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Il fascino di due vite donate

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Più un evento è raro e più si attende con trepidazione e ancor più si vive con gioia.
Ormai nelle nostre Chiese particolari le ordinazioni presbiterali si vanno facendo rade, ma, grazie a Dio, a Rimini possiamo ancora gioire di questo evento: oggi, 25 settembre, Eugenio e Filippo diventano preti.
Ho incontrato i due ordinandi nella parrocchia del Crocifisso, dove Eugenio ha svolto il suo servizio diaconale.
Folta e incolta barba Filippo, pizzetto appena accennato Eugenio. Entrambi molto sereni e contenti, pur nella tensione di un evento che segnerà definitivamente e indelebilmente la loro vita.

Ho conosciuto Filippo quando, da Faenza, è giunto a Sant’Andrea in Besanigo otto anni fa.
“Ero appena rientrato dal Perù – racconta – dopo un’esperienza missionaria di tre mesi. Mi è stata chiesta la disponibilità a dare inizio all’oratorio Don Bosco in quella parrocchia, e io ho accettato volentieri, anzi, sono rientrato dal Perù con un mese di anticipo sul programma proprio per dedicarmi a questa nuova missione”.

Raccontaci qualcosa di questa tua esperienza in Perù: perché ci sei andato, cosa facevi laggiù, cosa ha maturato in te?
“Avevo 19 anni e avevo appena concluso l’esame di maturità. In oratorio si viveva continuamente la tensione alla missione, con le attività in loco e con la prospettiva di una esperienza missionaria con don Alessandro, il sacerdote ispiratore dell’esperienza di Oratorio. L’esperienza missionaria non doveva essere un turismo missionario, per questo si richiedeva, a chi partiva, che mettesse in conto un soggiorno di quattro mesi. Io sono tornato un mese prima, proprio per dare vita all’esperienza di Sant’Andrea.
In Perù eravamo dislocati in un piccolo villaggio, dove si stava dando inizio alla stazione missionaria. Il mio compito era principalmente quello di raccogliere e organizzare qualche attività coi bambini … Sono stati loro che mi hanno insegnato a parlare lo spagnolo. Ci si capiva con qualche parola strapazzata, coi gesti e col gioco. Sono stati loro che hanno rafforzato la mia vocazione di educatore”.

E la vocazione alla vita consacrata?
“Quella è nata più o meno di pari passo con l’impegno educativo. Già a 16 anni mi chiedevo come spendere radicalmente la mia vita, eventualmente anche con una vita di prete. Ho avuto una brava educatrice che mi ha detto: Non preoccuparti, se quella è la tua strada ci sarà qualcuno che te lo farà capire. E così è stato. Il sacerdote missionario mi ha molto aiutato, accompagnandomi in modo concreto nella ricerca e nella scelta”.

La vita di Eugenio invece è tutta italiana. Più grande di Filippo di 9 anni, viene da una esperienza lavorativa che ha segnato positivamente la sua giovinezza.
“Più di una esperienza lavorativa … L’ultima, comunque, la più significativa, rispondeva anche alla mia formazione in Economia aziendale e in Sistemi informativi. Il lavoro per me è stato una grande grazia perché mi ha aiutato a entrare in contatto con la vita della maggior parte della gente, coi problemi di tutti i giorni, col bisogno e la garanzia di una autonomia economica … Insomma, il lavoro mi dava piena soddisfazione e appagamento”.

E allora cosa è successo per cambiare così radicalmente la direzione della tua vita?
“Non si è trattato di un fulmine a ciel sereno, ma di una maturazione gestita per anni, uno dei quali passato al Punto Giovane a Riccione. Il Seminario poi, dove sono entrato nel 2009, pur limitandomi nella mia autonomia economica (non lavoravo più), mi ha però ulteriormente aiutato a realizzare la mia comunione col Signore. Attraverso un nuovo stile di vita, quello della convivenza, della preghiera e dello studio in Seminario, cercavo di capire il progetto di Dio su di me, la mia vocazione”.

E ci sei riuscito?
“Mi pare di sì. Il Signore mi dona una grande serenità su questo e credo sia un buon segno per la mia vocazione”.

Riprendo il dialogo con Filippo. Come mai hai scelto di rimanere a Rimini e non sei tornato a Faenza, nella tua Chiesa d’origine?
“Per lo stesso motivo per cui ero tornato in anticipo dal Perù: se il Signore mi aveva fatto incontrare ragazzi e giovani di questa terra, sentivo il bisogno di continuare in questa opera anche come prete. Inoltre avevo anche un dovere di gratitudine a questa Chiesa, poiché l’esperienza di educatore vissuta qui mi ha maturato spiritualmente e umanamente”.

Il 18 ottobre scorso sei diventato diacono, il primo atto di consacrazione totale a Dio e alla Chiesa. Come hai vissuto quest’anno e questo ministero diaconale?
“È stato un anno impegnativo e bello. L’ho vissuto part-time fra Sant’Aquilina (comunità di prima accoglienza di don Nevio) ed il Seminario regionale.
A Sant’Aquilina svolgevo il mio servizio con i ragazzi … ma la parola servizio non è appropriata: è stato più un vivere insieme, cercare di fare verità su di me tramite lo specchio della comunità e così accompagnare i ragazzi a fare altrettanto. Ciò prima di tutto nel mettermi a disposizione per quel poco che ho potuto e ho saputo fare, lavorando (nel concreto, con le mani) con i ragazzi che lì fanno un percorso. In quest’anno ho anche completato il mio itinerario di studi per giungere ora all’ordinazione presbiterale”.

E adesso che diventi prete come vedi il tuo futuro?
“Guardando a ritroso il cammino fatto, mi pare di scorgere anche oggi, nel nuovo stato ministeriale, le stesse motivazioni e le stesse spinte. Se l’impegno assunto negli anni scorsi era quello di accompagnare i ragazzi nell’incontro col Signore, tanto più lo sarà oggi, come prete: far incontrare il Signore e non la mia persona coi miei peccati”.

Anche da Eugenio mi faccio raccontare qualcosa sul tuo anno di diaconato trascorso a Sant’Andrea dell’Ausa.
“Ho avuto modo di vivere il mio diaconato assieme ai due diaconi permanenti del Crocifisso e di poter apprezzare le loro qualità e conoscere le loro famiglie. Poi è stato bello poter vivere anche la Messa stando ancora più vicino al Signore, scoprendo la ricchezza di questo sacramento (come il preparare le omelie, poter benedire le persone, battezzare, …). Una cosa che mi ha colpito molto è stato andare per le case durante le benedizioni pasquali, anche come occasione di Primo Annuncio: davvero ho incontrato tanta fede in molte persone, che spesso non vengono in parrocchia; i dialoghi avuti con loro mi hanno fatto sentire con forza la presenza di Dio anche negli angoli più nascosti del nostro territorio. Un mio caro amico diacono permanente, mi ha detto, il giorno dell’ordinazione diaconale: quando sarai prete, non dimenticarti che sei anche diacono!”.

È vero: il prete più del diacono deve servire il popolo di Dio, e il vescovo più del prete e il papa più dei vescovi. Sarà forse per questo che i preti si vanno diradando?
“Anch’io ho sentito dire che i preti sono una razza in estinzione. Rimane però vero che la vita donata, come quella del prete, esercita un certo fascino sui giovani. I giovani hanno bisogno di sentirsi accolti e vedere figure di preti generosi ed entusiasti … Per me è stato così. Dunque guardo al futuro con speranza, certo che il Signore non mi lascerà solo ad essere prete”.

E confidiamo con tutto il cuore che la Chiesa di Rimini non lascerà senza preti il suo popolo.

Egidio Brigliadori