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LA FIERA CON LA VALIGIA IN MANO

L’ultimo approdo è di sole poche settimane fa. Ed è uno sbarco in grande stile, quello che da Rimini porta IEG (International Exibition Group) a Singapore. Motivo di tale ormeggio l’acquisizione di due fiere e l’apertura di una sede IEG in quel Paese. Singapore è l’ultima di un processo di internazionalizzazione che porta la realtà fieristica del presidente Lorenzo Cagnoni in giro per il mondo, e in varie forme. Di obiettivi, fatturati e operazioni in corso di questo Gruppo sempre più votato all’estero, ne parliamo con l’amministratore delegato di IEG, Corrado Peraboni (nella foto).

IEG ha aperto una sede a Singapore dove ha acquisito anche due eventi nella “città dei leoni” nei segmenti luxury e food. È un ulteriore tassello di una strategia di sviluppo in quell’area. Perché la scelta di Singapore? Dovremo attenderci ulteriori novità in tutto il sud est asiatico?

“L’operazione di Singapore chiude la creazione di piattaforme che ci permetterà di realizzare quello che abbiamo chiamato 4×4 business. In estrema sintesi, portare in quattro continenti le quattro filiere produttive che ospitiamo nei nostri principali saloni, offrendo alle aziende i mercati dove il business è più marcato, affinché possano continuare a crescere. La scelta di Singapore deriva dalla centralità che la metropoli sta acquisendo in Estremo Oriente, in particolare nel Sud-Est Asiatico. Le autorità hanno legiferato per attrarre investimenti. Abbiamo chiuso importanti accordi commerciali e fatto acquisizioni. Per ora ci fermiamo qui”.

IEG è già presente in Asia: negli Emirati Arabi, e nella Repubblica popolare Cinese. Ma anche a San Paolo del Brasile e Usa. Quanto l’internazionalizzazione è asset prioritario di IEG?

“È chiaro che è un asset prioritario, direi che è una direzione ineludibile per chi vuol mantenersi su livelli di leadership. La nostra ambizione è far incontrare i migliori clienti ai nostri espositori; a Rimini e Vicenza in primis, e se serve portando noi gli espositori dai loro potenziali clienti”.

Si tratta di eventi che IEG esporta in toto, piattaforme di incoming buyer e outgoing di aziende, società controllate o joint-venture?

“IEG sul mercato internazionale è ancora un player piuttosto piccolo e quindi serve flessibilità. Laddove ci sono condizioni per il controllo societario lo abbiamo fatto, di recente abbiamo rilevato il 50% delle attività di Deutsche Messe in tutti i paesi nordamericani. Perseguiamo l’obiettivo finale, gli strumenti sono quelli che le condizioni rendono possibili”.

Quali industries di riferimento del Gruppo sono le più esportate?

“Gioielleria, wellness, ambiente e food. Sono questi quattro ambiti su cui abbiamo puntato con investimenti e strategie di sviluppo”.

Quanto incide sul fatturato consolidato e l’EBITDA l’internazionalizzazione di IEG?

“Teniamo presente che all’inizio della pandemia il gruppo era molto forte in Italia ma quasi assente a livello internazionale. Partiamo ora e gli investimenti hanno bisogno di qualche tempo per cominciare a produrre frutti e l’ambizione è avvicinarci in pochi anni ad avere 10% dei ricavi prodotti all’estero. Dove siamo più avanti è sicuramente Dubai, dove siamo leader nella gioielleria e nel Fitness”.

Ci sono format/eventi internazionali che vorrebbe riproporre a Rimini?

“La combinazione dell’offerta di spazi fieristici e congressuali di cui disponiamo sul territorio ci pone in una condizione di alto gradimento per la domanda. Le candidature internazionali stanno moltiplicando successi per eventi al palas, la fiera ha già collezionato grandi successi negli eventi sportivi, che vedo in ulteriore crescita. Stiamo studiando la possibilità di portare a Rimini alcuni format esteri che sono organizzati dalle società che abbiamo acquistato”.

Come funziona dal punto di vista pratico una acquisizione internazionale o la realizzazione di una joint-venture? Chi conduce le trattative? Quanto possono durare i negoziati?

“Il nostro non è un ambito differente da altri settori economici. Siamo strutturati con un team che opera sui mercati internazionali e le antenne recepiscono segnali che vengono vagliati dal board e poi si procede con le verifiche. Le trattative sono tutte differenti, da quelle articolate e interminabili a quelle che trovano subito i parametri corretti per essere definite”.

Anche la fusione con Bologna, di cui si parla da anni, era vista nell’ottica di rafforzare il gruppo in ambito nazionale ma soprattutto di consolidare la presenza internazionale. Questa “alleanza” però non decolla. A che punto siamo?

“Ecco, questa è una di quelle trattative più articolate di altre. Ribadiamo la bontà del progetto industriale ma, al momento, devo dire che passi in avanti non ci sono”.

IEG parla sempre più lingue nel mondo. Cosa può cambiare per la sede di Rimini in questo contesto sempre più internazionale?

“Siamo davvero un’azienda globale e in questa dimensione ci sono opportunità di crescita davvero straordinarie per tante professionalità, anche del territorio. Nei decenni passati il business fieristico e congressuale ha generato un knowhow elevatissimo nelle forniture. Ora questo progresso attiene più le persone. Crediamo sia un ulteriore valore indotto. A Rimini, come a Vicenza, crescono e passano manager che sono al top internazionale nei settori in cui operano. Presto i nostri manager locali potranno fare importanti esperienze all’estero ed è una soddisfazione vedere in Ieg riunioni tra colleghi di diverse sedi svolte interamente in inglese”.

L’espansione del gruppo nel mondo può rappresentare una ulteriore occasione per la struttura di Rimini? E in che modo?

“Talvolta manifestazioni che in Italia o in Europa sono leader sono poco conosciute in altri continenti. I tedeschi hanno insegnato, partendo oltre 30 anni fa, che avere una rete internazionale di eventi su un certo settore rafforza e rende più internazionale la fiera madre che si organizza in casa”.