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La rinascita di Amadou

Pochi anni fa e con una nuova edizione pubblicata proprio quest’anno l’Unhcr, Agenzia Onu per i rifugiati, ha realizzato un’operazione letteraria molto interessante: un libro per ragazzi, edito da Bur, dal titolo: Anche Superman era un rifugiato. Storie vere di coraggio.

Il libro è stato curato da Igiaba Scego, scrittrice italiana di origini somale, che insieme ad altri dodici autori e altrettanti illustratori ha raccolto la sfida di raccontare le storie vere dei rifugiati di oggi e intrecciarle con quelle dei grandi personaggi del passato o personaggi di fantasia come, appunto, Superman. Se oggi, infatti, esiste una legge per l’accoglienza e la tutela dei rifugiati e persino questa giornata, il 20 giugno, dedicata a loro, anche il passato è stato costellato delle storie di esuli e perseguitati, persone costrette a fuggire dalla loro terra per costruirsi una nuova vita.

Pensiamo a Enea, che proprio in Italia trovò la propria patria. Dante Alighieri, costretto a non morire nella sua amata Firenze. E poi: il grande ballerino Rudolf Nureyev o il pittore Marc Chagall, il leader dei Queen Freddy Mercury o lo scrittore Joseph Conrad. Ogni giorno incontriamo queste storie e questi volti di uomini e donne, talvolta persino bambini e ragazzi, che lasciano la loro terra per costruirsi una vita nuova.

Anche Amadou, che le circostanze della vita hanno condotto un giorno nella nostra Rimini dal Mali, è uno di questi piccoli, sconosciuti, supereroi. Aveva solo 15 anni quando è sbarcato
in Sicilia, per poi essere trasferito a Rimini e inserito prima in una comunità di pronta accoglienza, Amarkord, poi nel progetto Sprar minori per rifugiati e richiedenti asilo (oggi Sai) del Comune di Rimini, gestito da alcune realtà del terzo settore.

Amadou è timido, ma anche testardo, è spaventato e fa fatica a comprendere e imparare la nostra lingua. Ma non gli mancano determinazione e voglia di lavorare, unite a un carattere mite e generoso. Così arricchisce il suo capitale sociale e il suo bagaglio di amicizie ed esperienze. Non solo è capace di intessere legami importanti con i suoi coetanei, ma grazie al progetto “Indovina chi viene a cena” realizzato dal Centro culturale Paolo VI con la Caritas Diocesana, alla frequentazione delle attività dell’associazione Agevolando e del Centro giovani RM25, alle esperienze di formazione e lavoro, pian piano riesce a mettere insieme i tasselli necessari per costruirsi un futuro sereno. Documenti, lavoro, casa, relazioni sono gli ingredienti necessari.

Tra le persone che più gli stanno accanto e lo incoraggiano ci sono Paola Affronte e Giuseppe Pasini, insieme anche alla mamma di Paola, Lydia Beltrami. Una famiglia che ha ben chiaro nella propria vita da che parte stare, che ha scelto di aprire le porte di casa (e del cuore) all’accoglienza e di accettare la sfida di accompagnare verso l’autonomia giovani come Amadou. La storia di Amadou è emblematica e al tempo stesso unica, epica ma anche fatta di quella normalità che per tutti noi è necessaria.

E oggi il cuore di Lydia, Paola, Giuseppe e di tanti di noi è in Mali, insieme ad Amadou, che dopo 12 anni riabbraccia sua madre e che per qualche settimana rivedrà il suo Paese prima di tornare in Italia, perché ormai la sua vita e il suo futuro sono qui.

Noi siamo orgogliosi di te e aspettiamo di riabbracciarti, Superman dei nostri giorni.

Silvia Sanchini