La buca sulla sabbia che scotta

    Sabbia, mare, vento. Chi di noi frequentando la spiaggia non ha almeno una volta apprezzato la benefica sensazione data dagli elementi marini? Un tempo tali elementi venivano studiati dai medici per essere utilizzati nella cura di malattie. Cosa è rimasto di tutto ciò? Che né è stato della “cura marina” per eccellenza, quella molto in voga negli anni ‘60-‘70, che più di tutte caratterizzava il litorale riminese? Che fine hanno fatto le sabbiature? Perché sono scomparse?
    Prima di capire perché una terapia che secondo studi medici dava risultati positivi in oltre il 90% dei casi, è stata prima vietata in spiaggia per poi scomparire anche dagli stabilimenti termali locali, vediamo di scoprire in che cosa consisteva.

    Cosa sono le sabbiature
    “Le sabbiature rappresentavano uno strumento con cui i bagnini, che un tempo avevano pochi ombrelloni o solo qualche tenda – racconta Giorgio Morolli, uno dei titolari dello stabilimento Marinagrande di Viserba – cercavano di integrare il proprio reddito, con le attività più diverse. Tra queste spiccava quella delle sabbiature. Si trattava di un’arte vera e propria: la sabbia veniva raccolta in riva al mare, si lasciava asciugare e si setacciava. Le persone venivano immerse nelle buche, posizionate in un tratto di spiaggia (recintato) in bonaccia, non ventilato. Le buche erano state precedentemente lasciate riscaldate dal sole. Ricordo mio padre Adelmo quanta passione ci metteva e come non lasciava nulla al caso. Una volta finita la sabbiatura si avvolgeva la persona con un accappatoio e si portava in una cabina dove avveniva la reazione: ossia la sudorazione e il relativo calo della temperatura corporea”.
    Le persone che sceglievano di fare le sabbiature avevano in genere problemi reumatici e con cicli di una decina di giorni stavano bene per tutto l’anno.
    Ma come nasce e si sviluppa questa terapia (chiamata psammatoterapia), già conosciuta dai Greci e Romani, in riviera?
    “Alcuni medici del nostro territorio, tra cui il noto dottor Augusto Murri – spiega Giorgio Mussoni, uno dei decani dei bagnini in attività e presidente di Oasi Confartigianato – hanno effettuato, nei primi del ‘900, alcuni studi sui benefici dell’ambiente marino: furono loro a dare un forte impulso verso le sabbiature. I bagnini per prendere il brevetto ed esercitare, dovevano fare un corso in cui veniva insegnata, da un medico, anche la tecnica della sabbiatura. Il tutto si è fermato quando l’Azienda di Soggiorno ci ha vietato di farle. Era il 1976, era stato aperto il Talassoterapico. Dovevano essere fatte solo lì”.
    In seguito scomparvero anche da tale struttura e così tramontò una delle più antiche tradizioni del nostro territorio. C’è chi ritiene che fossero pericolose, fatte sulle spiagge, senza la presenza di un medico, e che divennero molto più sicure una volta istituzionalizzate.
    Comunque stiano le cose c’è da giurare che scene come quelle della spiaggia, con persone tutte avvolte nelle coperte che venivano accompagnate in cabina per fare la “reazione”, sono davvero le uniche capaci di rievocare colori, costumi e storie di quel tempo.

    I ricordi di Sante Pompili
    “Erano in tanti a ringraziarmi per aver fatto loro le sabbiature – ricorda Sante Pompili, 64 anni, che in gioventù ha svolto questa attività, aiutando il bagnino. – Lo facevo soprattutto per rimediare qualche lira per uscire la sera, ma era un bell’impegno: al mattino presto facevamo le buche, la sabbia doveva riscaldarsi per diverse ore, arrivava fino a sessanta gradi. A seconda del problema si faceva la mezza sabbiatura che durava fino a venti minuti e riguardava solo il mezzo busto, mentre con quella intera restava fuori solo la testa ma durava 15 minuti al massimo. Tutto era fatto con la massima attenzione, veniva chiesto alla persona se avesse qualche problema di salute. Negli anni Settanta si pagavano 150 lire a sabbiatura”.
    E oggi? Da cosa sono state sostituite le sabbiature?
    “L’erede della sabbiatura è la fangoterapia insieme al servizio di piscine termali – ci spiega il dottor Massimo Ricci, direttore di Riminiterme (l’ex Talassoterapico) – fino al 1995 le sabbiature erano mutuabili, poi il Servizio Sanitario Nazionale decise di tagliare tale spesa e il servizio è diventato troppo costoso per i pazienti che, per questo, le chiedevano sempre meno. Fino a sei anni fa abbiamo continuato a farle poi è sopraggiunto anche un problema di spazi. Abbiamo sostituito l’area dedicata alle sabbiature con lo spazio per la fangoterapia e le piscine per adeguarci agli altri stabilimenti termali italiani”.

    Silvia Ambrosini