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Campo Lavoro 2016 – Il volontario che non ti aspetti

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Campo Lavoro 2016 – Anche se per il risultato economico definitivo occorrerà attendere la pesatura dei rottami (il conteggio è fermo agli 83 mila euro ricavati dai mercatini dell’usato), in termini di partecipazione il bilancio del Campo Lavoro appena concluso è più che positivo. Giovani, anziani, intere famiglie con bambini al seguito, associazioni di volontariato, scuole, gruppi scout, credenti, agnostici, ambientalisti, cittadini senza etichette particolari ma semplicemente convinti di fare la cosa giusta… Una moltitudine di presenze che si moltiplicano anno dopo anno e sempre più fanno del Campo Lavoro una iniziativa senza confini. Vediamone alcune, ringraziando tutti, anche quelli che non siamo riusciti a ricordare.

Quei profughi ci danno una mano
Forse anche Salvini ringrazierebbe. Perché le lavatrici pesano e farebbe davvero comodo un aiuto da parte di un robusto ragazzo africano. Anche se profugo. Di profughi, all’ultimo Campo Lavoro ce n’erano diverse decine. Impegnatissimi a dare una mano attorno a camion da scaricare, container da riempire, tendoni da montare e smontare. A Riccione e Cattolica sono arrivati i ragazzi ospitati dalla Papa Giovanni all’Hotel Royal, a Rimini i richiedenti asilo di Casa Solferino, la struttura di accoglienza della Croce Rossa. Ivano Balducci, responsabile del servizio, ci racconta come il rapporto con il Campo Lavoro sia nato quasi per caso. “Cercavamo panni in buono stato per i ragazzi che ospitiamo e siamo entrati in contatto con i volontari che gestiscono il deposito di via Carlo Zavagli. Ci è stata regalata una montagna di indumenti e abbiamo ritenuto doveroso contraccambiare…”. Oltre che con una ventina di giovani al lavoro, la Croce Rossa riminese era presente al centro raccolta delle Celle anche con un camion e un camper attrezzato per il primo soccorso.

Ciclofficina, giovani meccanici solidali
Una gonfiata alle gomme, qualche vite da stringere, un cavo da cambiare. E tanto entusiasmo. Se l’asta delle biciclette ha incassato a Rimini quasi 4.000 euro, il merito è tutto loro: dei ragazzi di Ciclofficina che, alla loro seconda esperienza al Campo, non si sono risparmiati per trasformare decine di vecchi rottami in bici (quasi) funzionanti, da rivendere per pochi spiccioli.
Come spiegano Valerio Minicucci e Stella Mecozzi, coordinatori dell’iniziativa, Ciclofficina nasce tre anni fa dalla collaborazione tra cooperativa Mani Tese, associazione S. Zavatta e Centro Giovani RM25. Non è un negozio ma un progetto educativo dai molti risvolti: laboratorio dove imparare un mestiere, occasione di inserimento per ragazzi “in condizioni di svantaggio”, luogo di aggregazione giovanile e servizio per la promozione della mobilità sostenibile. I locali sono aperti il martedì pomeriggio e il sabato mattina nella sede dell’Enaip, al n. 4 di via Valturio, a Rimini. Ci si può andare per aggiustare la propria due ruote, oppure lasciarla in riparazione ai ragazzi.

Dal Centro di salute mentale volontari per un giorno
Da soggetti che richiedono cure a persone che riescono a curarsi del prossimo. Parliamo degli utenti del Centro di salute mentale dell’Asl di Rimini: una quindicina di persone affette da disturbi psichici che hanno aderito alla proposta “Volontari per un giorno”, lavorando allo smistamento dei sacchi ammassati sul piazzale della chiesa di Cristo Re. “Che bel cappotto… davvero carino!”. “Guarda questa maglia, sembra nuova!” “Che peccato buttare via tutta questa roba, c’è tanta gente che ha bisogno…”. I commenti si intrecciano mentre gli scatoloni si riempiono: i giocattoli da una parte, i libri dall’altra, gli indumenti da rivendere nel sacco giallo, quelli messi peggio nel sacco bianco… La fatica è tanta ma anche la soddisfazione di aver fatto qualcosa per gli altri, scoprendo le proprie possibilità e sperimentando il valore del lavorare insieme. L’iniziativa, promossa in collaborazione con l’associazione di parenti “Orizzonti Nuovi”, rientrava nel progetto “Cammina Cammina”: passeggiate settimanali organizzate dal CSM per scoprire la città e uscire dall’isolamento.

Mutoid, artisti del riciclo
Quei rottami nascondono un’opera d’arte. Basta selezionarli, tagliarli, saldarli insieme e poco alla volta si trasformeranno in fantastiche creazioni post-industriali. È quello che fa la Mutoid Waste Company, l’eclettico gruppo di artisti inglesi che  vive sulle sponde del Marecchia, presente anche quest’anno al Campo di Santarcangelo. Annunciati da due gigantesche sculture di 3 metri poste all’ingresso dell’area Campana, i Mutoid hanno allestito un laboratorio di riciclo creativo ma hanno anche lanciato l’iniziativa umanitaria che li vede impegnati da alcuni mesi. Il progetto si chiama SAFE, ovvero Steps Across the Frontiers of Europe (Passi attraverso le frontiere d’Europa) e consiste in una grande raccolta di scarpe e altri indumenti a favore dei profughi che sbarcano sulle coste greche. L’iniziativa, partita nel dicembre scorso con una prima distribuzione nel campo profughi di Eidomeni in Grecia, è proseguita nei giorni del Campo con la collaborazione dei volontari santarcangiolesi che hanno donato ai Mutoid parte degli indumenti raccolti.

Il marciatore per la pace fa tappa al Campo
Lui è John Mpaliza, conosciuto anche come Peace Walking Man, il camminatore per la pace. Nato in Congo, oggi è cittadino italiano e fino a due anni fa lavorava come programmatore nel Comune di Reggio Emilia. Poi la “folle” decisione di lasciare tutto e mettersi in cammino per le strade d’Italia e d’Europa per parlare di pace e giustizia sociale, partendo dalla situazione di sfruttamento in atto nel suo paese d’origine. Alla media di 35-40 km al giorno, dal luglio al dicembre 2014 ha completato la marcia Reggio-Reggio, da Reggio Emilia a Reggio Calabria, poi si è messo in viaggio per la ben più impegnativa Reggio-Helsinki, incontrando gente di ogni tipo e coinvolgendo scuole, parrocchie, associazioni. Nel suo lungo cammino, John ha fatto tappa anche al Campo Lavoro di Riccione: qui ha tenuto laboratori e incontri con i ragazzi. Attraverso giochi, canti e danze, John ha invitato a riflettere sui drammi del Congo e in generale sugli stili di vita, troppo spesso improntati al consumismo e all’indifferenza rispetto alle sofferenze del mondo.

Alberto Coloccioni