Home Vita della chiesa Educare i giovani? Non è un compito solo da cattolici

Educare i giovani? Non è un compito solo da cattolici

I giovani
2. Passo a qualche pensiero sui giovani. Molti giovani sono in attesa di trovare lavoro o di uscire dalla precarietà, e sono ormai più che adulti. Come “farsi una famiglia” in queste condizioni? Altri giovani sono disorientati per l’inutilità – a livello di possibile impiego lavorativo – dei loro studi e dei titoli acquisiti. Sempre di più chiedono a noi, investiti in autorità, di dimostrare un’autorevolezza, che è figlia della credibilità. Un fattore determinante per l’acquisizione di questa è la percezione che chi ha potere sia in grado di capire le situazioni concrete, di mettersi negli stessi panni di coloro che si è chiamati a “servire”. Altro elemento fondante della credibilità è la sobrietà, soprattutto nel maneggiare il denaro pubblico, frutto dei sacrifici dei cittadini onesti, con modalità trasparenti, in segno di rispetto verso la “cosa pubblica” che si è chiamati a servire, non a servirsene.
Altra non trascurabile forma di sobrietà è quella nell’esprimersi, sia con le parole che con i fatti, dato che proprio questi ultimi parlano un linguaggio immediato e comprensibile da tutti. Non possiamo tacere allora di iniziative e comportamenti che sviliscono lo stare insieme, riducendolo da sano divertimento a trasgressione selvaggia, in cui ogni eccesso è lecito e consentito, e va in vacanza anche il buon senso del limite.

I dati sono impressionanti. In Italia sono oltre 1milione e 300mila, tra ragazzi e ragazze, coloro che bevono in maniera sporadica, occasionale o quotidiana secondo modalità considerate a rischio per la salute. Lo afferma l’Istituto Superiore della Sanità. Quando poi “ci scappa il morto” per qualche giorno ne parlano giornali e telegiornali. E le richieste sono sempre quelle: più ordine pubblico, più controlli di Polizia, vietare gli alcoolici dopo mezzanotte, chiudere i bar o i market che vendono ai minori… Tutte cose giuste da fare e da continuare a fare, ma la domanda vera è: chi sono questi giovani che sballano e perché? Gli studi dell’ISS dimostra che, tra li 11 e i 25 anni, partecipare a concerti ed eventi sportivi, ma anche andare in discoteca aumenta la probabilità di consumi a rischio. Dall’indagine è emerso che anche incontrarsi sui social network è un ulteriore fattore che incrementa la probabilità di adottare un consumo alcoolico a rischio, anche da parte di giovanissimi. Unica eccezione – è sempre l’ISS a documentarlo – sono i luoghi di aggregazione cattolica in cui, al contrario, la probabilità di non essere consumatori appare massima. Un’inchiesta che ci dice che i ragazzi bevono quando sono insieme. È come se scattasse una molla di emulazione. Se vuoi stare nel gruppo, le regole sono queste. Deve dimostrare di essere alla pari, di essere grande… Il gruppo aiuta a superare ogni inibizione, ogni regola: di qui, l’eccesso. Il vuoto di significati che caratterizza questo tempo si riempie di alcool, di pasticche, di violenza, di sesso, di sbornia, di rumore. Di fronte a questo dramma non basta proibire, occorre costruire. Non basta reprimere – diceva uno che se ne intendeva, Don Bosco – occorre prevenire. Insomma occorre che noi adulti ci rimettiamo a riprendere il rischioso, ma sempre necessario e possibile – ’mestiere’ educativo. È quello che le parrocchie, le scuole paritarie di matrice cattolica, i gruppi giovanili cristiani – formativi, culturali, ricreativi, e di volontariato – sono impegnati a fare. Ma da soli non possiamo illuderci di arrivare a tutto e a tutti.

ll nuovo assetto
istituzionale

3. Non posso chiudere questi pensieri senza accennare ai cambiamenti istituzionali in atto, in particolare, il prossimo accorpamento delle province della Romagna. Il Vescovo, pastore della comunità, non può non richiamare l’importanza che le istituzioni stesse rivestono per un ordinato svolgimento delle attività umane, e auspicare che il mutamento non si traduca in impoverimento di servizi per le persone, che possano sempre contare invece su un tessuto di risposte efficaci e prossime. La sanità, la sicurezza, la tutela del territorio sono ricchezza per ogni cittadino di questa terra, e vanno salvaguardati. Senza scadere in un provincialismo, incapace di superare gli orizzonti più ristretti e gli egoismi territoriali, ci auguriamo che il cambiamento istituzionale sia capace di salvaguardare le risorse e le infrastrutture che nel servizio hanno dato prova di eccellenza e che potrebbero essere valorizzate, la prospettiva di un bene comune dai confini più ampi per una organizzazione che sappia porre sempre al centro l’uomo.

Tra poco, in comunione con Benedetto XVI e con la Chiesa universale, anche la nostra Chiesa diocesana aprirà l’anno della fede. Come credenti e come cittadini, non possiamo ridurlo a qualche sporadica pratica religiosa in più, né ad un ripasso veloce del catechismo. Noi siamo impegnati a mostrare che la fede è tale se parla alla nostra vita e se la nostra vita parla di fede. Certo, non possiamo iniziare questo Anno senza un sincero e doveroso atto penitenziale, poiché come cittadini credenti non sempre abbiamo ottemperato al richiamo del Concilio, su riportato, riguardo all’osservanza dei nostri “impegni temporali”. E perciò ne chiediamo perdono alle persone e alle istituzioni della Città, con la promessa della giusta riparazione e della irrinunciabile conversione per il cammino futuro.
Nel contempo rinnoviamo la disponibilità ad attivare quelle sinergie virtuose – come, ad esempio, nel periodo dell’emergenza-neve – per contribuire al bene comune della nostra amata Città. Insieme, con l’aiuto di Dio e di tutte le persone di buona volontà, ce la potremo fare. L’importante è decidere e cominciare. Prima che sia troppo tardi.

+ Francesco Lambiasi