In provincia 7mila tetti invisibili

    In Italia ci sono 60 milioni di abitanti, più o meno. Il dato è conosciuto, niente di nuovo. Ma è interessante paragonarlo ad un altro numero, fornito da poco dall’Agenzia del Territorio: sul territorio nazionale ci sono 2 milioni di immobili invisibili. Per capirci, per ogni trenta abitanti c’è un immobile invisibile. Il fatto è, purtroppo, che questi immobili sono in realtà anche troppo visibili, dato che con questo termine si intendono tutti quei fabbricati invisibili solo allo Stato e al catasto. Costruiti e mai dichiarati. Presenti in mezzo alle nostre città ma non sulle carte e nei registri. In provincia di Rimini sono più di 7mila. Le indagini dell’Agenzia del Territorio sono iniziate tra il 2007 e il 2008, e si svolgono con una serie di fotografie aeree (ne sono state fatte una decina sopra le nostre teste) che vengono poi sviluppate e confrontate con le mappe catastali per verificare l’eventuale presenza o meno nei registri.
    È un lavoro certosino ma che sta portando a galla una realtà dai numeri impressionanti. Il solo Comune di Rimini ha registrato 2.064 casi. Più lusinghiero il risultato di Riccione che, nonostante sia il secondo Comune della provincia per grandezza, ha “solo” 322 immobili non dichiarati. Si va poi dai 693 di Coriano, ai 682 di Bellaria, i 599 di Santarcangelo, i 301 di Saludecio e i 71 – il numero più basso – di Torriana.
    “Il controllo capillare è un lavoro impegnativo che però sta dando buoni risultati. Per ora non sono previste altre mappature, almeno nei prossimi mesi” spiega il direttore dell’Agenzia del Territorio di Rimini, Antonio Ianora.
    Ma cosa succede quando il catasto individua uno di questi immobili? Lo abbiamo chiesto al geometra Stefano Domeniconi, di Bellaria, che si occupa di seguire le persone contattate dal catasto ed è consigliere del Comune di San Mauro Pascoli e presidente della Commissione Territorio.
    “Come prima cosa l’Agenzia del Territorio sovrappone le foto alle mappe catastali. In questo modo si rende subito conto di un’eventuale presenza di manufatti non dichiarati. In caso di un riscontro si cerca la particella catastale interessata e si identificano i proprietari. A quel punto, l’Agenzia spedisce una lettera. Dal ricevimento della comunicazione i proprietari hanno 40 giorni di tempo per rispondere”.
    Come si comporta chi riceve la lettera?
    “Chi viene contattato dall’Agenzia del territorio deve fare un’autocertificazione e dichiarare se l’immobile è stato demolito, se non è un immobile, oppure, in caso positivo, l’interessato deve dare incarico ad un tecnico che deve aggiornare la mappa”.
    Se invece il proprietario non risponde alla lettera?
    “In quel caso, dopo un periodo di 60 giorni, l’Agenzia manda una squadra catastale a verificare di cosa si tratta e iscrive essa stessa lo stabile nei propri registri”.
    Ci sono però dei problemi. Può capitare, infatti, che anche le foto aeree più accurate e definite mostrino dei manufatti che a prima vista sembrano degli immobili ma in realtà non lo sono. È un dato che incide molto sul numero globale dei fabbricati invisibili?
    “È capitato – continua Domeniconi – che fossero scambiati per edifici anche giostre coperte con teloni per l’inverno, o tende. Ci sono anche tipologie di fabbricati che non necessitano di essere inventariate. Se sono, ad esempio, manufatti con superficie coperta inferiore a 8 metri quadri, o serre, o ancora vasche per l’acquacoltura o tutte le tettoie e i casotti purché di altezza inferiore a un metro e 80 centimetri, e non stabilmente infissi al suolo. In questo caso, appena ricevuta la comunicazione il catasto cancella la pratica. È necessario precisare, però, che i refusi sono davvero minimi, nell’ordine del 5% e i numeri divulgati dall’Agenzia del territorio sono reali”.

    Il problema regolarizzazione
    Questa, quindi è la prassi per accatastare un immobile. Ma non bisogna pensare che l’accatastamento equivalga alla regolarizzazione. L’ufficio del catasto, infatti, opera solo per imposizione fiscale. È uno strumento, insomma, che serve solo ai fini della tassazione. Una volta che il fabbricato è stato registrato il proprietario comincia a pagare le tasse dovute, ma resta ancora da risolvere il problema della regolarizzazione (al momento quantificare quanto denaro entrerebbe nelle casse con questi 7mila fabbricati “scoperti” è impossibile).
    “Se un vicino o il Comune si accorgono che un determinato edificio è abusivo e non è stato regolarizzato possono chiederne anche l’abbattimento. Per questo, solitamente, chi è proprietario di un immobile abusivo non lo registra neanche al catasto. Diciamo che il catasto non è interessato alla regolarità o meno dell’immobile, ma solo alla riscossione dei tributi. Ovviamente, però, l’inserimento dell’edificio nell’albo catastale lo rende anche soggetto ad un ulteriore controllo sull’abusivismo”.
    Una volta che le cartine saranno aggiornate, infatti, al Comune sarà sufficiente fare un incrocio dei dati per accorgersi che fabbricati presenti sulla carta non hanno un progetto corrispettivo in Comune. A quel punto sarà sufficiente far partire un’indagine e valutare poi come comportarsi nei confronti dell’immobile.
    “Da un punto di vista urbanistico – sottolinea Domeniconi – un immobile può essere regolarizzato se non è stato costruito in una zona a fascia protetta o se sfrutta il territorio in un modo previsto per quel particolare luogo”.
    Cambiano i termini ma non cambiano i numeri. Se ad oggi, nella provincia ci sono 7mila immobili non accatastati, a breve ce ne saranno altrettanti irregolari, e allora a quel punto il Comune farà partire le procedure di accertamento. Non si tratta, però, solo di abusivismo selvaggio. Se ogni manufatto va accatastato, non tutti vanno regolarizzati. È il caso delle piccole tettoie, Quando non siano più alte di un metro e ottanta, e se sono senza fondamenta, allora non devono essere regolarizzate.
    “Se in molti casi si può parlare di costruzioni irregolari belle e buone – conclude Domeniconi – sono tante anche le situazioni non in malafede. Molti non sanno, infatti, che anche un box per metterci la macchina va accatastato”.

    Stefano Rossini