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La città dei cittadini?

Si fa un gran parlare di Società Civile, tant’è che spesso a qualcuno viene da chiedere qual è quella incivile.
Qualche sera fa, alla fine di un bel dibattito sulla città di Rimini, l’intervento forse poco notato di una persona in fondo alla sala, ha indicato ognuno di noi, ogni cittadino, come responsabile della cura, dell’avvenire di Rimini, affermando che la città cambia e migliora se ognuno di noi accetta di cambiare e migliorare.

Società e partecipazione
Almeno per i cristiani, la custodia del giardino è la conseguenza biblica della creazione, quanto quella dell’attenzione all’altro. “Plasmati” dalla stessa mano, fedeli al compito, prima gratificazione dovrebbe essere questo diritto a definire le persone Società Civile; non solo per chi si dichiara cristiano. Il compito non è semplice, la partecipazione presuppone informazione e formazione, e buona dose di “laicità” in tutte le direzioni.
I temi che regolano la vita della città, gli orientamenti progettuali per una città moderna e unita, nonché la sua governance, sono stati al centro di “Rimini, città a misura di sguardo”, la tavola rotonda organizzata presso la parrocchia S. Gaudenzo per iniziativa della Zona Pastorale S. Andrea Apostolo (Crocifisso, S. Raffaele, S. Gaudenzo), e il patrocinio dell’Ordine degli Architetti di Rimini.
Ad animare la serata ci han pensato in quattro: il prof. Giuseppe Chicchi, già sindaco di Rimini; Edoardo Preger, architetto e urbanista, ex sindaco di Cesena; Fabrizio Moretti, presidente della Camera di Commercio di Rimini; e Nedo Pivi, architetto, coordinatore di Nuove Frontiere, il gruppo organizzatore della serata. A far gli onori di casa il parroco, don Aldo Amati: “anche discutere di città è un gesto di Chiesa per alimentare la speranza”. A giudicare dalla partecizione, la società civile – almeno in questo spicchio di città – non solo è viva ma anche vegeta.

Pianificazione e governo
Il modello della Pianificazione Strategica è uno dei “luoghi” della Società Civile, il modello cioè di pianificazione che più si addice al coinvolgimento dei cittadini nella vita e per lo sviluppo della città. Perché il suo futuro non sia quello della Torre di Babele, occorrono però regole e persone disposte a rispettarle, con ruoli istituzionali ed obiettivi definiti.
A questo proposito, il Piano Strategico per Rimini già nel documento finale del 2011, individuava tre tipologie di Pianificazione Strategica:
a) “piano del sindaco”, di fatto asservito alle esigenze di immagine e di costruzione del consenso della guida politica della città;
b) “piano del consulente” dove tutto il processo viene affidato ad un soggetto esterno tramite una gara pubblica;
c) “piano della città”, dove il tentativo è quello di realizzare un’esperienza realmente partecipata, con un ampio e significativo coinvolgimento di tutti i soggetti locali.
Mentre illustrava le tre ipotesi, optava per la terza, quella veramente “partecipata”, come si legge nel testo del prof. G. De Rita, presidente Censis e membro del Comitato Scientifico del Piano Strategico di Rimini.
A questa ultima ipotesi è infatti legata l’idea di Amministrazione Condivisa, che il prof. Stefano Zamagni – altro membro del Comitato Scientifico del Piano – rappresenta con un triangolo ai cui vertici rispettivamente sono: società politico-istituzionale, società civile, mondo degli affari; tutti e tre convergenti centralmente verso il Bene Comune.
Lo schema: Pianificazione – Governance – Bene Comune è semplice e lineare, se trasparenti e definiti sin dall’inizio sono ruoli e compiti, e tali rimangono nel tempo.
Diversamente, strumentalizzazioni, contestazioni, vacue promesse e smarrimento dei fini, non aiutano la buona realizzazione dei progetti, deludono la partecipazione, crolla l’idea di “civitas”. Anche questo è emerso alla fine del dibattito sulla “città a misura di sguardo”.

Mondo degli affari e confronto
Giuseppe Chicchi, con un semplice grafico e carità didattica, ha messo in evidenza il logoramento del motore di ricchezza per Rimini (sistema alberghiero: hardware) e l’oggettiva impossibilità a produrre mezzi sufficienti per il suo rinnovamento: tanto limitato è il suo rendimento nell’arco dell’anno.
Di qui la necessità di individuare e realizzare nella città una rete di infrastrutture (software) finalizzate ad integrare il motore produttivo quando perde colpi. Con questo valore sono da intendere: Tribunale, Fiera, Porto Turistico, Centro Agro Alimentare, Palacongressi, Università…
Anche il software va comunque costantemente aggiornato e integrato, adeguandolo a tempi e situazioni; in coerenza con il fine e nel quadro della governance indicata.
C’è poi il tema della rigenerazione urbana non solo per garantire sicurezza, salubrità, bellezza alla città costruita, ma, in una visione moderna, da considerare come nuova occasione di sviluppo.
Bloccata infatti la devastante espansione edilizia che ha significato negli ultimi decenni il saccheggio indiscriminato di suolo agricolo produttivo (è quello che a km zero fornisce le risorse alimentari quotidiane), occorre individuare un nuovo modello per la città, razionale e compatto, in grado di ri-assegnare una effettiva identità a Rimini e ai riminesi.

Rivisitare alcuni spazi della città rivalutandone storia e funzioni, rivedere il concetto di densità edilizia con rinnovamenti volumetrici e di destinazioni d’uso di aree ed edifici esistenti, significa, oltre ad opportunità di lavoro e fonte di reddito, limitare sensibilmente l’uso dell’auto, eliminare lo spreco in servizi (costi sociali ed economici, inquinamento…).
Serve un invito unitario e caloroso ai responsabili di economia e affari, ad abbandonare il sistema della rendita passiva dei capitali per scommettere maggiormente su progettualità ed invenzione.
Su questi argomenti si sono cimentati in modo costruttivo nella tavola rotonda a S. Gaudenzo, il presidente della Camera di Commercio Fabrizio Moretti e l’architetto Edoardo Preger. Il primo invocando una rigenerazione urbana che richiede nuove destinazioni d’uso e adeguamento dei volumi alle nuove esigenze, investimento nel risparmio energetico e nell’isolamento acustico. Il secondo illustrando le opportunità che arrivano dalla riqualificazione delle aree dismesse e il superamento del tabù dell’altezza. Anche i progetti apparentemente più grandiosi, possono abbandonare il luogo dell’utopia e divenire concrete realizzazioni, con il confronto e la condivisione delle forze presenti sul territorio; più facile se il modello è l’amministrazione condivisa. L’iniziativa della parrocchia S. Gaudenzo, può rappresentare solo un buon inizio.

Carlo Zoffoli