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Con dialogo e fraterna partecipazione

Nel 1966 monsignor Biancheri iniziò la sua seconda visita pastorale, con lo scopo di verificare e incoraggiare l’attuazione del Concilio nei vari settori della parrocchia.
Nei suoi incontri con i sacerdoti e con i laici, raccomandava e chiedeva collaborazione, compartecipazione, corresponsabilità.
“Se ameremo la nostra Chiesa, ne faremo un gioiello”.
Il post-concilio riminese camminava su due linee ben precise: studiare, approfondire, comprendere il Concilio; realizzare attuazioni pratiche.
Erano necessarie, oltre ai due consigli presbiterale e pastorale, altre forme di comunicazione e di attuazione.
Tuttavia era anche necessario chiarire e vagliare le teorie teologiche e pastorali che venivano crescendo accanto al Concilio. Non tutto era buono: specialmente dal nord dell’Europa nuove teorie catechistiche e sacramentali, come “ipotesi di lavoro”, ma non in perfetta sintonia col Concilio.
Monsignor Biancheri nella lettera ai sacerdoti del 29-6-1968 scrive: “Dobbiamo dire in modo esplicito che siamo sovente di fronte a fenomeni deplorevoli di confusione e di anarchia dottrinale (…) Linea fondamentale di atteggiamento di fronte al molto che oggi si scrive in tema di teologia biblica, dogmatica e morale, sono le parole di San Paolo: vagliate tutto e tenete ciò che è buono”.
Perciò erano necessari altri ambiti di studio e di proposta, perché il Concilio fosse attuato nella piena sintonia col pensiero della Chiesa.

Nasce
la Rivista Diocesana
Il Bollettino diocesano, organo ufficiale degli atti del Vescovo e della Curia, per volere di mons. Biancheri, allargò i suoi orizzonti e divenne “Rivista diocesana” col numero 29 del 1967. Anche questa scelta pastorale va inquadrata nei mezzi che mons. Biancheri mise in atto perché le indicazioni del Concilio diventassero mentalità nuova e comune a tutti. La Rivista doveva essere palestra d’idee, punto d’incontro di sacerdoti diocesani, “per approfondire le grandi linee del Concilio Vaticano II, concretizzandole nella vita e nella pastorale diocesana; per svolgere una funzione positiva di chiarificazione d’idee, in un momento così difficile e per molti aspetti pieno di incertezze”.
Per dieci anni, fino al 1977, la Rivista diocesana svolse questo ruolo importante: sfogliarne oggi le pagine, già ingiallite dal tempo, significa riscoprire un’epoca di grande vitalità culturale, di puntuale ricerca socio-religiosa, di ricca creatività pastorale. Emerge la figura di una chiesa viva, in rapporto col mondo; si avverte che “la Chiesa non è un museo” come amava ripetere Mons. Biancheri, ricordando una frase di Papa Giovanni.
La sezione più importante e più ampia della Rivista fu certamente quella teologico-pastorale, che riportava le relazioni dei Presbitéri, delle Tre giorni di aggiornamento, degli studi promossi dalle varie commissioni, di conferenze e tavole rotonde. Furono pubblicate le relazioni di eminenti teologi, invitati dalla Chiesa riminese.
Le loro relazioni riportate sulla Rivista Diocesana furono motivo di studio, di ricerca e di appassionate discussioni nei Presbitéri e nei Vicariati. Nella Rivista aveva spazio un’ampia sezione dedicata ai laici e alle religiose nella Chiesa. Altre due sezioni meritano una particolare menzione: la sezione di sociologia religiosa e la sezione degli studi storici sulla Chiesa riminese.

Il Centro Studi
Contemporaneamente alla Rivista diocesana, nacque anche il Centro Studi, cui la Rivista diocesana fu affidata. La risoluzione di istituire il Centro Studi diocesano fu votata dal Presbiterio diocesano nel settembre 1966:
“Viene istituito un Centro Studi per la qualificazione culturale e pastorale del clero, il quale ha lo scopo di aiutare tutto il presbiterio ad avere la medesima visione di fede riguardo al mondo odierno, guidando i sacerdoti nello studio, che è obbligatorio per ogni sacerdote, del messaggio cristiano in rapporto alla realtà odierna”.
Il Centro Studi diocesano svolse un ruolo importantissimo per l’elaborazione e la proposta di tutte le direttive del Vescovo in risposta alle esigenze della Diocesi e in attuazione del Concilio. Al Centro Studi era affidato anche il compito dell’aggiornamento dei sacerdoti, dei laici, delle religiose; compito che realizzava attraverso una scuola di teologia per sacerdoti, e una scuola di teologia per laici.
In questo periodo nascono anche le commissioni pastorali diocesane per i diversi ambiti di intervento e orientamento: liturgia, catechesi, turismo, amministrazione, comunicazioni sociali, missioni, famiglia.

Nuovo stile
nelle lettere pastorali
Dal 1967 le lettere pastorali della Quaresima portarono la firma “Emilio Biancheri, Vescovo in unione con i sacerdoti della Chiesa riminese”.
Monsignor Bianchieri sollecitava questo coinvolgimento di tutto il clero con lettera personale e i molti contributi che pervenivano venivano ordinati e vagliati dal Centro Studi: “Chiedo ad ogni sacerdote, membro del Presbyterium, di collaborare alla stesura della lettera pastorale, facendo pervenire proposte circa il contenuto dottrinale e pratico della lettera e circa il modo di diffusione della lettera stessa”.
Naturalmente l’ultima parola era del Vescovo.
Nacquero così alcune delle pastorali più significative di mons. Biancheri: “La fede” del 1968; “Edificare la Chiesa” del 1970; “La Chiesa in missione” del 1971; “La Chiesa riminese di fronte al mondo del lavoro” del 1972; “La famiglia, luogo di conversione della persona e della società” del 1973; “Evangelizzazione e promozione umana in Diocesi” del 1975; “La Chiesa riminese e i problemi dell’uomo” del 1976.
Queste lettere pastorali venivano stampate in opuscoli illustrati con una tiratura di cinquantamila copie. I parroci le portavano nelle case in occasione delle benedizioni pasquali ed erano oggetto di incontri e discussioni nei gruppi parrocchiali.

Partecipazione responsabile
al governo del Vescovo
Attraverso le visite pastorali, le tre giorni di aggiornamento, i Presbitéri, la Rivista Diocesana, il Centro Studi, il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale e le varie commissioni pastorali diocesane (liturgia, catechesi, turismo, amministrazione, comunicazione sociale, ecc.) monsignor Biancheri aveva dato una solida struttura pastorale alla Diocesi e disponeva dei mezzi adeguati per una attuazione graduale, ma partecipata e corresponsabile, del Concilio Vaticano II. Monsignor Biancheri attribuì gran valore a queste strutture, al di là del loro aspetto giuridico, e le considerò momenti di dialogo e di comprensione, di compartecipazione e di corresponsabilità.
“Seguendo le indicazioni del Concilio, si è dato vita in Diocesi a queste strutture; volevamo che esse fossero uno strumento per esprimere fra noi la comunione, attraverso un dialogo aperto e una fraterna comprensione; un ricercare assieme le linee di cammino della Chiesa riminese, una partecipazione responsabile al governo del Vescovo. Su queste strutture si possono fare molti appunti critici: resta però un fatto indiscutibile: esse sono un notevole passo in avanti per esprimere la compartecipazione e la corresponsabilità di tutto il presbiterio nel guidare la Chiesa di Dio”. (4-continua)

don Fausto Lanfranchi