Home Vita della chiesa Il caro estinto: la morte e i suoi riti

Il caro estinto: la morte e i suoi riti

È SUCCESSO in passato, e succede ancora oggi, che al Cristianesimo venga di fatto richiesto di gestire quello che comunemente si considera il bisogno religioso. In altre parole, si chiede ai riti cristiani di farsi carico del bisogno religioso che appartiene ad ogni società, e accompagna i momenti simbolici fondamentali della vita, quali la nascita, il matrimonio, la morte. Ma qualcosa sta cambiando.
L’abbiamo chiesto a mons. Adriano Caprioli, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla e delegato della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna per la Liturgia.

Mons. Adriano, sta veramente cambiando qualcosa nell’approccio alla morte e ai suoi riti? Quale il problema?
“Vorrei partire da alcuni dati. A Bologna hanno sede la redazione di Oltre magazine rivista molto diffusa fra gli operatori e le agenzie di pompe funebri e su cui appaiono interventi sulla cremazione, e l’Association Significant Cemeteries in Europe (Asce) per la valorizzazione dei cimiteri come beni culturali. Sempre a Bologna si svolge, ogni due anni, Tanexpo, cioè l’esposizione internazionale di tutto quanto concerne l’arredo funerario, l’arte cimiteriale, il trasporto delle salme, i funerali, la cremazione…
Su internet vi sono siti ove si può far conoscere il proprio “caro estinto” a visitatori occasionali, oppure indirizzare ai morti messaggi e poesie, filmati e fotografie. Recentemente il presidente della So.Crem. (Società per la Cremazione, con 3 sedi nella nostra Regione: Ferrara, Parma, Reggio Emilia) ha anche rilanciato l’idea di un proprio “cerimoniere” a dirigere il rito funebre in caso di cremazione.
In Regione sta emergendo la richiesta da parte della Comunità Musulmana di avere luoghi per le cerimonie religiose e cimiteri solo per loro. C’è poi l’annoso problema dei rapporti con le agenzie di onoranze funebri, alle quali quasi tutti i congiunti delegano ogni incombenza riguardante l’organizzazione del funerale del proprio estinto. A ciò si aggiunga il fatto che molti Comuni ormai danno in appalto la gestione dei servizi cimiteriali, per cui entrano in circolo anche i problemi sindacali sulle ore di lavoro e le tariffe. Tutto si riflette sulle decisioni degli orari dei funerali e sul numero dei funerali per ogni giorno”.

Questi dati indicherebbero un approccio culturalmente diverso, debole…
“Vorrei riprendere quanto disse nel 2004 il cardinal Ruini: “Di fronte alla morte l’uomo d’oggi si trova, dunque, da un punto di vista culturale, particolarmente indifeso e senza risposte: è portato quindi a fuggire davanti a lei, escludendola dall’orizzonte dei suoi pensieri, come già l’organizzazione sociale la mette al margine delle sue esperienze concrete”. Inoltre, la prassi cui ho accennato sta determinando un cambio di mentalità, come appare dalla legislazione statale (Legge n. 130 del 30 marzo 2001 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri”) e regionale (Legge n. 19 del 29 luglio 2004 “Disciplina in materia funeraria e di polizia mortuaria”). Queste leggi, poi, sono i punti di riferimento per l’elaborazione dei Regolamenti di polizia mortuaria dei singoli Comuni. Dalla lettura delle leggi si coglie come ormai la morte venga considerata prevalentemente un fatto biologico e una questione privata”.

Una società che privatizza la morte, quindi. E la Chiesa? Come dovrebbe porsi in questo nuovo clima culturale?
“Mi pare che molti operatori pastorali non si siano accorti dei profondi mutamenti che stanno avvenendo a livello culturale e che determinano la creazione di una certa mentalità. Ne è prova il fatto che un certo numero di persone che frequentano abitualmente la parrocchia non vedono nulla di male nel fatto che, dopo la cremazione, le ceneri possano essere disperse oppure custodite in casa o nel proprio giardino.
Eppure non mancano orientamenti in materia. Dal novembre 2007 è stato pubblicato a cura della Commissione Episcopale per la liturgia in Italia il sussidio pastorale “Proclamiamo la tua risurrezione” per indirizzare e aiutare le nostre comunità a porsi oggi davanti alla pastorale dei funerali. La nostra stessa Conferenza Episcopale Regionale, dal luglio 2007, ha trattato delle “esequie cristiane” negli Orientamenti liturgico-pastorali, richiamando il significato cristiano della liturgia funebre e dando alcuni orientamenti pastorali in materia, anche nel caso di celebrazione in presenza delle ceneri (vedi L’Eucaristia e la liturgia culmine e fonte della evangelizzazione, nn. 85-93). Siamo in attesa, a questo proposito, anche del nuovo Rito delle Esequie, che aggiorna quello edito nel 1974”.

Gli orientamenti, dunque, ci sono… ma la prassi pastorale?
“Mi pare proprio che manchi un’azione pastorale conseguente. In particolare nella coscienza di coloro che si rivolgono alla Chiesa per il servizio funebre, richiesta ancora diffusa anche presso quelli che non frequentano la Chiesa. Si tratta del venire meno della visione cristiana della morte, accentuata dal contesto di pluralismo religioso e dalle diversità culturali di comportamenti nei riguardi del morire, della sepoltura e del lutto”.

La Commissione Liturgica Regionale – che lei presiede – ha ritenuto opportuno pensare a un Convegno. Perché un Convegno?
“La proposta di Convegno è stata fatta nella riunione del 28 settembre 2008 ai Vescovi della Regione, che coralmente hanno dato il loro assenso e sostegno. È rivolto a sacerdoti e diaconi, a chi opera nell’ambito della pastorale sanitaria, a chi cura la formazione permanente del clero, dei religiosi e delle religiose, dei diaconi permanenti e dei vari ministri.
Il convegno avrà luogo ad Imola nei giorni 1-2 giugno 2009 (presso il Seminario in via Montericco, 5/A)e non mancherà di affrontare il problema nei suoi aspetti a partire da tre relazioni: una antropologico-culturale riguardante i mutamenti culturali in atto, supportata anche da dati inerenti la cremazione e dispersione delle ceneri, e relativa legislazione vigente; una teologica sulla visione della morte nella fede cristiana, rivisitando le verità dimenticate della speranza cristiana; e una liturgico-pastorale, riguardante le diverse tipologie di celebrazioni, i ministeri e le figure di accompagnamento”.

Un Convegno solo per ascoltare?
“Non solo. Alle relazioni potrà seguire ampia possibilità di intervento da parte dei presenti. In questo contesto di confronto sarà più facile, dopo il Convegno, a livello diocesano, approfondire la riflessione per affrontare i problemi concreti suscitati dai cambiamenti culturali e legislativi. L’intento così è quello di raccogliere riflessioni, suggerimenti, proposte del Convegno da consegnare ai Vescovi e alle rispettive Chiese particolari per un’azione pastorale condivisa ed efficace”.