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Guerra senza fine

GAZA. L’attacco di Hamas fa riesplodere il conflitto tra Israele e Palestina. Tra angoscia e incertezze, le testimonianze dei palestinesi a Rimini

Un’altra guerra, il solito orrore. Questa la spietata e drammatica sintesi di ciò che sta accadendo in questi giorni sulla Striscia di Gaza. Le immagini (figlie di un giornalismo fin troppo addentro ai fatti di cronaca) dell’attacco di Hamas, della reazione militare di Israele e, soprattutto, delle vittime civili si diffondono in modo capillare nelle case di tutti noi, mostrandoci l’atrocità dell’ennesimo conflitto in un mondo sempre più in bilico, sempre più dominato dalle logiche dell’odio e del sangue. Un conflitto che di certo non nasce oggi, ma che affonda le radici in trascorsi storici, geopolitici e religiosi lunghi almeno un secolo. Un conflitto, quello tra israeliani e palestinesi, che non può ridursi allo sterile dibattito di chi siano i ‘buoni’ e i ‘cattivi’ (sempre che in guerra questi termini abbiano senso), ma che per la modalità con la quale è riesploso in questi giorni non può che suscitare un pensiero: l’attacco di Hamas, per la sua crudeltà estrema, rivolta ai civili, in particolare giovani, donne e anche bambini, di certo non aiuta la causa palestinese, che storicamente non manca di rivendicazioni legittime. Un attacco di questo tipo, in sostanza, rischia di far saltare qualsiasi schema, portando all’esplosione di un conflitto totale non tra eserciti, ma tra popoli, in un’escalation che vede al centro solo pura e “semplice” violenza.

“Decenni di impegno spazzati via in un giorno”

Per tali motivi l’angoscia di questi giorni è ancora più forte. E che noi, di certo, non possiamo comprendere. È quella raccontata da Maria (nome di fantasia), che da tempo ospita sul territorio riminese due palestinesi che, al momento, hanno alcuni familiari nelle zone dei bombardamenti a tappeto dell’esercito israeliano.

Sono giorni caratterizzati dall’angoscia e dall’orrore, che prosciugano ogni energia. – le sue parole – Tutta la famiglia, e si tratta di una famiglia numerosa (compresa una persona che è allettata e non può muoversi) è costretta a evacuare, ma gli stessi spostamenti sono drammatici, perché non ci sono luoghi davvero sicuri. La paura e l’incertezza, quindi, sono dominanti. Sentimenti che, va sottolineato, si uniscono anche a una certa rabbia nei confronti dell’Europa e dell’Occidente in senso ampio”. Per quale motivo? “ Per il modo in cui si sta reagendo a tutto questo, per come si commenta e si racconta l’orrore a cui assistiamo, accettando cose che di norma non si accetterebbero mai. Pesa, in questo senso, la narrazione di una guerra come se ci fosse la stessa ferocia da una parte e dall’altra, quando si tratta di uno scenario che non può ammettere un’equidistanza totale. Siamo di fronte a un clima da punizione collettiva che non è possibile accettare”.

Una situazione già estremamente delicata, che le modalità dell’attacco di Hamas non possono che peggiorare ancora di più. “ Si tratta di un orrore che rischia di spazzare via decenni di lavoro da parte dei palestinesi a diffondere un’educazione finalizzata al disinnescare i conflitti, piuttosto che accentuarli”.

In che senso? “ Nel corso degli anni, nel silenzio completo, sono avvenute tantissime crudeltà nei confronti dei palestinesi, che non possiamo nemmeno immaginare. continua Maria – Solo per citare alcune testimonianze che conosco personalmente, riporto l’occasione in cui l’esercito israeliano è entrato nella Striscia di Gaza e ha distrutto un asilo che era gestito assieme ad EducAid (Ong riminese impegnata da circa 20 anni in quelle aree, ndr). In quell’occasione,

gli operatori hanno raccontato ai bambini che in quei giorni si sarebbe tenuta la settimana delle visite, avendo così la scusa per portarli a visitare altri asili e, in questo modo, impedire loro di vedere la distruzione del proprio. Lo scopo era quello di evitare che fin dalla tenera età si formasse nelle menti dei bambini non solo l’idea del pericolo e della distruzione, ma soprattutto che questa fosse associata agli israeliani. Ed è solo un esempio di come nel corso degli anni i palestinesi abbiano portato avanti un lavoro di cura a livello educativo, per non trasmettere alle nuove generazioni un sentimento che possa evolversi in odio indiscriminato verso il popolo israeliano. Non solo. Tutti i miei conoscenti palestinesi ricordano e raccontano delle incursioni della polizia israeliana in casa quando erano bambini, che li ha portati ad assistere a episodi di violenza nei confronti di padri e madri. Una testimonianza, in particolare, è emblematica di questa situazione e mi è pervenuta direttamente da un conoscente palestinese che l’ha vissuta: quando era ancora bambino, la polizia israeliana ha fatto irruzione in casa e sua madre lo ha chiuso dentro un armadio affinché non assistesse alla scena. Dopo l’episodio, la madre gli ha raccontato una storia completamente diversa, al fine di non farlo crescere con l’odio indiscriminato nei confronti del popolo israeliano. E, ripeto, si tratta di un approccio che è sempre andato in questa direzione, ossia quella di disinnescare il conflitto”.

Ed è per questo che l’attacco di Hamas è ancora più grave, perché con la sua crudeltà estrema rischia di azzerare, in poche ore, decenni di impegno in tal senso, portando invece allo scoppio di una violenza indiscriminata che rischia, nel prossimo futuro, un’escalation totale. In cui a perdere saranno sempre, e comunque, i civili innocenti.