Home Cultura La spiritualità “estrema” della beata Chiara

La spiritualità “estrema” della beata Chiara

Il ritorno della beata Chiara. In occasione della tradizionale festa d’inizio d’anno pastorale (30 settembre-2 ottobre 2011) la Parrocchia di Cristo Re ospiterà per tre giorni le reliquie della beata Chiara da Rimini (1260 ca.-1324/1329), che dopo 77 anni d’assenza tornano nella città dove la beata è nata e vissuta e in cui ha fatto germogliare il seme della sua eccezionale spiritualità.
Venerdì 30 settembre alle ore 21 presentazione delle reliquie e della mostra fotografica. Conferenza della dott.ssa Rosita Copioli: ”La beata Chiara da Rimini fra storia e leggenda”.
Sabato 1 ottobre alle ore 21: Concerto della corale Nostra Signora di Fatima. Domenica 2 Ottobre alle ore 10,30 Santa Messa Solenne.
Dalla giovinezza sciagurata e ricca alla conversione, le scelte della beata Chiara da Rimini (1260 ca.-1324/29) non l’hanno fatta passare inosservata.
Il primo dato che colpisce è il suo “estremismo”: non è una donna tiepida, non ha mezze misure, lo dimostra in tutto ciò che fa e Dio, in un certo senso, utilizza il suo stesso, estremo linguaggio, non la conquista a poco a poco, non le prospetta un cammino spirituale graduale, ma la sorprende, la chiama all’improvviso. Si innamora, lei che era stata sposata due volte, e vive per quel nuovo amore inatteso che ricambia scegliendo la via più ardua: la penitenza, i digiuni, le notti insonni. La strada che vuole percorrere è quella che il suo nuovo sposo ha già percorso, la Via Crucis.
Un’altra autorevole figura, a cui Chiara è contemporanea negli ultimi anni di vita, sceglie la stessa via per conoscere e amare di più il Signore: è Brigida di Svezia, copatrona d’Europa, protesa al sacrificio di Gesù, al sangue versato e al numero dei colpi ricevuti (5480 secondo la rivelazione che Gesù stesso fa alla nobile svedese). Anche in Chiara emerge la scelta della “quantità”: ogni giorno aumenta il rigore delle penitenze e ad ogni occasione irrigidisce la prova. Certo, è una prospettiva ascetica lontana da noi, eppure semplice: se 365 giorni all’anno il cilicio ferisce la pelle, chi lo porta non corre il rischio di dimenticare la passione di Gesù e compie, senza sforzi immaginativi, i patimenti della croce attraverso la carne, in default.
Ma la croce è un metodo, non un fine, è via alla resurrezione che anche Chiara ricerca e di cui fa esperienza godendo di numerose visioni ed estasi che le permettono di raggiungere una beatitudine che è grazia inimmaginabile per ogni essere umano. Eppure la concezione che ha di sé è zero, sa bene che è Dio che compie tutto: è lui che chiama, risponde, regala, lascia fare; è lui che la unisce ad alcune giovani donne con cui sperimenta una fraternità vocazionale nuova nel panorama cittadino; diventa fondatrice, madre e guida del Monastero degli Angeli, sorto là dove il Signore stesso, in una visione, le ha indicato. Le consorelle cercano di convincerla ad alleggerire il tiro, non riescono ad imitarla, non possono, ma del resto lei non vuole e porta sulle sue spalle anche la loro debolezza, si fa loro serva pur essendo loro superiora.
La vita del monastero non ha, almeno finché la fondatrice è in vita, regole definitive: la regola è lei. Indubbio, però, è il legame con il carisma francescano: è davanti alla chiesa di San Francesco che per due volte viene chiamata; la stessa scelta di povertà che la vede bussare porta a porta per chiedere elemosine che poi interamente devolve ai poveri si rifà al desiderio di Francesco di non possedere nulla; si reca perfino ad Assisi in pellegrinaggio guidando un gruppo di 100 donne. Un legame particolare esiste anche fra Chiara e le sorelle Clarisse per le quali, basti un esempio fra i tanti, va in inverno a cercare legna, non potendolo fare loro per la clausura.
L’attività sociale di Chiara fa parte della sua scelta spirituale: cura e conforta i lebbrosi, paga i debiti dei poveri insolventi incrementando la questua, ma sa anche farsi ascoltare. Chi la incrocia non può non rimanere colpito. I modi gentili che l’avevano distinta quando era una dama della “Rimini-bene” medievale non li ha perduti e ora li mette in campo per avvicinare a Cristo ogni persona.

Rosanna Menghi