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Cos’è questo vento di pazzia?

L’azione dell’esercito israeliano in risposta all’attacco di Hamas, che era a sua volta risposta ad un attacco, che era risposta ad un attacco… Per quanto potrebbe continuare questa nenia di contrapposizione di colpe? Hanno ragione gli amici di Neve Shalom, il villaggio cooperativo abitato da arabi palestinesi ed ebrei israeliani, che hanno scritto in una lettera: “Rimaniamo fermi nella nostra convinzione che la strada che abbiamo scelto sia l’unica via verso la sanità mentale e la pace. Non c’è vera soluzione senza una vera pace. Non ci sono scorciatoie, non possiamo vivere in tranquillità e sicurezza senza riconoscere i pieni diritti di ogni singolo essere umano palestinese, israeliano, ebreo, arabo…”. Anche il Papa, profeta inascoltato, ci invita a rispondere alla forza diabolica dell’odio, del terrorismo e delle guerra con la forza mite e santa della preghiera. Ma quel che sta accadendo in quella terra, ancor più che la drammatica situazione dell’Ucraina, in un batter di ciglia, ha cancellato il lavoro paziente per anni di una folla di uomini di buona volontà. È come se per un attimo fosse stata spazzata via la speranza.

Mi è venuto in soccorso in questi giorni un brano di Giovannino Guareschi, citato da Vita e tratto da Tutto don Camillo. Mondo piccolo.

«Don Camillo spalancò le braccia [rivolto al crocifi sso]: “Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”. “Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe

stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”. “No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l’autodistruzione di cui parlavo. L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L’unica vera ricchezza che in migliaia di secoli aveva accumulato. Un giorno non lontano si troverà come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne […] Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”. Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà.

Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme”».

Davvero bisogna salvare il seme che ci rende umani: il rispetto della vita, che è sacra. Disumanizzare l’avversario e volerne la morte ci porta verso il baratro. La prima cosa che dobbiamo sminare sono i cuori.