Home Cultura La terracotta di Raffaello alla riminese

La terracotta di Raffaello alla riminese

Prima uno studio sulla Pietà di Michelangelo, ora un’iniziativa dedicata a Raffaello. Entrambe originali, molto originali. Sembra una specialità della studiosa riminese Giuliana Gardelli occuparsi di grandi pittori, e approntare su di loro e sulle loro opere studi per certi aspetti “innovativi”.
Questa volta al centro dell’indagine della Gardelli c’è la scultura nel rapporto Raffaello-Michelangelo.
Tutto è partito dal rinvenimento di una terracotta nella casa natale in Urbino: è il modello per sculptura picta? Di questa affascinante tematica la Gardelli ha relazionato in occasione della conferenza “Michelangelo e Raffaello, nuovi studi e scoperte”, organizzata nei giorni scorsi a Foggia. In quella occasione, la studiosa riminese ha riproposto le tesi apparse pochi giorni fa sul numero 2009/2 della rivista Accademia Raffaello. Atti e Studi (pp. 5- 20). Riguarda una terracotta trovata nella casa stessa di Raffaello, durante lavori al pianterreno. “È stato molto difficile convincere anche lo stesso Presidente che Raffaello poteva utilizzare la terracotta, per studio, come facevano tutti a quel tempo” racconta la Gardelli, che ha avuto molti contrasti, come sempre succede quando si esce dalle corsie tradizionali e si trova qualcosa di nuovo.
Nel 1962, durante lavori di restauro nella casa natale di Raffello sotto il pavimento fu trovato un altorilievo con busto in terracotta, privo della testa e delle gambe, ma con segni di attacco per le ali. Solo nel 1985, il prof. Walter Fontana dell’Accademia Raffaello pubblicò un documentato studio che, prendendo in esame il “moto di Raffaello” quale traspare dalle prime opere pittoriche, attribuì il busto di angelo di casa Santi al periodo giovanile dell’Urbinate. Qui entra in gioco la Gardelli. “L’attribuzione cadde nel vuoto e solo nel 2008 mi fu chiesto di studiare il reperto da esporsi a Roma nella mostra. Per tale occasione feci eseguire un’analisi alla Termoluminescenza, che ha confermò l’attribuzione al Rinascimento nel lasso di tempo ±18 anni intorno al 1512. – spiega la studiosa riminese – Di qui sono partita per inserire la terracotta nel percorso artistico di Raffaello, al suo arrivo a Firenze, dove fu ospite di Taddeo Taddei”. Qui potè ammirare un tondo in marmo realizzato da Michelangelo, con “Madonna, Gesù e San Giovannino”, oggi a Londra, dove il Fanciullo rivela una totalmente inedita posa. Come folgorato dalla genialità del Buonarroti, Raffaello, in uno dei suoi ritorni in patria (sicuramente fu presente nel 1507) volle fissare quel gesto nella duttile creta, cotta in una delle tante celebri fornaci di Urbino, proprio come facevano gli scultori nel rendere concreta un’idea intellettiva. “L’incontro con Michelangelo dovette segnare profondamente il giovane Urbinate, ed è forse proprio da qui che ebbe origine quella rivalità, vera o presunta, tra i due artisti che ha riempito lungo i secoli pagine e pagine della critica. La terracotta urbinate si riflette nella pittura di Raffaello per tutto il periodo fiorentino, ed in massimo grado nella Madonna del prato, eseguita nel 1506 per Taddeo Taddei, suo ospite. Dovendo trovarsi accanto al tondo michelangiolesco, col ruotare il corpo divino da destra (Michelangelo) a sinistra intese rendere solo un doveroso omaggio al maestro, senza plagio”.
Giunto a Roma, già nell’ottobre del 1508, introdotto dal conterraneo Bramante, pur in una maturità di linguaggio, non dimenticò il suo studio fiorentino-urbinate e, con una scioltezza ancora maggiore, il busto in terracotta si sostanziò nel Cupido alato della Farnesina, dove la resa del rilievo corporeo, nel gioco di luci ed ombre, deriva proprio dallo studio concreto dell’altorilievo fittile nel suo ultimo lirico approdo.
In conclusione, la Gardelli ritiene che Raffaello “abbia modellato la creta in Urbino a mezzo del tempo del suo soggiorno fiorentino, intorno al 1507, che questo straordinario gesto creativo abbia costituito per il sommo pittore un esercizio affascinate, un misurarsi, lui ancora giovane, con il già famoso Michelangelo, rispondendo all’insoluto dilemma sul primato della pittura o della scultura, trattato in quegli anni da Leonardo, con l’affiancare al marmoreo Tondo Taddei, la sublime pittura della Madonna Taddei”.