Home Vita della chiesa “Con l’aiuto di Maria portiamo ai fratelli la gioia del Vangelo”

“Con l’aiuto di Maria portiamo ai fratelli la gioia del Vangelo”

Almeno un migliaio di fedeli insieme al vescovo Francesco hanno partecipato sabato 19 settembre al pellegrinaggio diocesano alla Madonna di Loreto per una preghiera particolare all’inizio dell’anno della Missione diocesana. Ad accoglierli don Decio Cipolloni, Vicario generale della Prelatura di Loreto. “La missione a Rimini >– ha detto – >sarà riuscita se al termine qualcuno verrà vicino a dirvi voglio venire con te, perché ho capito che in te c’è Dio. Un augurio che vorrei fare ai riminesi: amate la Chiesa… siate entusiasti del Vangelo, che non è un libro da tenere nel cassetto, ma un libro vivo, che riempie la vita. Non cercate altrove le vostre risposte>”.
Interpellato da IcaroTv il vescovo Francesco ha detto “>A Rimini la Missione non parte da zero. Rimini è davvero una frontiera missionaria non solo per la sua collocazione geografica, per la sua configurazione sociale come capitale del turismo, ma proprio per i tanti segni di missione che già sono stati gettati nei solchi della nostra città e diocesi, da tanto tempo. Basti pensare ad Alberto Marvelli, a don Oreste Benzi, a Sandra Sabattini e a tante altre persone che solo il Signore conosce.
Noi vogliamo che il canto di questo popolo in cammino possa contagiare tanti fratelli e tante sorelle, che le nostre comunità siano davvero dei fuochi di cenacolo che possano illuminare e riscaldare le notti fredde e buie di tanta povera gente
>”.
Poi sulla motivazione del pellegringaggio ha detto: “>Se ci lasciamo contagiare dai sentimenti del cuore di Maria allora possiamo attuare quella missione all’insegna della misericordia che Papa Francesco ci indica come via privilegiata>”

Nell’omelia il Vescovo ha indicato chiaramente i sentimenti del cuore di Maria. Eccone alcuni stralci:
(…) Con la Missione Maria c’entra, eccome, perché ha generato il primo e più grande Missionario. C’entra benissimo perché quando si reca presso la cugina Elisabetta, sembra muoversi sotto lo stesso impulso che ha spinto Gabriele a portare a Nazaret la buona notizia della venuta del Salvatore. Dell’angelo infatti l’evangelista dice che “fu mandato da Dio”. “Mandato”, tipico verbo missionario. (…)

Santa Maria (…) aiuta la nostra Chiesa a guarire dalla piaga dell’autoreferenzialità, che la fa rannicchiare al suo interno, la spinge a raggomitolarsi su se stessa, sistemandosi nelle sue strutture protette e nelle sue nicchie dorate. Libera le nostre comunità dalla sindrome dell’autocontemplazione compiaciuta o del ripiegamento angosciato, che contagia l’epidemia dell’indifferenza verso i poveri e non fa più gioire con chi gioisce e piangere con chi piange. Affrancaci dalla schiavitù dell’idolo del narcisismo che droga e uccide anche a livello comunitario, quando l’appartenenza al gruppetto è più forte di quella alla comunità; quando ci si divide fino a contrapporsi tra i “nostri” e gli “altri”. (…)

Santa Maria, missionaria ed evangelizzatrice orante, aiutaci a guarire dalla piaga dell’ipertrofia patologica dell’attivismo, prodotto dalla morbosa presunzione di chi si illude di poter far conto solo sulle proprie risorse e strutture, di chi si appoggia sulle ricercate strategie organizzative che sa mettere in campo, dimenticando l’insostituibile primato della grazia. Liberaci dalla tentazione di vivere il ministero in modo burocratico e formale (…)

Santa Maria, missionaria del vino nuovo, tu (…) a Cana hai chiesto a tuo Figlio un acconto del vino dell’alleanza nuova ed eterna, aiutaci a guarire dalla piaga dell’immobilismo, a riprenderci dai mesti ristagni di chi ormai è andato in automatico, a sconfiggere la monotona assuefazione al “si è sempre fatto così”. Ricordaci che il vino nuovo va versato e conservato in otri nuovi. Non farci accontentare mai della semplice amministrazione. E quando non ci va di uscire dalla chiesa per attraversare la piazza, non limitarti a commuoverci, ma corri a smuoverci con la scossa di una salutare inquietudine per andare in cerca dei “lontani”. Facci preoccupare sempre e solo per l’evangelizzazione, molto più che per l’autopreservazione. E non stancarti di ricordarci che la vera tradizione non consiste nel conservare la cenere del passato, ma nel trasmettere il fuoco del futuro.

Santa Maria, missionaria del silenzio, donna di poche parole (…) aiutaci a guarire dalla piaga del terrorismo delle chiacchiere, delle mormorazioni e degli squallidi pettegolezzi. Ricordaci quanto san Paolo ci dice con il suo solito linguaggio senza peli: “Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, per essere irreprensibili e puri”. Perché la purezza della lingua dice la purezza del cuore molto più di quella delle “mani pulite”. (…).

Santa Maria, missionaria della gioia, tu che sulla soglia della casa di Elisabetta hai cantato il Magnificat (…) aiutaci a guarire dalla piaga della tristezza. Quando noi, missionari del tuo Figlio, rischiamo lo sconforto e ci ritroviamo sull’orlo dei crepacci della disperazione; quando rimaniamo storditi dagli insuccessi e dalle penose frustrazioni, facci aspirare ondate abbondanti del profumo della gioia. Dacci la nostalgia del centuplo evangelico, incassato da chi, secondo la logica di tuo Figlio, sceglie di slancio il ruolo meno spasimato, non scarta mai il servizio più umile e faticoso, opta sistematicamente per la missione meno ambita e gloriosa. Facci sgomitare per l’ultimo posto, dove non arriva la luce dei riflettori, dove non si guadagna la segnalazione a premi, medaglie e onorificenze. Strappa dai nostri visi afflitti le maschere da funerale e i mesti costumi da quaresima permanente. (…). Donaci i limpidi sorrisi del mattino di Pasqua. E liberaci dalla rassegnazione.