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Fare senza faro

Il faro tacerà per sempre? I riminesi sono stati presi alla sprovvista, senza neanche il tempo di andare sulla palata con un registratore per catturarne il suono e riascoltarlo a casa all’ora di addormentarsi. Eppure era la cosa più prevedibile di questo mondo. Quale posto migliore di una nave per un navigatore? Quando ormai tutta la terra è in formato digitale su pc e smartphone, perché non dovrebbero esserlo anche i sette mari? Ci siamo fatti fotografare le nostre case senza accorgercene, visibili ovunque tramite l’ineffabile Google. E ci facciamo affascinare da impeccabili voci che dal navigatore ci spiegano il tragitto, a volte con espressioni che mai permetteremmo a un passeggero in carne e ossa, tipo “invertire la marcia e tornare indietro” se solo azzardiamo un’iniziativa personale. Fatto sta che neppure i marinai oggi hanno bisogno di stelle polari o fari. È il progresso signori, che tante agevolazioni ci porta a patto di lasciar perdere il romanticismo. Ha senso auspicare l’intervento di filantropi che finanzino l’ululato del faro per il nostro diletto o per felliniane reminiscenze? Non è forse meglio farsene una ragione e ringraziare il faro per la compagnia che ci ha tenuto negli anni, con quel suono cupo ma caldo e rassicurante? Magari con un’ultima serata di accensione, per dirsi addio. Anzi, come dicono gli inglesi e Guccini, farewell.