Tra i ministri che servono la Parola durante la Messa, tra il sacerdote e il lettore si staglia il diacono. Può sembrare strano, ma solo lui e il vescovo nella loro ordinazione ricevono il Libro dei Vangeli. Il presbitero no. «Ricevi il Vangelo di Cristo – dice il vescovo al neo diacono dopo avergli imposto le mani – del quale sei divenuto l’annunziatore. Credi ciò che proclami, insegna ciò che credi e vivi ciò che insegni» (Rito di ordinazione diaconale).
Egli è “l’uomo del libro e del calice”, poiché nella Messa è ministro dell’Evangeliario e del Sangue. Lo vediamo infatti fare il suo ingresso davanti al sacerdote con in mano, in alto, il Libro dei Vangeli e deporlo sull’altare (che anche lui bacia) e poi riprenderlo per proclamarlo all’ambone (vedi Catechesi: Evangeliario, n.38). Con tale gesto egli è, insieme all’Evangeliario, il legame visibile tra il Vangelo e l’Altare, tra la mensa della Parola e quella Eucaristica, in cui assiste il sacerdote e distribuisce l’Eucaristia «specialmente sotto la specie del vino» (Ordo Generale Messale Romano, 94).
Tuttavia al diacono (dal greco diakonos< = servo) vengono «imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il servizio» (Lumen Gentium, 29), perché viene configurato nel suo essere e nel suo agire (cioè “dalla testa ai piedi”) a Cristo Servo, cioè a quel «Figlio dell’uomo che non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28). In tal modo egli è abilitato ad agire e a parlare in forza dell’autorità di Cristo Servo.
Tra i ministri è riconoscibile dalla stola, che porta in maniera trasversale (anziché dritta come i sacerdoti), e dalla dalmatica una sorta di poncho quadrato (OGMR, 338.340).
Ma in che cosa consiste esattamente la sua “diaconia” durante la Messa? Egli non è forse ordinato per le opere di carità, come fu per i primi sette diaconi della Chiesa preposti al servizio delle mense (At 6,1-6)? A dire il vero, fin dai tempi apostolici esistono altre due diaconie: quella della Liturgia e quella della Parola, che il diacono esercita sempre in comunione con il vescovo e il suo presbiterio (LG 29).
La diaconia della Parola è simbolicamente manifesta proprio nella consegna del Libro dei Vangeli da parte del vescovo, che con l’ordinazione lo abilita a proclamare il Vangelo durante la Messa e a tenere l’omelia e, di conseguenza, a dedicarsi alla predicazione, all’insegnamento e all’evangelizzazione. Egli deve quindi possedere una solida preparazione biblica e teologica, in modo che sia servo della Parola e della Chiesa e non delle proprie idee (Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti, 23-27).
Possiamo vedere un esempio emblematico di questa diaconia nel diacono Filippo, la cui predicazione scacciava i demoni e sanava i malati e, al ministro della regina di Etiopia, seppe spiegargli le Scritture e annunziargli la buona notizia di Cristo (At 8); proprio come l’altro diacono, Stefano, alla cui sapienza nessuno sapeva resistere (At 6,8). San Paolo volle sempre i diaconi accanto a sé, tra i quali menziona Timoteo (1 Ts 3,2), Epafra (Col 1,7) e Tichico (Col 4,7); verso di loro nutriva profonda gratitudine, perché senza il loro aiuto non avrebbe potuto compiere la sua missione di Apostolo delle genti.
La diaconia della Liturgia consiste invece nel collaborare con il vescovo e i presbiteri alla santificazione della comunità cristiana, che ha la sua fonte e culmine proprio nell’Eucaristia. Qui il diacono svolge un servizio molto importante, non sostituibile da nessun altro ministro laico, poiché scaturisce dal sacramento dell’Ordine che ha ricevuto: egli non offre Cristo sull’altare come il sacerdote, ma aiuta i fedeli a unire l’offerta della propria vita all’offerta di Cristo e, dall’altro lato, a farli partecipi dei frutti del sacrificio di Cristo (Norme fondamentali, 28-36). Per questo legge la preghiera dei fedeli, invita allo scambio della pace e indica all’assemblea i gesti con cui partecipare in maniera attiva, oltre che preparare l’altare e distribuire il Corpo e il Sangue di Cristo (OGMR, 171-185). Inoltre, è ministro del Battesimo e dei sacramentali, per cui non è più raro nella nostra Chiesa riminese vedere diaconi presiedere le esequie e la Liturgia della Parola, fare l’esposizione eucaristica e dare la benedizione.
In questo senso egli è “l’uomo della soglia”: tra l’altare e la vita, tra i laici e la gerarchia, a cui appartiene nel suo primo grado (a cui seguono i presbiteri e i vescovi). Compimento della diaconia della Parola e della Liturgia è la diaconia della carità, con cui il diacono serve il popolo di Dio in nome di Cristo, manifestando la forza della missione della Chiesa: l’amore, che parla tutte le lingue del mondo! (Norme fondamentali, 37-38). Questa è la terza mensa che il diacono serve dopo le altre due, perché – come insegna Sant’Ignazio di Antiochia: «I diaconi non sono ministri di cibi e bevande, ma della Chiesa di Dio» (Lettera ai Tralliani, 2).
Concludo oggi con un aneddoto. La giovane mamma aveva portato a Messa, come ogni domenica, il suo piccolo Simone. Doveva essere una Messa tranquilla, ma proprio nel momento più importante (la consacrazione del vino), il bambino le dà una gomitata e le chiede: “Mamma, adesso il prete lava i piedi a tutti come Gesù nell’ultima cena?”. Dopo qualche istante di panico la mamma si riprende e gli sussurra: “Sì, Simone, ma più tardi; e ce li laverà Stefano, il nostro diacono».
Elisabetta Casadei
* Le catechesi liturgiche si tengono ogni domenica in Cattedrale alle 10.50