ancora ne accoglierà all’ombra del Santuario per condurli dal Signore Gesù attraverso la testimonianza di frate Francesco.
Ora rientro nel convento, la pentola bolle, butto la pasta e con un cuore sazio di ringraziamento per coloro che ho incontrato mi appresto alla mia frugale mensa nel silenzio della mia cucina rotto solo dai suoi piatti e dalle sue pentole che mal impilate cadono nel lavello.
Giuseppe Giovanelli