La cooperazione affoga nel corso

    “Quegli argini del Rio Agina di Misano Adriatico sono meglio di una tavola da bigliardo”. La denuncia arriva dall’Associazione Wwf di Rimini nei confronti del Consorzio di bonifica Uso, Conca e Agro riminese che mesi fa ha preso in carico i lavori del fiume tenendo relativamente conto di tecniche ingegneristiche più morbide di difesa spondale. Ma cosa vuol dire bonificare o fare manutenzione lungo gli argini dei fiumi?
    In tutta la provincia ci sono ben sei corsi d’acqua (Uso, Marecchia, Melo, Marano, Ventena, Conca), poco meno di cinquanta fossi consegnati in manutenzione al Consorzio di bonifica e una decina di fossi sottoposti a lavorazione specifica.
    Per quanto riguarda i fiumi, l’Arpa si occupa esclusivamente dei controlli periodici delle acque mentre il Servizio Tecnico di bacini Conca e Marecchia gestisce la loro manutenzione ordinaria attraverso pulizie mirate che si ripetono ogni due anni.
    “Agiamo in maniera molto attenta ma soprattutto per tre mesi, da maggio ai primi di agosto, sospendiamo qualsiasi tipo di attività per cosiddetto fermo biologico”, spiega il responsabile del Servizio tecnico.
    Per tutto il resto – fossi, o meglio canali di scolo – è onere del Consorzio di bonifica prendere in carico la pulizia e la sicurezza idraulica. Infatti, i canali di scolo diventano spesso pericolosi per la sicurezza cittadina e spesso si trasformano in luogo di degrado ambientale e urbano. Per questo motivo il Consorzio, quando serve, è costretto a intervenire con il pugno duro.
    “Spesso ci si trova di fronte a situazioni davvero disastrose, in cui, per causa di forza maggiore, bisogna decidere quali sono le proprietà: o la sicurezza idraulica o l’aspetto ambientale. Ora, il caso del Rio Agina di Misano Adriatico mirava in primis a opere strutturali”, spiega Virgilio Buffoni, direttore generale del Consorzio di bonifica riminese. Che continua. “Al di là delle polemiche, in quel tratto abbiamo rimosso e ripulito nefandezze pericolose che, oltre a creare danni in caso di pioggia, rendevano invivibile una zona urbana. Fin dove possibile l’impatto ambientale viene sempre limitato attraverso iniziative con enti e interventi mirati a salvare l’ecosistema. Ma in questo caso non c’era molta alternativa”.
    Infatti è dal lontano 1996 che il Rio Agina ha provocato diversi allagamenti inducendo gli stessi cittadini a inoltrare richieste di risarcimento agli enti comunali.
    “Prima si lamentavano per l’assenza d’intervento, ora per l’ambiente: è proprio vero che non ci si accontenta mai!” incalza Buffoni. Ma al Wwf non la pensano così.
    “Il tratto sottoposto ai lavori si presenta denudato della vegetazione, pochi gli alberi risparmiati, piante mature abbattute senza che questo corrisponda a una reale esigenza idraulica. Le cortine arbustive poste a lato degli argini sono state estirpate; ogni vita vegetale e animale è stata cancellata senza una reale necessità che non corrisponda al libero agire dei mezzi meccanici”, sottolineano dall’associazione ambientalista che già altre volte ha denunciato situazioni poco piacevoli come quelle sul Rio Melo o sul fiume Uso.
    “L’ambiente dei corsi d’acqua non può essere lasciato solo all’azione d’ingegneri idraulici ma deve svolgersi congiuntamente con agronomi, botanici, zoologici, tecnici della gestione forestale e faunistica”.
    L’impatto ecologico, a detta del Consorzio, viene calibrato ogni volta ci sia un intervento da mettere a punto; ciò avviene con l’aiuto della Guardia Forestale e del Comune: “In caso di specie in via d’estinzione o aree di particolare importanza noi agiamo con mezzi e uomini mirati in grado di diminuire i danni ecologici”.
    In questo senso, in base alla situazione locale, sono stati fatti passi da gigante per quanto riguarda l’ingegneria naturalistica; quest’ultima consente di naturalizzare rive e sponde senza intralciare il deflusso idrico, una maggiore irregolarità del suolo consente l’attecchimento spontaneo della flora più adatta per la stabilità delle rive… insomma esistono alternative. Ma il problema a detta di entrambi, sia del Wwf sia del Consorzio di bonifica, è l’assenza di cooperazione tra enti che si occupano della stessa materia: Servizio Difesa del Suolo, assessorato all’Ambiente, assessorato all’Agricoltura.

    Marzia Caserio