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Fisc e tagli all’editoria

La cancellazione del diritto soggettivo metterà in forse i finanziamenti ai settimanali delle diocesi italiane? È di martedì 16 febbraio scorso l’audizione della Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Fisc) presso la VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame dello schema di decreto del Presidente della Repubblica recante misure di semplificazione e riordino della disciplina di erogazione dei contributi all’editoria (atto n. 183). A rappresentare le 186 testate diocesane d’Italia, per circa un milione di copie settimanali e quasi 1.000 dipendenti tra giornalisti e altri operatori grafici, c’erano il presidente Fisc don Giorgio Zucchelli, Walter Matten di Belluno, coordinatore del Comitato tecnico Fisc, e Sergio Criveller di Treviso.
Nel regolamento in discussione qualcosa di positivo c’è: introduce norme che mirano a tutelare, per quanto possibile, i giornali che effettivamente vengono letti. Ma sfortunatamente, e non a caso aggiungiamo, l’art. 21 prevede che “i contributi e le provvidenze spettano nel limite dello stanziamento iscritto sul pertinente capitolo del Bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri procedendo ove necessario, al riparto proporzionale dei contributi tra gli aventi diritto.” In parole povere, il riparto proporzionale cancella il diritto soggettivo cioè la certezza di ricevere i contributi.
Il ripristino del diritto soggettivo è indispensabile per garantire una corretta gestione delle nostre piccole aziende editoriali. Senza di esso, infatti, si rende incerto l’ammontare dei contributi. Questo è il punto dolente e in Commissione Cultura la Fisc ha trovato l’interesse e un costruttivo dialogo, sia con i rappresentanti della maggioranza che con quelli della minoranza.
Con l’introduzione dei contributi diretti previsti dalla legge 416/81 e poi dalla legge 250/90, molte delle nostre testate hanno tratto linfa vitale per il potenziamento professionale e occupazionale, migliorando anche il prodotto offerto ai lettori. Ma bisogna anche dire che tali contributi non hanno mai costituito la fonte primaria di copertura dei costi.

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