Home Vita della chiesa La mia voce, uno strumento di pace

La mia voce, uno strumento di pace

“Amicizia e ammirazione per queste persone di buona volontà”. Andrea Bocelli è breve, conciso a tratti disarmante nello spiegare il perché lui, uno dei cantanti più famosi al mondo ha prestato la sua voce per sostenere un gruppo di giovani impegnati in una missione di evangelizzazione di strada e di spiaggia? Il 52enne cantante e tenore toscano, un artista capace di raccogliere applausi a New York come di cantare davanti al Papa, è sceso così sulla spiaggia di Riccione per prendere parte alla missione che fa risuonare lo slogan di Gesù Cristo “Chi ha sete venga a Me” in uno dei templi del divertimentificio. Il tempo è stato inclemente, una delle pochissime giornate di maltempo dell’estate 2010 sulla riviera, ma qui nessuno se n’è accorto: i ragazzi hanno comunque invaso la spiaggia al bagno 85 con l’animazione pomeridiana fatta di musica, danza e testimonianze, e Bocelli li ha accompagnati, tra lo stupore di tanti turisti. Poi, alle 21, la messa, dove centinaia di persone dentro e fuori la chiesa dell’Alba hanno goduto dell’interpretazione del tenore del “Panis Angelicum” di Cesar Franck e dell’“Ave Maria” di Schubert. L’affluenza alla celebrazione eucaristica è stata talmente alta che neppure il grande schermo allestito all’esterno della chiesa è riuscito a soddisfare tutti i presenti, mentre gli accessi in streaming hanno fatto registrare cifre record. “Volevo portare il mio piccolo contributo all’iniziativa. – spiega il cantante – Spero di non aver distolto con la mia presenza l’attenzione verso la buona notizia annunciata da questi giovani”.

Dai teatri alla spiaggia: come è nata questa insolita collaborazione con la comunità Nuovi Orizzonti e i giovani missionari riccionesi?
“L’amicizia con Chiara, con don Davide Banzato (l’assistente spirituale dei Nuovi Orizzonti, ndr) e con i loro più stretti collaboratori, dura da tempo. Oggi tante persone vedono solo il male e il lato brutto della vita, per cui è necessario rimboccarsi le maniche e portare una parola di speranza, un annuncio di ottimismo. Chiara Amirante ed altri lo fanno, dedicano la loro vita al bene 24 ore su 24: una scelta contagiosa”.

Però non così praticata oggi.
“Ogni azione ci apre davanti un bivio: la strada del male e quella del bene. La prima sembra una discesa, durante la quale non si pedala e non si fa fatica, ma con il rischio concreto di cadere. La seconda assomiglia tanto ad una salita, durante la quale si suda e dietro ad ogni tornante si nasconde l’insidia di mollare tutto. Arrivati in cima, però, a braccia alzate al cielo si ha la sensazione di aver fatto un’impresa, di aver portato a termine qualcosa di grande”.

E lei, ciclista Bocelli, quale strada per la vita ha imboccato?
“In ogni competizione c’è chi arriva prima e chi dopo. Con un’altra immagine ciclistica, Chiara Amirante, i missionari giovani con le infradito ai piedi, lo zaino in spalla e il sorriso fraterno di Riccione sono nelle posizioni di testa nel gruppo. Io mi auguro di aver intrapreso la direzione giusta, quella che conduce allo striscione del traguardo. La domanda sul senso della vita, le questioni morali più profonde mi si stagliano davanti ogni giorno, negli incontri che faccio, nelle scelte che prendo”.

Ai ragazzi in vacanza a Riccione e sulla riviera romagnola, quelli che don Franco Mastrolonardo, parroco dell’Alba e organizzatore della missione, vede ogni sera dal suo osservatorio “uscire eccitati e spavaldi per conquistare la notte, per ritrovarsi la mattina dopo defraudati di un sogno, i veri poveri di oggi”, Lei che direbbe?
“Offrirei il mio silenzio. Tante persone oggi chiudono le orecchie ai discorsi, ma aprono gli occhi di fronte all’esempio”.

Se qualche appassionato ciclista Le chiedesse indicazioni sulla giusta direzione?
“Gli consiglierei di leggere il Vangelo. C’è una frase che l’evangelista Matteo (7,22) fa pronunciare a Gesù che mi ha conquistato sin da bambino: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». È il compimento di quanto auspicava Tobia: «Non fare a nessuno ciò che non piace a te» (4,15)”.

Si parla spesso di mancanza di valori nelle nuove generazioni, ma anche di errori educativi delle famiglie. Lei, come padre di due figli, cosa ne pensa?
“Troppo facilmente gli adulti pensano di risolvere il loro compito educativo acquistando auto o procurando denaro ai figli. I ragazzi invece hanno bisogno di qualcosa di molto più importante, domandano fiducia nel futuro, cercano ascolto (anche nell’attività più ludiche), desiderano dialogo e anche carezze”.

Di recente lei ha dialogato con i figli anche su un tema tanto attuale quanto delicato e drammatico come l’aborto. Mi riferisco al video-messaggio su YouTube, dedicato a un missionario, padre Rick, un prete chirurgo che da 25 anni lavora ad Haiti. Lei racconta di una giovane donna giunta in ospedale con dolori che fanno pensare a un problema di appendicite. Lei non sa di essere incinta e i medici le propongono di abortire.
“I dottori le misero del ghiaccio sulla pancia e poi, quando il trattamento era finito, le dissero che avrebbe fatto meglio ad abortire. Che era la soluzione migliore, perché il bambino sarebbe venuto al mondo con qualche forma di disabilità. Ma la giovane e coraggiosa sposa decise di non interrompere la gravidanza e il bambino nacque. Quella signora era mia madre, e il bambino ero io. Sarò di parte, ma posso dirvi che è stata la scelta giusta e spero che questo possa incoraggiare altre madri che magari si trovano in momenti di vita complicati ma vogliono salvare la vita dei loro bambini”.

Che sogno nel cassetto può avere un artista che si è esibito in ogni parte del mondo, capace di vendere 70 milioni di dischi e che ha cantato due volte davanti a Benedetto XVI?
“Ciascuno è stato dotato di un carisma, di un talento. La voce è lo strumento che ho ricevuto, ma è importante l’uso che se ne fa: io cerco di migliorarmi sempre.
È vero, nel mio caso la realtà ha superato la fantasia. Ma i regali non finiscono mai: il prossimo anno canterò per la pace in Israele. E se il Papa dovesse chiamarmi ancora, garibaldinamente risponderei volentieri: obbedisco, Santità!”.

Paolo Guiducci