La sogliola in cassa integrazione

    Settore pesca: riprendiamo il filo. Al 30 novembre 2008 titolammo un’inchiesta: “Pesca, la filiera è tutta una crisi”. Oggi, ad appena 8 mesi di distanza le cose non sono cambiate di molto, anzi per alcuni anelli della catena le cose sono addirittura peggiorate.

    Fotografia di un settore
    Quello ittico è un settore che nella provincia di Rimini conta circa 200 imprese attive, 100 imbarcazioni attraccate nel solo porto di Rimini e 500 pescatori impiegati nell’attività di pesca.
    Il mercato all’ingrosso della città, il più grande della Provincia, ogni giorno fa scorrere sui suoi rulli un quantitativo di pescato raccolto in media dalle 40 alle 50 imbarcazioni, con quantità che oscillano dai 12 ai 13 mila quintali di pescato. Numeri, questi, indicativi dell’importanza economica del settore ittico. Ma la crisi non li ha risparmiati, anzi possiamo dire che li ha investiti con più di un anno di anticipo rispetto ai settori dell’industria e dell’artigianato (che hanno visto il loro più brutto quarto d’ora nel corso del semestre appena passato).

    Quando i conti non tornano
    Pescatori, armatori e imprenditori del mare, infatti, il primo “colpo di mare” lo hanno preso con l’incremento del prezzo del greggio che è caduto sulle spalle delle aziende. Nel giugno dello scorso anno tutti gli operatori hanno incrociato le braccia per 20 giorni in quello che Gerlando Cappello, direttore del Mercato ittico all’ingrosso di Rimini aveva definito: “Lo sciopero più lungo che il settore abbia mai portato avanti”.
    Oggi a guardare i numeri qualche effetto quello sciopero lo ha prodotto. È sempre Cappello che ci fornisce la mole degli introiti prodotti nei primi 7 mesi di quest’anno, confrontandoli con quelli dell’anno passato confermando tendenze già esistenti, che sono rimaste “tristemente” al loro posto a distanza di tempo.
    “Purtroppo devo ribadire e confermare che il mare ha perso in quantità e in alcuni casi anche in qualità. In parte questo è determinato da cicli naturali del mare che portano alcune specie a fermarsi, in parte potrebbe essere determinato dal fatto che il fermo biologico, così come è concepito adesso, potrebbe non bastare”.
    Ad ogni modo i conti non tornano, perché anche se la “bolla” speculativa del caro gasolio è rientrata abbassando notevolmente i costi di gestione è vero che si pesca meno e di conseguenza si guadagna, anche, di meno.

    All’ingrosso
    I numeri, dall’inizio dell’anno al 31 luglio hanno portato al mercato all’ingrosso di Rimini, introiti per quasi 6 milioni e 300 mila euro (6.308.730) che confrontati a quelli fatturati nello stesso periodo dello scorso anno (6.214.320) parlano di un meno 95 mila euro che diminuiscono, al primo sguardo, non particolarmente significativo. “Certo è – continua Cappello – che se teniamo in considerazione quei 20 giorni di sciopero, un significato questi numeri lo assumono, eccome!”. Anche sulle quantità non ci sono sostanziali differenze, la cifra, infatti, si assesta intorno ai al milione 75mila kg di pescato, ma ci sono sempre da prendere in considerazione le due decadi in meno.

    Al dettaglio
    Dopo il mercato all’ingrosso arriva il mercato al dettaglio. Anche qui le cose non sembrano andare meglio. Rosina, che quasi un anno fa aveva venduto il suo banco al mercato (tenuto per ben 22 anni, vendendo il pesce che il marito portava a casa con La Madonna di Siponto) purtroppo non è rimasta da sola e oggi al Mercato Coperto di Rimini c’è addirittura un “banco” vuoto.
    È passata sotto silenzio, infatti, l’emissione del bando da parte del Comune di Rimini, che dava possibilità ai produttori ittici di appropriarsi per un decennio del posto al mercato, in pieno centro storico.
    Pare che non ci siano più i rientri economici. La gestione costerebbe troppo a causa dell’obbligo di “messa in regola” dei familiari che vi lavorano (circa 5 mila euro l’anno a persona).
    Il consumatore, infine, consuma di meno.

    I lavoratori del mare
    E poi ci sono i lavoratori del mare (compresi i proprietari delle imbarcazioni che vanno per mare pure loro). Questo anello della catena è deboluccio. Anno dopo anno lo diventa sempre di più, costringendo alla vendita e alla messa in “demolizione” (cessione della licenza di pesca allo Stato in cambio di un rimborso) delle imbarcazioni che non riescono più a sbarcare il lunario. Rosina che non aveva solo venduto il banco al mercato ma fatto domanda di demolizione per La Madonna di Siponto che il marito portava in mare da un ventennio aspetta ancora (e con lei i proprietari di altre tre imbarcazioni) che la pratica si risolva, ma la pratica non si risolve perché mancano i soldi.
    Ecco, mancano i soldi. Una certezza poco incoraggiante che viene confermata da Walter Moretti, direttore della Cooperativa Lavoratori del mare.
    “In questo settore la crisi c’è sempre. È vero la difficoltà causata dal gasolio è in parte rientrata, ma proprio in quest’ultimo periodo si è registrato un ulteriore incremento del prezzo del barile. E poi quest’anno il fermo pesca non verrà rimborsato”.
    Di cosa si tratta?
    “Questo è il primo anno che lo Stato non stanzia nulla per rimborsare lo stop degli equipaggi. Generalmente venivano pagati mille euro mensili più i contributi previdenziali. Quest’anno nemmeno quello”.
    Avete pensato come intervenire?
    “Stiamo valutando l’utilizzo di uno strumento sino a questo momento sconosciuto al settore ittico: la cassa integrazione. Un modo per far rientrare, un minimo di contributo nelle tasche dei lavoratori. Anche i pescatori hanno valutato positivamente questa soluzione”.
    Jamil Sadegholvaad, assessore alle Attività Produttive e alla pesca, di fresca nomina in Provincia, puntualizza le difficoltà causate dal caro gasolio e dalla crisi economica generale, sollevando poi altre questioni come l’emergenza ambientale e il ricambio generazionale. “Se, per quanto riguarda il prezzo del carburante, la Provincia non ha strumenti per intervenire sull’economia globale, c’è ancora margine di manovra per difendere la risorsa ittica dall’emergenza ambientale. Proseguirà, quindi, il lavoro già intrapreso per coordinare i vari soggetti coinvolti nel settore e contribuire a proteggere, quanto più possibile, la pesca riminese”.

    La Regione ci mette una pezza
    In data 20 agosto 2009, vengono pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia Romagna tre nuovi bandi Fep (Fondo europeo per la pesca) che cumulativamente mettono a disposizione 4.5 milioni di euro da destinare al settore in vario modo, dall’ammodernamento delle flotte alla ristrutturazione dei luoghi di sbarco, passando per gli investimenti nel settore dell’acquacoltura.
    In una nota ufficiale il Consigliere regionale Roberto Piva puntualizza che: “Sono ammessi investimenti a bordo dei pescherecci a partire da 5mila euro fino a un massimo di 150mila euro (il contributo erogabile sarà fino al 40%). Per quanto riguarda porti, luoghi di sbarco e ripari di pesca, gli investimenti si differenziano per gli importi minimi ammissibili da 20mila euro fino a un massimo di 40mila euro per le imprese private e da 50mila a 300mila per i soggetti pubblici (in questo caso il contributo erogabile sarà del 100%)”.
    Nei tre bandi vengono indicati gli interventi ammissibili, le modalità e i criteri di presentazione delle domande e la documentazione richiesta per accedere alle singole misure. Prevista la retroattività con la presentazione dei documenti contabili degli investimenti effettuati a partire dal 1 gennaio 2007, con priorità ai progetti già conclusi oppure esecutivi.
    “Un boccata d’aria. – continua Moretti – Ma quanta burocrazia. Decine di documenti da presentare, con il Nucleo Tecnico della Regione che dovrà valutare tutte le richieste per poi verificare di persona i lavori effettuati. Bisogna precisare poi, che in un primo momento i conti saranno pagati dai proprietari, e solo in un secondo momento, a fattura pagata, si potrà avere il contributo”.
    La Cooperativa aiuterà chi fosse interessato a presentare documentazione.
    E di pesca parla anche Duccio Campagnoli, assessore regionale alle Attività Produttive e Sviluppo Economico, che dal Meeting di Rimini (a pochi giorni dalla fine del fermo biologico, si torna in mare il 1 settembre), accenna sia ai soldi dell’UE da investire sia a nuove soluzioni. Spiega l’assessore: “C’è un progetto per un nuovo mercato ittico a Rimini, all’interno della Darsena. È molto caldeggiato anche dai consorzi di pescatori”.

    Speriamo bene
    Una soluzione, quella del 4.5 milioni, che fa ben sperare anche Giovanni Gori e il suo cantiere di via Sinistra del porto. Lo avevamo lasciato con zero barche realizzate nel 2008 e lo ritroviamo con zero barche realizzate in questi primi 8 mesi del 2009. “Ora speriamo che con questo contributo si sblocchi qualcosa e che il mercato si vivacizzi un pochino”. Il cantiere attualmente non è vuoto, perchè nel periodo del fermo pesca alle barche vengono fatte delle manutenzioni, ma dei 14 dipendenti ne sono rimasti solo sei.
    Ripercorrendo indietro tutta la filiera la conclusione è simile al principio: la filiera è (ancora) tutta una crisi.

    Angela De Rubeis