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Col fiato sospeso

Dopo il terremoto e lo tsunami in Giappone che ha provocato migliaia di morti e una distruzione immane, il mondo è ora con il fiato sospeso per il rischio di una nuova emergenza nucleare.
Rischiamo una nuova Cernobyl? Il pericolo è evidente. Nell’area delle centrali i rischi per la salute delle persone sono mortali e drammatici. Per tutti gli altri le conseguenze saranno pesanti per gli anni a venire, soprattutto per le future generazioni. A Cernobyl si ruppe il tetto che copriva il reattore e ci fu una fuoriuscita di materiale radioattivo verso l’alto. In Giappone il rischio principale pare dovuto al fatto che il terremoto abbia rotto i pavimenti sottostanti e l’eventuale fusione nucleare va verso l’alto ma anche verso le falde. Ma il problema del nucleare è anche che le radiazioni si spostano con il vento, la pioggia, e le conseguenze si avranno a distanza di migliaia e migliaia di km su altre popolazioni. Non è il caso di sminuire i rischi sulla salute, anche se i venti spirassero verso il Pacifico.
Perfino un Paese altamente tecnologico come il Giappone, di fronte ad eventi imprevisti, non è riuscito a garantire la sicurezza delle centrali… Quello che sta accadendo dimostra che, per quanto l’uomo riesca a prevedere dei margini di sicurezza, la natura non li rispetta. Non si pensava che in quella zona si potesse avere un terremoto di quelle dimensioni, invece è avvenuto. Quando ci si trova a gestire tecnologie ad alto rischio come il nucleare, i margini di sicurezza non sono mai sufficienti. Non si tengono in considerazione, ad esempio, i possibili eventi imprevisti dovuti ai cambiamenti climatici. Sono margini sui quali bisognerebbe aprire una riflessione onesta anche nel mondo scientifico. Non so se il nostro Paese sarà capace di realizzare, su questi temi, un confronto franco sui rischi, la gestione della sicurezza, i costi, una effettiva trasparenza. L’impressione è che si vada avanti solo per schemi ideologici per cui o si è favore o si è contro il nucleare, senza entrare nel merito delle questioni, che sono tante. Bisogna uscire dalla logica ideologica e affrontare i problemi.

Matteo Mascia, Fondazione Lanza