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L’ultima chiesa di frontiera

Per chi arriva a San Marino in superstrada, alla Dogana non gli è facile distinguere fra territorio italiano e sammarinese: si passa la “frontiera” quasi senza accorgersene. Ancora più difficile immaginare sulla destra una parrocchia italiana, distinta da quella di Dogana. Invece c’è: a poche centinaia di metri, circondata da case nuove e semplici, sorge la parrocchia di San Pio X.
Parroco fondatore nel 1962 è stato don Lino Grossi, che vi è rimasto come pastore fino alla morte avvenuta nel dicembre del 2006.
Subentrava al suo posto, in veste di amministratore parrocchiale, don Vittorio Metalli. Il vescovo mons. Mariano De Nicolò gli affidò la guida di questa comunità, vincolandolo ad alcune condizioni: quella di non dover abitare nella sede della parrocchia visto il suo ministero di Padre Spirituale del Seminario Diocesano, e di non celebrarvi più di una messa domenicale.

Comprensibilmente col tuo impegno di Padre spirituale in Seminario e di insegnante all’Istituto di Scienze Religiose, celebri una sola messa; ma la gente è contenta?
“Diciamo che non protesta. Del resto non sono molti i parrocchiani e la chiesa della Dogana sammarinese non è molto lontana. La vita liturgica e di preghiera nella comunità, se da una parte si può considerare molto semplice, dall’altra risulta essere significativa per tutti coloro che vi partecipano. È vero che c’è una sola messa domenicale alle 10, ma proprio per questo è molto frequentata ed ha una caratteristica molto interessante: tutte le categorie di persone (famiglie, giovani, bambini, anziani) vivono insieme la messa domenicale. Il senso di Chiesa che si coglie è particolarmente evidente e significativo.

E non si fanno mai eccezioni?
“Le uniche eccezioni sono le due messe all’Oratorio di Marignano (fine mese di maggio e seconda domenica di agosto) … Naturalmente tutte le feste comandate hanno lo stesso trattamento della domenica. E poi ci sono eventuali funerali che non possono essere né programmati né differiti”.

S. Pio X è una parrocchia relativamente recente, nata forse in previsione di un diverso sviluppo urbanistico …
“È così infatti. Ma poi il Comune di Rimini ha cambiato piano regolatore e questa zona è rimasta incompiuta. Attualmente (dati del censimento parrocchiale del maggio 2010) la comunità parrocchiale è formata da 352 persone, distribuite in circa 150 nuclei familiari. Molte sono le persone singole (per lo più anziani), ma non poche anche le giovani famiglie con bambini piccoli”.

Effettivamente, coi tempi che corrono e con la scarsità di preti, questa è una parrocchia assai piccola. Ma se tu vieni solo alla domenica, chi fa il catechismo e come prepari i bambini ai sacramenti?
“Per quanto riguarda la catechesi dei giovani e dei bambini si fa riferimento alla vicina comunità parrocchiale di Sant’Aquilina ed in qualche caso anche alla parrocchia di Santa Maria ausiliatrice a Dogana di san Marino. Con Sant’Aquilina l’accordo di collaborazione era stato avviato già da don Lino, il quale negli ultimi anni – sia a causa della sua avanzata età, sia per lo scarso numero di bambini e ragazzini – aveva ritenuto bene di orientare i giovani verso comunità più grandi e significative dal punto di vista numerico.
La catechesi battesimale, proposta ai genitori dei bambini, la seguo io direttamente, come anche qualche ritiro spirituale proposto a tutti soprattutto nei tempi forti”.

Per quello che abbiamo detto fin qui sembrerebbe che la tua presenza in parrocchia sia limitata alla domenica mattina. È così?
“Certamente la domenica mattina è il momento più significativo perché posso incontrare tante persone: prima della messa per le confessioni e dopo per scambiare quattro chiacchiere e dirci come stiamo e come vanno le cose.
Ci sono però anche altri momenti ed altre attività che mi vedono presente in parrocchia.
Un momento importante e significativo è quello della visita e delle benedizioni pasquali. Visto il numero ridotto delle famiglie, la visita è svolta capillarmente, dedicando il tempo necessario anche all’ascolto delle famiglie e delle varie situazioni.
Poi ogni primo venerdì del mese tutti i malati e gli anziani della parrocchia ricevono la visita del sacerdote con la possibilità della confessione e della comunione.
Infine dedico particolare cura all’accompagnamento verso l’incontro definitivo con il Signore. Essendo una comunità piccola è possibile seguire ed accompagnare il malato o il morente con la giusta attenzione. Questa possibilità ha una ricaduta positiva e di maturazione sia sul sacerdote che sulla famiglia che viene seguita”.

È sempre vero che la vita di una comunità parrocchiale non si esaurisce e non si riduce al solo aspetto liturgico. Coi tuoi impegni e con l’esiguità numerica della parrocchia riuscite a fare anche qualche attività caritativa o sociale?
“Per quanto riguarda l’aspetto caritativo si sono consolidate nel tempo alcune tradizioni. Benché la parrocchia non abbia alcuna entrata – se non quella delle questue domenicali, le offerte per le messe ed il contributo volontario di qualche fedele – le raccolte del tempo di Natale e di Pasqua sono sempre destinate ad altre comunità più bisognose. Sono state aiutate, in modo particolare, una casa famiglia della Papa Giovanni XXIII in Bangladesh, la Capanna di Betlemme ed il seminario di Tanbakunda in Senegal.
La comunità parrocchiale contribuisce ad aiutare normalmente anche alcuni poveri che risiedono nel territorio.
Dal punto di vista sociale le iniziative sono principalmente due: la parrocchia ospita un gruppo GET (Gruppo Educativo Territoriale) della cooperativa sociale «Millepiedi»: la situazione logistica è però abbastanza precaria a causa degli scarsissimi spazi a disposizione. A meno che si facciano degli interventi straordinari di ampliamento della struttura, non si vede concretamente praticabile ancora questa disponibilità.
L’altro servizio di tipo sociale consiste nel mettere a disposizione una saletta della parrocchia al medico di base che visita normalmente le persone anziane e le famiglie del territorio”.

Per concludere la nostra conversazione, possiamo spendere qualche parola sui parrocchiani?
“La parrocchia si trova ad essere per lo più costituita da due gruppi distinti di abitanti: quelli che si insediarono alla fine degli anni ’50 inizio anni ’60 (che rappresentano il nucleo più solido e stabile anche dal punto di vista della frequentazione alla liturgia domenicale) e le persone che abitano presso alcune nuove palazzine proprio a ridosso del confine di Stato.
Sul territorio della parrocchia non si trovano presenze significative di altre confessioni cristiane o altre religioni, se si escludono alcuni nuclei familiari ortodossi e musulmani.
Il «personale» della parrocchia è formato dal parroco, che sono io e che giuridicamente sono solo Amministratore, e da numerosi laici che collaborano attivamente e generosamente. Tra questi c’è da segnalare un paio di ministri straordinari della comunione ed un futuro lettore.
Tra gli organismi pastorali va menzionato il Consiglio pastorale parrocchiale che si riunisce ogni mese e mezzo circa, con una buona e attiva partecipazione (chiaramente proporzionata al numero degli abitanti); il Consiglio parrocchiale degli affari economici, che è composto grosso modo dagli stessi membri”.
Come già qualcuno ha detto: “Piccolo è bello”, soprattutto quando questo offre una maggiore possibilità di relazioni e di comunione fraterna.

Egidio Brigliadori

La chiesina e il centro parrocchiale di San Pio X a Dogana