Home TRE-TuttoRomagnaEconomia COSA CERCANO LE AZIENDE: PROFESSIONALITÀ E INDIRIZZI DI STUDIO

COSA CERCANO LE AZIENDE: PROFESSIONALITÀ E INDIRIZZI DI STUDIO

Secondo l’indagine Excelsior sulle intenzioni delle imprese di assumere, quasi la metà delle figure cercate sono di difficile reperimento, per mancanza di candidati oppure per carenza di formazione

Ci sono diversi apparenti paradossi nel mercato del lavoro locale. Il primo. Secondo l’indagine Excelsior sulle intenzioni delle imprese di assumere, quasi la metà delle gure cercate sono di dicile reperimento, per mancanza di candidati oppure per carenza di formazione. Il secondo. Che questo possa accadere a Rimini, in una situazione di bassa percentuale di persone che lavorano, soprattutto donne, di calo dell’occupazione e aumento della disoccupazione come è stato registrato nel 2023, con l’aggiunta di 11.000 dimissioni volontarie (per tante donne con gli a carico sicuramente meno ‘volontarie’).

È evidente un disallineamento tra domanda e oerta di lavoro. Perché va da se che essere disoccupati non vuol dire in automatico avere le competenze giuste per ricoprire i ruoli scoperti. Avvicinare domanda e oerta dovrebbe essere compito della programmazione e della formazione.

Ma programmare vuol dire che qualcuno si fa carico del governo del mercato del lavoro, suggerendo, dopo aver ascoltato le imprese, alla formazione gli indirizzi giusti. Purtroppo, e non da oggi, tutto questo non esiste. In provincia, non solo nella nostra, tutto è adato all’anarchia del mercato, meglio al passaparola (parenti, amici, conoscenti, ecc…). Solo una impresa su dieci, per assumere qualcuno, si rivolge ai Centri per l’impiego (CPI).

E sono ancora meno quelle che si rivolgono direttamente alle scuole e enti di formazione. Che dovrebbero essere i primi referenti. Essendo la Romagna, soprattutto Rimini, una regione turistica, gli addetti più ricercati, come emerge ogni primavera dagli echi della stampa, sono quelli legati all’attività di ristorazione, pulizie, vendite e accoglienza. Meno tutto il resto. Personale a cui si ore, in due casi su tre, un contratto di lavoro a tempo determinato (stagionale) e solo in un caso su dieci a tempo indeterminato, che però non sempre equivale a lavorare dodici mesi l’anno. Un po’ più di contratti a tempo indeterminato e meno a tempo determinato, ma non troppo, sono invece oerti dalle imprese di Forlì-Cesena e Ravenna (ricordiamo che queste ultime province romagnole non fanno, insieme, i numeri dei pernottamenti di Rimini). Ma il decit più importante riguarda, almeno per il caso di Rimini, la bassa domanda di personale con laurea o superiore: titoli che p vengono richiesti solo per 8 assunzioni su 100, che sale a 11 a Forlì e 10 a Ravenna. Meglio di Rimini, ma niente di eccezionale considerando che in regione si chiedono 14 laureati su cento e in Italia 15.

Per Rimini non si tratta di un dato particolarmente basso causa qualche congiuntura sfavorevole, come qualcuno potrebbe pensare, ma una costante che viene da molto lontano. Riesso del suo debole, anche in termini di produzione di ricchezza, apparato economico.

Che andrebbe rinforzato con l’innesto, ma an che questo è dicile che possa avvenire spontaneamente, di imprese capaci di orire nuove e più qualicate opportunità di lavoro. Innesto utile anche per arrestare il drenaggio di giovani talenti, come testimoniato dall’alto numero di emigrati in partenza proprio da Rimini: 10.000 solo nell’ultimo decennio.