Surrogate Cities di Heiner Goebbels al Ravenna Festival con la Cherubini diretta da Andrea Molino
RAVENNA, 7 giugno 2025 – Un percorso tra suoni e rumori che evoca una caleidoscopica idea di città. Cambiano i luoghi, di conseguenza variano gli interpreti e si modificano gli organici: Surrogate Cities, l’imponente ciclo musicale concepito da Heiner Goebbels fin dal 1994, si è inevitabilmente trasformato nel tempo. La versione per grande orchestra arrivata al Ravenna Festival, un vero e proprio spettacolo che va oltre i confini del concerto, è ancora una volta un’esperienza coinvolgente nella quale immergersi, come spesso succede con le creazioni del compositore tedesco. Sul palcoscenico dell’Alighieri si potevano dunque ascoltare e vedere – la musica di Goebbels necessita anche di essere percepita attraverso gli occhi – gli otto episodi che costruiscono l’architettura di questo brano, che prende il nome dal romanzo d’esordio dello scrittore irlandese Hugo Hammilton, appunto Surrogate City (1990).

Ogni tappa sonora e visiva offre una visione diversa della città e a renderla più intellegibile contribuiscono, talvolta, le parole che accompagnano la musica. Dopo la presentazione iniziale affidata solo a strumenti, nella seconda tappa sono invece le frasi di Paul Auster a sintetizzare il rapporto tra il singolo e la città, mentre nella terza (Die Faust im Wappen) è lo straordinario sassofono di Alípio Carvalho Neto – veniva voglia di applaudirlo a scena aperta – che con le sue improvvisazioni suggerisce la complessità della torre di Babele. Nucleo centrale della composizione la lunga Suite für Sampler und Orchestra che si staglia come un gigantesco monumento: ai campionatori è affidato il compito di conservare la memoria sonora di un passato che emerge attraverso nove movimenti di danze, tutte appartenenti alla tradizione (dalla sarabanda alla gavotta, passando per la giga e il minuetto), e che si coagulano nell’‘aria’ conclusiva. Forme perfette, insomma, per rendere l’idea di movimento.
Tre songs tratti dal monologo teatrale Der Horatier, in cui Heiner Müller delinea la cruenta lotta fra Orazi e Curiazi, sono affidati alla voce calda del mezzosoprano Aurore Ugolin, che con grande intensità dà corpo a un’appassionata denuncia dell’insensata guerra tra Roma e Alba Longa. Ad animare il sesto snodo drammaturgico è invece John De Leo (pseudonimo del jazzista italiano Massimo De Leonardis), che ha letto un brano di Calvino dalle Città invisibili, dove la sotterranea Argia entra in relazione con il regno dei morti.
Il cerchio si chiude con Surrogate, un vocabolo che metaforizza quella frenesia di correre che anima le città, così ben sintetizzata dalle parole del romanzo che dà il nome allo spettacolo: a Ravenna ha trovato la sua espressione nel giovanissimo danzatore Jack Bruce, che qui canta con stile e movenze da rapper.
A rendere unica un’esperienza musicale come questa è dunque la notevole teatralità, a cominciare dall’uso delle luci, firmate dallo stesso Goebbels, che si è fatto carico pure degli aspetti visuali complessivi, in collaborazione a Norbert Ommer, sound director. Fondamentale poi il contributo dell’Orchestra Giovanile Cherubini (perfettamente a suo agio la giovane spalla Francesca Vanoncini), che ha dato prova di notevole eclettismo. Grande merito spetta al direttore Andrea Molino, che non si è limitato a guidare gli ottanta strumentisti con precisione millimetrica, ma li ha coinvolti infondendo loro entusiasmo.
Un’esperienza appagante per esecutori e ascoltatori, che possono costruire il proprio caleidoscopio mentale ed emotivo di città, nel segno di quella libertà che per Goebbels rappresenta il valore fondamentale del suo teatro musicale.
Giulia Vannoni