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Ieri e oggi, la santità non ha tempo

I valori evangelici vincono l’usura del tempo e superano le mode delle stagioni, orientano nel cammino della vita e danno senso pieno all’esistenza. Amato nasce quando muore San Francesco e del santo di Assisi incarna la spiritualità e la tensione mistica nella sua vita contadina a Saludecio, con una profondità e luminosità da essere ancora oggi faro e modello di vita cristiana.
Francesco inizia il suo cammino di conversione, che lo porterà alle più alte vette della santità, dopo lo sguardo al crocifisso di San Damiano e l’abbraccio al lebbroso; Amato sale i gradini che lo portano all’incontro con il Signore attraverso la preghiera, il lavoro e la carità. È una preghiera che lo alimenta interiormente e gli dà forza anche fisicamente, tanto che può fare molti digiuni e penitenze, e così, mentre i buoi riposano e i suoi compagni di lavoro mangiano, lui nel bosco prega così intensamente che il suo corpo si eleva da terra, mostrando dov’è la sorgente che lo disseta e indicando il traguardo verso il quale è incamminato.
Amato non vive la sua santità dentro le mura di un convento, ma nella dura occupazione dei campi, incarnando il senso vero del lavoro: custodire e coltivare la terra ricevuta in dono dal Creatore e porsi al servizio degli altri con la fatica e il sudore della fronte. Il podere ricevuto in eredità dopo la divisione della proprietà paterna, viene lavorato da Amato per sfamare i poveri e i pellegrini che accoglie in casa sua, ma siccome i raccolti non sono sufficienti, va a giornata per comprare alimenti e dare qualche offerta agli ospiti: come Francesco da commerciante si fa povero, così Amato da figlio di possidente diventa bracciante. La discriminante fra la teoria predicata e la scelta concreta della povertà è la condivisione dei propri beni e delle proprie capacità con i poveri.
Anche la casa sua e della sorella Chiara viene ampliata per accogliere i molti pellegrini che, per andare a Roma, prendevano la “Flaminia minor”, una scorciatoia che da Rimini passava a Coriano, Morciano e Saludecio. San Francesco aveva abbracciato il lebbroso, Sant’Amato ogni sera, dopo il lavoro nei campi, lava i piedi agli ospiti accolti e ne cura le ferite. Dà anche sepoltura, nel piccolo cimitero vicino alla casa, a coloro che non possono più proseguire il cammino su questa terra e stanno per iniziare l’ultimo viaggio verso il Signore, dopo essere stati preparati dal Santo e dalla sorella.
Per penitenza e per condividere la condizione di vita di coloro che accoglie, anche Amato si fa pellegrino e per quattro volte va a Santiago. A metà del quinto viaggio un angelo gli appare e lo invita a tornare a casa perché era in arrivo sorella morte.

Amato oggi
La vita di Sant’Amato è stimolante anche oggi.
Quando non comprendiamo l’importanza della preghiera, Amato mostra che essa è risposta di amore a Dio e sostegno nel servizio di carità verso gli altri.
In un tempo di crisi economica e di aumento della povertà, viene indicata la strada della condivisione e della solidarietà, con l’assicurazione che si può essere felici anche lontano dal consumismo e nella sobrietà.
Condividendo tutti i propri beni con i poveri, conferma che c’è più gioia nel dare che nel cercare di possedere. Donando la sua casa mentre è ancora in vita, da proprietario diventa inquilino e da possidente si trasforma in ospite, ma così dà continuità ad un’opera di assistenza che dura nei secoli.
Di fronte alla paura dello straniero e dell’immigrato, il Santo di Saludecio afferma con certezza che l’ospitalità e l’accoglienza fanno fare esperienza di Dio.
Mentre siamo alla ricerca di un corretto rapporto con la natura, la vita di lavoro del Santo contadino testimonia che è possibile coltivare la terra, custodirla con amore così profondo da far sgorgare sorgenti d’acqua per dissetare i buoi e da spostare nubi minacciose, obbligandole a scaricare la grandine in mare.
Amato è un contadino e non un poeta della natura, ma il suo rapporto con Dio e con la campagna è così intimo da trasformare il bosco in una cappella e il lavoro dei campi in una liturgia sacra di servizio agli altri.
Quando si è umili e si ha Dio nel cuore, la pace ha radici sicure e il frutto del perdono matura più facilmente, anche di fronte alle calunnie della cognata, all’avidità del fratello e alla derisione dei compaesani. Se nella vita quotidiana siamo portati ad aggrapparci a tutto, anche ad appigli poco sicuri, l’esperienza di viandante di Amato ricorda che sulla terra siamo ospiti e pellegrini di passaggio.
Preghiera, penitenza, povertà, condivisione, accoglienza, lavoro, rapporto con la creazione, pace, amore, perdono, pellegrinaggio: ecco ciò che fa di Amato un santo senza età e per tutte le stagioni.
Renzo Gradara

La celebrazione diocesana
Dopo la celebrazione a Roma e quella realizzata a Saludecio, è ora in programma anche un momento diocesano di ringraziamento e di preghiera. Domenica 14 alle 17.30 nella Basilica Cattedrale di Rimini il vescovo Francesco presiederà la solenne concelebrazione. La parrocchia di Saludecio sarà presente con la reliquia e il gonfalone di Sant’ Amato.