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La strage a processo: il paese attende

E il 7 aprile si potrà ricominciare a suonare la fisarmonica”. Nel ricordo del sopravvissuto Candido Gabrielli, l’avvocato Lorenzo Valenti racchiude una storia di imposto silenzio e giustizia negata. E soprattutto dà voce a un presente ricco di speranza, finalmente. Presso il tribunale militare di Verona si tengono le udienze (sono giunte alla quarta) del processo per l’eccidio di Fragheto.

Il 7 aprile 1944 soldati nazisti del Sturm-Battaillon OB sudwest sterminarono 30 civili tra donne, anziani e bambini, e un partigiano. “Entro l’anno la sentenza. Alcune vicende resteranno aperte, ma bisogna porre la parola fine a questa storia. La giustizia è balsamo sulle ferite, anche se la cicatrice rimarrà”, aggiunge Valenti, legale dei familiari delle vittime, delle province di Rimini e Pesaro e del comune di Casteldelci.
È il secondo processo relativo a quei terribili giorni. Quello ai collaborazionisti fascisti, iniziato nel ’47 a Pesaro, venne provvisoriamente archiviato negli anni ’60. Nel 1994 il rinvenimento dell’“Armadio della vergogna” presso la procura militare di Roma consentì di riaprire le indagini. L’istanza di riapertura del processo, invece, è stata presentata dall’avvocato Valenti nel 2006, seguita dall’individuazione da parte della Interpol dei soldati tedeschi coinvolti. Tre quelli rinviati a giudizio: Karl Shäfer, 101 anni, Karl Weis, 92 anni e Ernst Plege, 90. Accusati di omicidio plurimo aggravato, sono loro i tre imputati, contumaci (difesi dagli avvocati Vinci e Turco) del processo avviato il 20 gennaio a Verona. Il 5 giugno, nella quarta udienza seguita da quaranta persone giunte da Casteldelci, sono stati sentiti tre testimoni: Dario Gabrielli, Giuseppe Gabrielli e Renzo Novelli. Giuseppe era il chierichetto di don Bernardi. Dario riuscì a salvarsi fuggendo con la famiglia da una porta secondaria. Renzo abitava a Calanco.

“Il giorno seguente allo scontro a fuoco tra partigiani e tedeschi ho aiutato il babbo a caricare i cadaveri sul carro per la sepoltura”. La prossima udienza è prevista il 20 luglio: toccherebbe ai testi tedeschi.
Che cosa è successo a Fragheto il 7 aprile ’44? “Con la costruzione della linea gotica – spiega il sindaco – aumentarono gli scontri tra truppe tedesche e partigiani. Un gruppo di partigiani passò la notte del 6 aprile a Fragheto, ripartendo la mattina successiva, quando ingaggiò uno scontro a fuoco coi nazisti a Calanco. Quel pomeriggio i nazisti giunsero a Fragheto. Fu allora che avvenne la strage”. Il motivo? Due le versioni: “una rappresaglia per aver accolto i partigiani la notte del 6 e in seguito un loro ferito, o la vendetta per l’uccisione di un tedesco da parte di un abitante del paese. Ma ci sono molte stranezze: c’è una casa, la sola che non venne toccata, insieme a chi vi era dentro”. Renzo Novelli racconta di un libro mostratogli da una donna dei capi tedeschi che avevano posto il comando in casa sua: “Scritti in rosso c’erano i nomi di Fragheto e Tavolicci, dove sono avvenuti gli eccidi. Era già tutto deciso”. E poi ci sono le ritrattazioni di alcuni testimoni, tra cui don Adolfo Bernardi, “per paura di ripercussioni fasciste. E furono proprio i fascisti della zona a fucilare e sfigurare gli otto partigiani consegnati loro dai nazisti”, aggiunge il sindaco Fortini. “Spie dietro la strage? La ricostruzione purtroppo non verrà mai completata. Per Fragheto il dramma è lo stesso da allora, un dramma di gente semplice e umile, dignitosa e onesta, che chiede di poter ricominciare a vivere in pace e che ha il diritto di avere giustizia, almeno ideale”. Dopo settant’anni questo traguardo è più vicino.

Martina Tordi