Home Vita della chiesa “Convinceremo pure le famiglie straniere non cristiane”

“Convinceremo pure le famiglie straniere non cristiane”

Nove studenti su dieci si avvalgono dell’IRC (Insegnamento della Religione Cattolica) nelle scuole statali della Diocesi di Rimini. Questo è il dato ufficiale fornito dall’Ufficio di Pastorale Scolastica in base alle comunicazioni statistiche ricevute dalle diverse scuole statali di ogni ordine e grado.

“Un dato positivo – commenta don Mirko Vandi, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Scolastica e l’Insegnamento della Religione Cattolica – determinato da diversi fattori. Prima di tutto dal lavoro che gli insegnanti stessi svolgono nella scuola. Un lavoro che si fonda sull’esperienza personale di fede dei docenti stessi e sulla formazione accademica che hanno ricevuto e sulla quale la Diocesi ha investito enormi risorse. In passato con il vecchio ordinamento ed oggi con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose abbiamo la possibilità di formare gli insegnanti secondo quanto viene richiesto dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e dal MIUR (Ministero Istruzione, Università Ricerca). Inoltre ritengo non sia irrilevante l’esperienza ecclesiale che i ragazzi possono vivere in seno alle parrocchie, ai movimenti, alle associazioni presenti nel territorio. Essa è determinante nella scelta dell’IRC che rappresenta la possibilità di approfondire i contenuti della fede sotto un profilo culturale”.

È buona la partecipazione nelle scuole secondarie di II grado, il dato conferma sostanzialmente quello dell’anno precedente, ed è superiore sia ai valori nazionali che dell’Italia settentrionale dove la nostra Diocesi è collocata. Molte volte la scelta dell’Irc è in alternativa al nulla; entrata alla seconda ora o uscita un’ora prima se l’insegnamento della religione cattolica è collocato all’inizio o alla fine delle lezioni, e sono pochi coloro che scelgono di avvalersi delle altre opportunità previste: studio individuale o assistito, materia alternativa. Cosa spinge gli studenti ad avvalersi dell’IRC?
“Il dato positivo della percentuale nella secondaria di secondo grado è prodotto di diversi fattori. In primis è frutto del lavoro che viene svolto negli altri gradi di scuola, mi riferisco all’infanzia, alla primaria, alla secondaria di primo grado. È evidente che, chi ha vissuto una bella esperienza per i primi undici anni di scuola, raramente opera una scelta diversa alle superiori. Inoltre credo incida il lavoro svolto in seno ai collegi docenti, ossia i rapporti con i colleghi e con i dirigenti scolastici. Nel passato abbiamo avuto questioni in ordine ad una certa prevenzione ideologica, oggi pressoché assente grazie anche alla stima conquistata sul campo dagli insegnanti. L’Ufficio stesso, ben prima della mia nomina ha sempre curato i rapporti con le singole istituzioni scolastiche e con il Provveditorato. Da ultimo, ovviamente, il dato più importante è la professionalità dei docenti che operano nelle singole scuole. Competenza nella materia, amore verso i ragazzi, desiderio di crescere in una professione che non conosce traguardi se non quelli di una nuova partenza, cioè una continua verifica della propria identità di insegnante per adeguarla sempre di più alle nuove esigenze della scuola e degli alunni”.

Più partecipazione ai Licei, ma Istituti Tecnici e Professionali in ripresa. Come valuta questo fenomeno?
“C’è voluto del tempo per far comprendere con precisione la natura e la finalità dell’IRC dopo la revisione concordataria del 1984 ed il successivo Protocollo addizionale del 1985. La consapevolezza dell’eminente valore culturale della disciplina è maturato ed ormai dà i suoi frutti.
Forse nei Licei questa consapevolezza è maturata prima? Non saprei. La cosa importante è che in ogni scuola superiore ci sono ragazzi stupendi capaci di apprezzare il valore formativo dell’ora di religione, specialmente a partire dal rapporto che essi instaurano con il professore di religione. I ragazzi sanno respirare la presenza di adulti veri che fondano il loro stare nella scuola prima di tutto mettendo al centro la persona dello studente, la sua formazione umana, il suo vero bene. È compito di ogni docente, certamente, ma l’insegnante di religione rappresenta spesso un punto di riferimento speciale in un’età di passaggio come l’adolescenza”.

Ci sono invece difficoltà nelle scuole dell’infanzia. Perché?
“La sfida nella scuola dell’infanzia è far comprendere alla famiglie straniere o lontane per cultura o fede dal cattolicesimo che l’IRC rappresenta un’opportunità enorme perché i bambini di oggi che saranno gli adulti di domani possano conoscere un elemento culturale fondamentale e imprescindibile della storia del paese dove vivono, appunto l’elemento religioso.
Che non vi sia nessun rischio di proselitismo è evidente per tutti in linea di principio, ma deve diventare per tutti una consapevolezza solida e reale”.

Qual è il suo compito in quanto direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Scolastica e l’Insegnamento della Religione Cattolica?
“Il lavoro che svolgo in ufficio è molto determinato dalla burocrazia, dalle scadenze scolastiche e quant’altro. Ciò spesso mi ha impedito di poter dedicare molto tempo all’aspetto più importante che è quello relazionale (fatto non secondario è che prima di tutto sono parroco e quindi non mi dedico all’ufficio a tempo pieno). Tuttavia ho avuto modo di conoscere in questi quasi 9 anni, gli ultimi 6 da Direttore, molti insegnanti che nel tempo, solo gli “specialisti”, cioè docenti di religione che sostituiscono le maestre nelle scuole dell’infanzia e primaria non disponibili ad insegnare religione, sono diventati quasi 200.
Ho incontrato persone delle quali apprezzo l’operato quando è evidente la passione per l’avventura meravigliosa che ogni docente vive: contribuire a costruire l’uomo. Posso dire che il lavoro che viene svolto è mediamente positivo ed io spero di poter accompagnare quelle situazioni particolari di difficoltà che fanno parte della vita. Il lavoro dell’insegnante di religione è particolare, non solo in quanto è un crocevia disciplinare, ma soprattutto perché nessun docente di altre discipline ha un numero così elevato di classi, 18 o 22. Ciò rende il lavoro nella scuola, che negli ultimi anni si è reso più complesso per tutti, talvolta particolarmente oneroso”.


Il profilo dell’insegnante di religione?
”Un docente competente nella teologia e nella didattica, innamorato di Cristo e della Chiesa, della scuola e dei suoi alunni”.

Francesco Perez