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Il comandante, la cicogna e l’Italia

Ogni città italiana che si rispetti ha la sua statua in bella mostra. Anche la “città ideale” di Silvio Soldini (è una e tante città italiane, senza precisa identità) del suo nuovo film Il comandante e la cicogna ha i suoi monumenti, da Garibaldi a Verdi, da Colombo a Leopardi, passando per il fantomatico commendator Cazzaniga dall’animo secessionista. I monumenti qui “pensano” e il pubblico ascolta, divertito, le riflessioni sulla “povera Italia” del celebre condottiero, del grande musicista, del coraggioso navigatore, del malinconico poeta, fino alle farneticazioni del delirante commendatore, specchio dell’Italia che non ci piace.
L’idea che funge da “collante” alla trama è anche lo sguardo sulle vicende dell’idraulico Leo (Valerio Mastandrea), vedovo che affronta ogni notte le sue brave conversazioni con il fantasma della moglie defunta (Claudia Gerini) e deve vedersela con i due figli a carico e i problemi legati al carattere introverso del figlio secchione e alla “verve” della più grande che deve superare anche un profondo trauma legato alla rete web; dell’artista Diana (Alba Rohrwacher), alla disperata ricerca di soldi per pagare l’affitto richiesto dal bizzarro proprietario Amanzio (Giuseppe Battiston); e dell’avvocato Malaffanno (Luca Zingaretti) che coinvolge Leo e Diana (i due non si conoscono all’inizio) in un affare poco limpido.
L’Italia che non vorremmo e quella che invece vorremo vedere, l’Italia del “malaffare” e quella della voglia di essere protagonisti. Risate, amarezze, tocchi di poesia e di surreale ed una cicogna che insinua tocchi romantici e “naturali”: il nuovo Soldini funzione, attrae e diverte, grazie al cast funzionalissimo e all’atmosfera ora più favolistica, ora più terrena, il tutto “dipinto” dalle musiche della Banda Osiris.

Il Cinecittà di Paolo Pagliarani