Home Storia e Storie L’“amore” ai tempi di Garibaldi

L’“amore” ai tempi di Garibaldi

Mi chiamo Carlo Clari, figlio di Guido di origine savignanese, nipote di Carlo e pronipote di Aristide commerciante di Savignano che ha dato origine alla casata soprannominata gli Aristidoin.
Mia zia, Evelina Clari, moglie di Dario Caleffi (primo sindaco di Savignano, dopo la liberazione) mi ha sempre tenuto in considerazione trattandomi come un figlio. Lei, sposandosi in tarda età non ne aveva potuti avere di suoi. Orbene, tale zia negli anni ’70 ritrovandosi, purtroppo, sola in casa e abbastanza cagionevole di salute, si è avvalsa della cara compagnia di una sua vecchia amica di scuola e gioventù, Alba Folli.

Amiche per caso
Alba, svolgeva assistenza in corsia e in sala operatoria ai professori Buda e Sartorio. Quest’ultimo è ricordato da molti savignanesi quale cavadenti e factotum in infermeria.
Le famiglie Clari e Folli diventarono amiche. Le ragazze Evelina e Alba andavano a scuola assieme, assieme crebbero e, come documentano diverse fotografie, prima della guerra fecero alcuni viaggi a Venezia, Genova e Firenze, partecipando anche al Maggio fiorentino quali appassionate di canto e di lirica. La guerra del 1944 le divise, si troveranno assieme solo negli anni ’70 per unificare le poche forze rimaste ad entrambe e per affrontare la vecchiaia insieme, fatta di compagnia e di ricordi. Nel gennaio del 1988 muore Alba Folli, in dicembre muore Evelina Clari.
Io Carlo Clari sarò il loro unico erede. Entrambe, di una generazione antica, proveniente dalla guerra e dalle fatiche della vita hanno sempre risparmiato e tenuto tutto: fogli, scritti, scatole, rocchetti di filo, saponette, fotografie dei loro cari, ricordi dei loro viaggi. Anche io ho conservato tutto. Ogni tanto rivedo le foto di entrambe, guardo e apro scatole e scatoline con tante spille, ninnoli, ricordini, foto e penne… ogni volta è una sorpresa. Una sorpresa fugace e veloce che riporta alla memoria cose lontane. Richiuse le scatole si ritorna ai problemi di oggi.

La sorpresa
L’altro giorno aprendo una scatola di latta, che in origine conteneva biscotti ho riguardato alcune fotografie e ritrovato alcune carte con uno scritto davvero interessante. Sorpresa! Dentro una busta ingiallita ho trovato la foto di un militare in divisa con tanto di nastrino e trittico tricolore appuntato sul petto con allegato un acrostico. L’acrostico componeva in versi cadenzati, a tono, con rime poetiche il nome Alba Folli. La sorpresa più grande è che la poesia è firmata “Alfeo Amati, Garibaldino, Savignano, 1921”.
Come poteva un garibaldino avere fatto una dedica ad Alba Folli nel 1921? C’erano ancora dei garibaldini nel 1921? Mosso dalla curiosità ho svolto alcune ricerche.
Con l’aiuto della Rubiconia Accademia dei Filopatridi nelle persone del Segretario Giuseppe Lombardi, di Cecilia Battistini ed Elio Raboni, nonché degli impiegati dell’anagrafe del Comune di Savignano sul Rubicone sono riuscito a far quadrare le date delle notizie.

Vita da garibaldino
Alfeo Amati nasce a Savignano il 18 agosto 1838 e muore nella stessa città alla veneranda età di 90 anni nell’anno del nevone (1929). È sepolto nella tomba di famiglia, nel cimitero comunale della città, purtroppo, con la data di morte sbagliata, 1900.
Alfeo Amati nel 1859 prende parte alla Guerra per l’Indipendenza e la Libertà d’Italia nel Corpo dei Cacciatori della Magra. Nel 1860 insieme al fratello Egisto frequenta il Corso Allievi Ufficiali a Modena. Lascia il corso, si reca a Bologna e infine parte per Novi quale volontario garibaldino per imbarcarsi nell’impresa dei Mille.
Alfeo prese parte, affianco di Garibaldi, alle campagne del 1859 con il grado di caporale e a quelle del 1867 con il grado di sergente. Nel 1862 partecipò pure al Brigantaggio, assieme al Giuseppe nazionale. Nel 1866 è a Bezzecca. Assieme a Garibaldi, infine, prese parte alle Campagne della Repubblica argentina negli anni 1867-1870. Nel 1867 era in America agli ordini di una spedizione per contrastare il bandito Lopez in Uruguay. Purtroppo venne catturato e sottoposto alla pena del palo, in quanto non aveva voluto rispondere alle domande dei sequestratori. Pare che davanti ai suoi “inquisitori” abbia detto: “Gli italiani non sono delatori”.
Tuttavia tornò in Italia passando per la Francia. Una volta a casa non contento si arruolò nel 1877 nella legione Sgarellino e combatte in Serbia. Nel 1880 si arruola nella legione Penazzi e partecipa alla Guerra dell’Insurrezione dell’Epiro e Tessalia. Infine, nel 1881 partecipa all’Insurrezione di Spagna, Bajadoz e Madrid. Un vero giramondo! Nel 1882 torna a Savignano, ha 44 anni quando appende la baionetta al chiodo.

Il ritorno a casa
Il Municipio di Savignano gli offre un posto di Capoguardia. In quel periodo abita in via delle Mura al civico 147 con la sorella Argentina e il fratello Leovigildo. Il fratello muore nel 1919, la sorella nel 1926. Alfeo, allora, rimase solo e viene ospitato al ricovero anziani che allora si trovava abbinato all’Ospedale cittadino.
I genitori di Alba si erano trasferiti a Savignano un anno prima e lavoravano come infermieri all’ospedale. Alba è una ragazzina di 18 anni, studia e durante i pomeriggi liberi aiuta i genitori nelle loro mansioni, frequenta il vicino ospizio e visita gli anziani. Mossa da sentimenti patriottici (il padre e lo zio sono stati ufficiali) comincia a leggere e a studiare le imprese garibaldine e comincia ad ascoltare le storie che gli vengono raccontate da un vero garibaldino!
Alfeo le ha donato una foto di quando era un giovane ufficiale alla Scuola Militare di Modena ed ha composto (anche se è possibile che Alba l’abbia composta da sola) quella poesia in rima libera, piena di speranza e di virtù quale stimolo alla crescita di una giovane italiana. È quell’acrostico che io ho ritrovato dentro la vecchia scatola dei biscotti… mi sono appassionato, la mia curiosità mi ha portato lontano e adesso aspetto di aprire un’altra scatola che mi riporti in un passato tutto da scoprire.

Carlo Clari