Il diabete, un male subdolo

    “Da ragazzo ero grasso e tutti mi emarginavano. Mangiavo, anzi, mi abbuffavo, non m’interessavano i chili di troppo. Divenuto adulto ne ho pagato le conseguenze; tempo fa, infatti, sono stato ricoverato per gravi problemi al cuore, perciò, non comportatevi come me”.
    Questo il breve appello di Bill Clinton, testimonial al Global Changin Diabetes Leadership Forum di New York. E se Clinton sta facendo la sua battaglia contro le cattive abitudini e uno stile di vita sbagliato, lo fa consapevolmente perché sa che, ogni 10 secondi, una persona muore per cause correlate al diabete, una sindrome che coinvolge 246 milioni di persone in tutto il pianeta. C’è anche da chiedersi perché, nonostante questa patologia sia valutata al pari di una vera e propria piaga globale, molte persone tendano a concederle poca attenzione, anche nel campo della prevenzione.

    E noi come possiamo difenderci da questa temibile malattia, quali sono i controlli e soprattutto cosa dobbiamo evitare?
    “Data la vastità del problema possiamo considerare il diabete una malattia sociale – spiega il dottor Giorgio Ballardini, Direttore di Medicina 2 all’Infermi – basti pensare che paesi industrializzati come l’Italia, spendono circa il 3% del loro prodotto interno lordo in questa patologia, nelle sue complicanze e in tutto ciò che vi gravita attorno. In Italia abbiamo circa 3 milioni di diabetici e purtroppo molte altre sono le persone malate che non sanno di esserlo”.
    Perché?
    “Il diabete oltre essere una malattia insidiosa, è anche molto subdola. Talvolta la diagnosi arriva dopo diversi anni dal suo esordio, quando cioè cominciano a manifestarsi le sue complicanze che possono colpire l’apparato cardiovascolare (grandi vasi e cuore-rischio infarto), l’occhio (retinopatia), gli arti inferiori e il piede (ischemia, piede diabetico) e i reni (nefropatia diabetica). In realtà non ci sono organi specificamente colpiti: la malattia attacca l’intero organismo”.

    Regole a tavola


    Conta molto seguire certe regole alimentari?

    “Il diabete è frutto della civiltà dell’abbondanza e del male che sappiamo fare a noi stessi, dimenticando troppo spesso che il nostro corpo ha precise esigenze di moto e corretta alimentazione. Questa affermazione è supportata da studi e indagini approfondite e da dati ’storici’. Alla fine dell’ultimo periodo bellico e nel dopoguerra, essendovi scarsità di viveri, il diabete di tipo 2, cioè quello legato al sovrappeso, era praticamente quasi scomparso. Eppure prevenire il diabete non è in teoria difficile, occorre solo seguire delle giuste regole di vita. Un pilastro fondamentale è affidato alla gestione di una corretta e sana alimentazione, con meno calorie, povera in grassi, ricca di frutta e verdura, centellinando carboidrati e dolci”.
    Quindi le persone obese, compresi i bambini, hanno maggiori possibilità di diventare diabetici?
    “Sì, le persone sovrappeso e quelle con una familiarità, per il diabete, in particolare con genitori diabetici, sono predisposte a sviluppare questa malattia. Vorrei ricordare che al di sopra dei 65 anni oltre il 10% della popolazione è malata di diabete”.
    Quindi?
    “Il paziente diabetico rischia molto se non modifica le sue abitudini alimentari, se non riduce la propria sedentarietà, se non smette di fumare, se non controlla la pressione. È noto che il malato diabetico ha un rischio cardiovascolare superiore di 2-4 volte rispetto al soggetto sano che aumenta moltissimo se al diabete si aggiungono altri fattori di rischio”.
    Quanto è importante il problema a Rimini?
    “Uno studio compiuto sulla popolazione riminese offre alcuni dati importanti: su 290.029 abitanti, i diabetici censiti equivalgono a 9860 (5-6%). Sul territorio sono presenti due attività ambulatoriali, a Rimini e a Riccione, con apertura settimanale di 83 ore complessive. Ogni settimana è disponibile un’ora di attività medica ogni 119 pazienti. La quota menzionata del 5-6% non comprende però quel 2-3% di persone che statisticamente ha il diabete ma non sa di averlo (quota determinata a Rimini nel corso di uno studio epidemiologico); la quota complessiva sale paurosamente e raggiunge almeno l’8% sull’intero della popolazione”.
    Come si può fare per tenere sott’occhio il diabete e come, quando, perché occorre controllare la glicemia?
    “La misurazione della glicemia si effettua con un semplice prelievo. Il valore della glicemia a digiuno viene considerato normale se inferiore a 110, dubbio fra 110 e 126. Il paziente che sa di essere diabetico, oltre a controllare la glicemia, deve effettuare controlli periodici dell’emoglobina glicosilata, che riflette l’andamento della glicemia dell’ultimo mese. Con questo esame abbiamo sotto mano un percorso glicemico del paziente lungo 30 giorni, che si rivela utile per controllare nel tempo gli effetti di una cura. Il paziente con valori dubbi, può fare anche la curva glicemica da carico”.

    Malato primo esperto


    Lei consiglierebbe un chek-up verso i 40 anni?
    “Il periodo fra i 40 e i 50 anni è quello in cui cambia il profilo di rischio. Nel caso in cui siano presenti fattori di rischio(sovrappeso, familiarità, ipertensione, fumo, ecc) è opportuno che il medico prescriva accertamenti. Inoltre il diabete non dipende solo dal medico. È una malattia che responsabilizza: è il paziente a decidere; tocca a lui modificare giorno per giorno le sue abitudini. Se medico, dietista, infermieri forniscono informazioni, consigli e rafforzano la motivazione, la responsabilità della gestione della salute ricade sul paziente che diviene il massimo esperto del suo diabete. Per noi occorre mettere sempre in primo piano la storia personale, il vissuto del paziente e, oggi più che mai, il ruolo del medico non è più solo quello di scrivere una ricetta, ma diventa quello di accompagnare la persona con diabete nella gestione della malattia”.
    Occorre sviluppare, dunque, nel più breve tempo possibile, una politica sanitaria e informativa che possa frenare la tendenza al rialzo di questa malattia. Per fare questo come dovremo riorganizzare la cultura sociale, visto che spesso è il nucleo familiare il primo e maggiore responsabile dell’esordio della patologia, dovuta soprattutto agli eccessi di cibo?
    “Occorre urgentemente coinvolgere e responsabilizzare i genitori, anche nelle cose più banali, ad esempio, la mancata colazione, il tipo di merenda da fornire ai figli. Prima che questi escano da casa per andare a scuola, basterebbe allungar loro un frutto, uno yogurt. Rischierò di essere poco originale, ma le famigerate merendine super farcite, o l’hamburger intriso di grasso, sono vere e propria bombe ipercaloriche, che i ragazzi ingoiano bevendo bibite dolci, imboccando così la strada che porta al diabete”.

    Occhio a cibo e moto


    Perché fa bene fare attività fisica?

    “La persona che si applica con regolarità e costanza ad un programma di attività motoria ottiene vari ed importanti benefici: migliora il metabolismo dei grassi e degli zuccheri, riduce l’obesità diminuendo la percentuale di grasso corporeo a vantaggio delle masse muscolari; migliora la capacità respiratoria e l’ossigenazione dei tessuti. Il moto cambia radicalmente il modo di lavorare delle cellule dell’organismo. Dobbiamo però tenere presente che per attività fisica non s’intende, banalmente, stare in movimento. Non c’è beneficio reale nel passeggiare guardando le vetrine. L’attività fisica va pianificata e programmata, e deve comportare un minimo sforzo.
    Ne trarremo un beneficio oltre che fisico anche psicologico, guadagneremo fiducia nelle nostre capacità e autostima”.

    Laura Prelati