Ici e Chiesa, tanto chiasso per nulla

    Un assalto frontale. Una campagna anticattolica in piena regola. A livello nazionale e con (qualche) ricaduta locale. Titoli roboanti, ”La santa evasione”, sottotitoli piccanti. Peccato che i fustigatori di carta in questione siano tutti in contropiede. La Chiesa cattolica non vive di agevolazioni ed esenzioni, a Rimini paga per gli immobili che lo richiedono il dovuto, e sono cifre non irrisorie. Solo gli enti ecclesiastici (Diocesi e Istituto per il sostentamento per il clero) versano alle casse di 26 comuni della Provincia oltre 300mila euro. Altro che evasore fiscale! Senza tenere conto di quanto corrispondono – giustamente – parrocchie, associazioni e organizzazioni del mondo cattolico. Nel 2010 l’Ici versata dalle parrocchie ammonta a 53.680 euro; all’elenco ne mancano 15, semplicemente perché provvedono da sole alla dichiarazione Ici.
    Eppure il teorema da quattro anni è sempre lo stesso: la Chiesa non paga l’Ici. Da quattro anni, numeri alla mano, la Chiesa ripete dai tetti e agli angoli delle strade la stessa risposta: la Chiesa paga l’Ici su tutti gli immobili di sua proprietà che danno reddito, a cominciare dagli appartamenti di una parrocchia per finire al palazzo Macanno, quello che nella via omonima ospita l’Agenzia delle Entrate. Per tale immobile, ad esempio, “Diocesi di Rimini e Istituto per il sostentamento per il clero nel 2010 hanno versato 10mila euro a testa” spiega il direttore dell’Istituto Maurizio Casadei.
    Ma quali imbarazzati silenzi, quali smentite mai arrivate. Che c’è da smentire quando è tutto nero su bianco? Basterebbe appunto fare due passi, fino a via Macanno, entrare all’Agenzia delle Entrate e farsi dare le cifre prima di suscitare tanto chiasso per nulla.
    Antonio Gamberini, da assessore al Bilancio del Comune di Rimini, accarezzato dal sospetto, autorizzò una verifica sui beni della Chiesa cattolica a Rimini. Risultato: tutto regolare. Gli evasori in riviera ci sono, ma forse vanno cercati da altre parti. “L’ammontare dell’Ici per l’ente Diocesi di Rimini nel 2010 è stato di 95.897 euro – spiega l’economo diocesano don Danilo Manduchi – , regolarmente versati all’erario. L’esenzione viene attribuita in determinati immobili in cui viene esercitata una funzione di tipo sociale, che è un aiuto anche allo Stato. E questo non vale solo per la Chiesa cattolica ma anche per tante associazioni laiche non profit. Noi cattolici lo facciamo perché l’amore che Dio ci riserva, lo riversiamo sul nostro prossimo come su noi stessi; chi non ha fede in Dio lo fa per un motivo umanitario, ma si tratta sempre di un atto di solidarietà sociale. Aiuti che tornano in utilità allo Stato che se ci mette 1 riceve 10”.
    <+cors>“Quel che è giusto è giusto. Chiesa e Ici, per Rimini deve pagare”<+testo> ha titolato roboante un quotidiano locale. Con grande faccia tosta, peraltro, perché già nelle pagine interne i toni utilizzati erano di ben altra intensità, anzi nessuno degli intervistati ha adombrato sospetti o rinserrato le fila della laica cantonata. Perché allora sparare a casaccio fin dalla prima pagina su un tema da trattare in maniera ben più giornalistica?
    Nel tritacarne ci finiscono tutti, indistintamente: il Seminario diocesano e l’agenzia di viaggi Ariminum. Il turismo religioso paga tutte le tasse dovute alla sua attività. Il seminario intitolato a don Oreste Benzi non paga l’imposta sugli immobili? Che un collegio di seminaristi o giovani preti che studiano e pregano, collegio che non produce reddito alcuno ma ha soltanto dei costi, debba pagare l’Ici è una palese sciocchezza. Nessun istituto d’istruzione la paga. E il seminario è un ente non commerciale nel cui immobile si svolge una attività non commerciale ma istituzionale legata al culto, alla religione ed alla formazione del clero ed è quindi esente. Quando poi il Seminario di Rimini esercita il diritto di proprietà sull’immobile che ospita la libreria Pagina e altri negozi a Rimini (cioè fa un’attività commerciale e non di rilevanza sociale) versa la sua quota all’erario: 32.240 euro nel 2010.
    La campagna infamante del sospetto però prosegue. Anzi dilaga. Eppure la legge italiana parla chiaro: sono esenti dall’imposta tutti gli enti non commerciali (non solo quelli cattolici, dunque) che svolgono alcune specifiche e definite attività di rilevanza sociale, cioè quelli “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto”.
    Eliminare l’esenzione al mondo non profit produrrebbe effetti devastanti. Metterebbe in ginocchio enti laicissimi e ong, realtà culturali ed enti di promozione sportiva. Un massacro. Che costerebbe un cifra inaudita a Comune e Provincia di Rimini (pensate solo alle scuole paritarie), e allo Stato, costretto ad intervenire laddove la Chiesa e gli altri soggetti dovessero retrocedere nel loro pubblico intervento.
    Paolo Guiducci