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Chi crede parte, chi ama corre

Giorni di intenso stupore. È partito da Nazareth e si è concluso a Gerusalemme il pellegrinaggio diocesano in Terra Santa guidato dal vescovo Francesco, che tra i 180 partecipanti ha visto la presenza di 101 giovani. Quello che proponiamo è un diario di viaggio, scritto a più voci, che ci permetterà di assaporare la bellezza di questa esperienza interiore e comunitaria.

Sabato 28 dicembre 2019
La giornata inizia con la messa nella chiesa di San Giuseppe a Nazareth, il Vangelo dell’Annunciazione ci aiuta ad introdurre i luoghi che visiteremo. Durante l’omelia del Vescovo due sono le cose che ci sono rimaste impresse:
– Il “Non temere” rivolto a Maria che ci invita a non avere paura e ad affidarci.
– La risposta di Maria: “Come avverrà questo?” che non mette in dubbio l’annuncio dell’angelo, si chiede COME ciò che le è stato annunciato avverrà, non SE! Si è già fidata!
Abbiamo continuato con la visita alla Basilica dell’Annunciazione, ci siamo soffermati davanti alla grotta dove Maria ha detto il suo “SÌ”, e proseguito con la visita al museo archeologico e alle grotte sottostanti. Il pomeriggio è stato dedicato alla visita di Cana di Galilea e, successivamente, proprio sul vangelo delle nozze di Cana si è concentrata la Lectio: “Quali sono le vostre mancanze?”. È stata la domanda che ci ha guidato per scoprire che queste non sono qualcosa di negativo, ma l’opportunità per mettersi in relazione con l’altro e con Dio.
La giornata si è conclusa con un momento di preghiera nella Basilica dell’Annunciazione, insieme ad altri pellegrini e alla comunità di Nazareth. Nonostante le differenze è stato emozionante potersi sentire uniti e fratelli nella fede.
Elisa e Sara

Domenica 29 dicembre 2019
Stamattina ci siamo recati al sito archeologico di Cafarnao, in cui si trovano una sinagoga di epoca bizantina costruita sopra quella più antica in cui Gesù insegnò e la casa di Simon Pietro. Vedere di persona quei luoghi ci ha fatto rendere conto della concretezza e della quotidianità che si celano nel Vangelo, la cui lettura è stata di fondamentale importanza per vivere in maniera piena quel momento. In seguito ci siamo spostati a Tabgha, nel luogo in cui avvenne la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Lì, in particolare, abbiamo potuto riflettere sul fatto che Gesù abbia chiamato i suoi discepoli a provvedere essi stessi a sfamare le persone che erano presenti, ricordando, in questo modo, l’impegno della comunità cristiana nei confronti del dono dell’eucarestia. Anche in questo caso ci siamo lasciati alle spalle le nostre “precomprensioni” legate al testo evangelico, soffermandoci su aspetti mai notati e sul significato dei termini utilizzati, per esempio “dividere” e “spezzare” invece di “moltiplicare”.
Successivamente, il vescovo Francesco ha celebrato la Messa a Magdala. Nel pomeriggio siamo stati nel sito del Primato di San Pietro. Lì, sulla riva del Lago di Tiberiade (foto in alto), abbiamo avuto un momento di riflessione sull’incontro di Gesù coi primi discepoli, riscoprendone l’umanità e immedesimandoci in loro.
Elisabetta

Lunedì 30 dicembre 2019
Volendo definire la giornata di oggi con una parola, la più emblematica è Trasformazione. Fin da subito l’abbiamo vissuta, andando proprio nel luogo della Trasfigurazione di Gesù: il monte Tabor. È qui che Gesù cambiò volto e apparve ai suoi tre discepoli con un’altra veste, quella dell’uomo, ma allo stesso tempo Dio, venuto al mondo per salvare l’umanità intera.
Inoltre il nostro stesso viaggio sta vivendo una trasformazione: infatti da Nazareth abbiamo affrontato un viaggio di circa 3 ore per arrivare a Betlemme (seconda foto dall’alto). Un cambiamento non soltanto a livello geografico, da Israele ai territori Palestinesi, ma anche una trasformazione personale, che ti porta a cambiare sguardo e a riflettere sulla realtà di questa terra.
Entrare a Betlemme è stato difficile a livello emotivo: abbiamo dovuto attraversare quel muro, non solo quello fisico del check point, ma anche quello fatto di pregiudizi e paure dovuto all’incontro con una realtà diversa dalla nostra.
Infine, con la testimonianza di suor Lucia abbiamo potuto conoscere una realtà, quella del Caritas Baby Hospital, che porta speranza a bambini e bambine bisognosi di cure. Concludo questa giornata con la consapevolezza che la terra che stiamo attraversando deve essere vissuta in maniera attiva, ascoltando le esigenze del fratello che incontriamo e mettendo a disposizione la nostra vita.
Annalisa

Martedì 31 dicembre 2019
Siamo a metà del nostro pellegrinaggio in Terrasanta e siamo arrivati a Gerusalemme: la Città Santa, per tutti, di tutti.
Osservarla la mattina dal colle del Getzemani ci dà la misura e la dimensione di una città eterna caratterizzata da rumori e suoni dissonanti: il gallo canta ancora vicino alla casa di Caifa, voci di persone arabe, ebree e di tutto il mondo, che percorrono la via dolorosa, un rumore sordo in quartieri periferici.
Oggi abbiamo vissuto per la prima volta la passione, morte e resurrezione di Gesù, il mistero di un uomo venuto per salvare tutti noi, ciascuno di noi! Le parole dei vangeli hanno trovato luoghi, sentimenti, emozioni che ci hanno accompagnato dall’Orto degli Ulivi al Golgota.
Gerusalemme è una delle poche città al mondo, se non l’unica, nella quale l’intero testo sacro si ritrova, si riconosce, eternamente si ripete: nelle sepolture sia arabe sia ebraiche davanti alla porta d’oro. La giornata è terminata con la visita al Santo Sepolcro, dove viene conservato il più grande mistero di tutta la cristianità. Entrare in quel sepolcro vuoto mi ha procurato un brivido lungo la schiena. Una giornata indimenticabile!
Matteo

Mercoledì1 gennaio 2020
La giornata di oggi è iniziata a mezzanotte, quando 100 ragazzi dopo il conto alla rovescia hanno iniziato il nuovo anno brindando e abbracciandosi tra loro.
Abbiamo sorriso, ballato, cantato a squarciagola, abbiamo dormito poche ore e ci siamo svegliati presto per ricominciare la giornata. Come regalo del primo giorno dell’anno abbiamo ricevuto la visione meravigliosa del panorama del deserto.
Abbiamo vissuto la Messa con un panorama speciale. Un’infinita immensità piena di rocce e polvere che abbiamo avuto l’onore di attraversare poi in silenzio per un’ora intera. Un’ora in cui abbiamo provato a creare un contatto con Gesù, aiutati dal niente che il deserto ci offriva: un niente così affascinante che non spaventa, ma fa capire quanto siamo amati da Lui (penultima foto).
Nel pomeriggio ci siamo recati al Mar Morto, dove abbiamo goduto di un momento di relax facendo il bagno tutti insieme. Il pellegrinaggio è anche divertimento! Mi piace proprio pensare che un pellegrinaggio nella sua spiritualità possa regalarci anche emozioni così leggere e gioiose, perchè la fede è anche questo: sentirsi grati delle meraviglie del mondo e ringraziare per le persone con le quali tutto questo è possibile condividerlo.
Nicla

Giovedì 2 gennaio 2020
Nessuna cosa può cancellare la memoria. Foto, video, ricostruzioni, e specialmente luci nel buio. Ho scoperto cosa significhi il male, ho scoperto il dolore in quegli occhi pieni di paura, mancanza, terrore. C’era un volto di un bambino povero, racchiuso in un cappotto straccio, con un cappello bucato. Aveva un volto magro, una bocca asciutta, una guancia ferita, e due occhi che parlavano da soli, raccontavano la sua storia senza che io la sapessi. Ho capito cosa significhi essere uomini. L’ho capito negli occhi di quel bambino. Sono stati attimi immensi quelli che ho vissuto oggi pomeriggio al museo dell’olocausto di Gerusalemme, dove mi sono perso nella memoria di un passato nero che macchierà per sempre la nostra umanità. Un museo che mi ha colpito nel cuore: volti di bambini, donne, uomini, nonni, volti semplicemente di persone che per la sola colpa di essere nati hanno vissuto ciò che nessuno dovrebbe vivere. Loro erano ebrei, come ebreo era Gesù e i suoi discepoli.
Entrare poi dentro quelle quattro mura dove Gesù ha celebrato l’ultima cena con i suoi discepoli, la stessa dove lo Spirito Santo è sceso sulle loro teste, è stato un dono che mi porterò sempre nel cuore. Una stanza senza alcuna immagine, solo quattro mura che non han fatto altro che aumentare l’immagine e il desiderio di pregare per Dio e comprendere che lì in quel luogo Lui ci ha donato il suo corpo e il suo sangue. Un silenzio intenso mi ha invaso, mi ha lasciato un pieno dentro, animato da un turbamento intimo mosso da mille domande che la Terra Santa mi ha suscitato. Una spiritualità che vivi grazie ai luoghi, al silenzio della contemplazione e alla preghiera della vita.
Una spiritualità che ho toccato con mano davanti a un semplice muro, il muro del pianto, dove tanti ebrei pregano lasciando messaggi a Dio e dove anche io ho avuto possibilità di dire una preghiera (foto in basso). Ma ogni muro di Gerusalemme trasuda spiritualità.
Giovanni

3 gennaio 2020
“Chi crede parte, chi ama corre” recita un vecchio detto e credo che durante questo pellegrinaggio in Terra Santa molti giovani abbiano iniziato a correre. Siamo partiti per questo viaggio carichi di domande, alcune ben nascoste nel cuore, altre dei nostri amici, familiari, coetanei. Suona bizzarra, quasi stonata per il 2020, la scelta di 100 giovani di passare le vacanze di Natale come pellegrini in Terra Santa; molti ci hanno chiesto “cosa cercate?” Come l’angelo alle donne all’alba della domenica di Pasqua. Ma una scelta come questa è un segno importante: la testimonianza di una generazione che cerca un dialogo vero e sincero con Gesù. Abbiamo esplorato sì dei luoghi fisici, visti, immaginati e pensati tante volte durante le nostre letture della Bibbia, ma abbiamo soprattutto riscoperto il disarmante silenzio che un’anima, lasciata sola in riva al mare di Galilea o tra i crepacci del deserto, può provare. Abbiamo cercato risposte sulla nostra vita, le nostre vocazioni, il nostro studio, lavoro, impegno; abbiamo chiesto e pregato nei luoghi della nostra Fede. Abbiamo detto sì a chi ci aveva chiamati per nome, senza temere, perché ne conoscevamo la voce. Ognuno di noi torna a casa con il suo zaino più pieno, c’è chi ha trovato risposte, chi altre domande, ma sicuramente tutti portiamo a casa un luogo, un volto, una parola che ha illuminato queste giornate; abbiamo voglia di tornare, di scendere, stavolta letteralmente, dal Tabor, per testimoniare nelle nostre parrocchie, nelle nostre vite ordinarie un’umana e disarmante verità: il Santo Sepolcro, così pieno di confusione, di turisti, di lingue e religioni, è vuoto. Gesù è risorto e noi vogliamo correre per gridarlo a tutti.
Vittorio