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Il, te e le rose a un euro

Anche questa estate sull’abusivismo commerciale si è discusso, dibattuto e litigato. Qualcuno l’ha sparata pure grossa: “Boicottare Rimini”, ha detto un leader sindacale nazionale. Magari era deluso dal fatto che nessuno avesse boicottato Pechino, e allora gli era rimasto un boicottaggio in canna. Fatto sta che a noi riminesi continua a sfuggire un aspetto della questione: come si può essere tanto sprovveduti da acquistare dagli abusivi? Per noi è la cosa più scontata del mondo, eppure chi viene da fuori continua a cascarci alimentando il mercato. È vero che bisogna combattere il fenomeno alla radice, laddove ci sono organizzazioni criminali che lo gestiscono. Ma, santa pazienza, perché ci sono distinte signore che fermano ogni nordafricano che passa con della bigiotteria-paccottiglia o distinti signori che pensano che farsi massaggiare da una cinese in spiaggia con unguenti maleodoranti e di fattura ignota sia una sciccheria? Noi indigeni non lo concepiamo, né ci verrebbe mai da provare di persona: a un riminese che mercanteggia all’ombrellone con gli abusivi, gli toglieremmo quantomeno il saluto. Cenando nei locali sulla spiaggia, però, è impossibile non imbattersi ogni cinque minuti in un venditore di fiori che vi propone rose a un euro, anche se siete a una cena unisex tra amici del calcetto o colleghe di ufficio. All’ennesimo “Rose a un euro, bellissime rose a un euro”, dai miei ricordi di gioventù è riafforato l’acquisto di una rosa a lire cinquemila nell’anno 1991. Non è che ho un archivio di tutte le spese della mia vita, per carità. Ma ricordo il successo dell’estate che usciva dal juke box mentre il mio amico comprava la rosa per la ragazza a cui puntava. E il sottoscritto, per non offendere l’amica, dovette fare altrettanto (ero il reggimoccolo designato in una classica situazione da uscita a quattro: due flirtano, gli altri due non vedono l’ora di defilarsi dignitosamente). Quel che ci interessa sono le cifre: da cinquemila lire a un euro, mentre tutto aumenta vertiginosamente. Nel paniere dell’abusivismo l’inflazione va contromano. E allora capisco, senza però assolutamente giustificarlo, che il turista possa essere sedotto dall’illusione del buon mercato. Non gli viene subito da pensare che il prodotto acquistato è un bidone: ma, si sa, in vacanza i freni inibitori si rilassano. Non che l’abusivismo sia solo colpa dell’euro, ma finché il costo della vita aumenterà, è difficile che il basso costo perda appeal. Ma sappiate, amici turisti, che ogni rosa nasconde sempre delle spine. E se poi le rose son mosce e acerbe come quelle degli abusivi, meglio lasciar perdere.

Maurizio Ceccarini