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Fuga dai licei

Se gli scolari dicono di sentire un’eccessiva pressione da parte degli insegnanti qualcosa non funziona, dal momento che l’aula non dovrebbe essere percepita come un campo di gara in cui vince il più forte, bensì come un luogo dove si realizzano imprese conoscitive da compiere nella fiducia reciproca”. Ad affermarlo è lo scrittore romano Eraldo Affinati, fondatore con la moglie della scuola Penny Wirton per l’insegnamento gratuito della lingua italiana agli immigrati, commentando l’allarme ‘fuga dai licei’ che coinvolge anzitutto il blasonato classico Berchet di Milano ma anche altri licei di Bologna e Genova. I ragazzi, insomma, cambiano scuola ad anno in corso. Al Berchet addirittura 507 studenti (sul totale di 906) hanno inviato una lettera-petizione a docenti e preside, denunciando ‘malessere psicologico’ causato da ‘approcci inadeguati e metodi oppressivi’. “Oggi – sostiene Affinati – tendiamo a rimuovere il fallimento: alla prima difficoltà desistiamo, mentre in realtà l’adolescenza dovrebbe essere per sua natura la stagione in cui ci mettiamo alla prova. Non bisognerebbe drammatizzare l’esito negativo”. In ogni caso, “nel momento in cui assegniamo la medaglia al vincitore, ci dobbiamo chiedere cosa ne faremo di tutti gli altri che non sono riusciti a conquistarla”.

Assistiamo ad un aumento esponenziale di diagnosi di fobia scolare” per la quale gli adolescenti mettono inconsapevolmente in campo “una vera e propria rinuncia sociale”, aggiunge Mara Bruno, responsabile con Michela De Luca dell’Area età evolutiva dell’Itci (Istituto di terapia cognitivo interpersonale) di Roma. “Dagli errori si impara; oggi, invece, ottenere un giudizio negativo a scuola è percepito dagli studenti come un fallimento completo della propria persona”. Per molti genitori, poi, “avere figli brillanti – aggiunge – è una priorità”, ma “i figli devono sentirsi amati anche e soprattutto quando compiono azioni imperfette, come il prendere un brutto voto”. Di qui l’indicazione ai genitori di essere per i figli una guida ‘affettiva ed educante’ e di insegnare loro ‘il valore dell’impegno, piuttosto che soffermarsi sul voto’.

Giovanna Pasqualin Traversa