Case che non conoscono… riposo

    Soffia aria di cambiamento sulle case di riposo riminesi. La partita che si sta giocando, l’accreditamento di Case Protette, RSA e servizi semi-residenziali (centri diurni) in base alle direttive imposte dalla Regione Emilia Romagna e alle indicazioni maturate nei Comitati distrettuali di Piano della provincia (Distretti Nord e Sud), avrà conseguenze importanti, tra il 2011 e il 2012, sia sulle rette pagate dagli utenti sia sull’offerta socio-assistenziale. Con una notizia cattiva e una buona: se da una parte aumenteranno le rette (in qualche caso anche 3 euro al giorno), dall’altra la qualità minima garantita dei servizi dovrà essere uniformata agli standard regionali.

    Rette e aumenti
    Partiamo dalle tariffe. Esse sono la somma delle rette pagate dagli utenti, degli oneri a carico del Fondo Regionale per la Non Autosufficienza (quello nazionale è stato soppresso) e di quelli sanitari a carico dell’Ausl. Le rette sono sempre, in media, leggermente superiori agli altri oneri. “Prendendo come esempio una casa protetta del territorio, la retta utente è di 48 euro e gli oneri ammontano a 33,56 euro. Se si moltiplicano queste somme per 30, ogni mese mantenere un anziano in casa di riposo costa 2.446 euro” spiega Gianna Bisagni di Spi Cgil. Nel caso riportato, l’anziano deve tirare fuori dalle proprie tasche 1.440 euro il mese, “somma non indifferente – aggiunge – se confrontata con le pensioni Inps, che nel Riminese ammontano mediamente a 642 euro mensili, le più basse in Emilia-Romagna”. Ora, è vero che la retta può essere coperta in parti variabili, come avviene nel capoluogo, dal Comune di residenza dell’anziano in base al reddito e ad altri fattori, ma non tutti i Comuni sono obbligati ad introdurre questa agevolazione.
    Fino ad oggi anche le rette pagate nel Riminese erano le più basse in regione, ma come sottolineano sia Spi Cgil che Fnp Cisl le cose cambieranno. E molto presto. Lo conferma Fabio Mazzotti, responsabile dell’Ufficio di Piano per il Distretto Nord (Rimini, Bellaria, alta e bassa Valmarecchia): “Con l’accreditamento si passa ad un regime di prezzi amministrati. – spiega – Mentre prima i prezzi dei servizi dipendevano dalle gare per la gestione delle strutture pubbliche e private convenzionate e dall’incontro tra domanda e offerta, con l’accreditamento il prezzo è determinato dalla Regione in base ad un calcolo di tutti i costi e la componente retta non potrà superare la soglia massima di 49,50 euro giornalieri”. In uno scenario in cui “i gestori hanno eroso gran parte dei margini di reddito per rispondere alle logiche concorrenziali”, è facile immaginare che degli aumenti ci saranno sia per la retta che per l’onere pubblico. “Nel 2010 – aggiunge Mazzotti – avevamo deliberato come Comitato di Distretto un tetto massimo per la retta utente di 48 euro al giorno, dunque inferiore a quello stabilito dalla Regione. C’è però un altro aspetto: la quasi totalità delle nostre strutture eroga un numero di ore di assistenza di molto superiore al requisito imposto da Bologna. Le strutture che vorranno offrire più ore dovranno pagarle extra, senza contare sui fondi regionali. In questi casi l’aumento ricadrà sull’utente. Il Comitato di Distretto ha consentito ciò in tutti i casi in cui il differenziale sarà di mille ore annue, ma la retta non potrà comunque mai superare i 49,33 euro giornalieri”.
    È il caso dell’Istituto Maccolini, 49 posti oggi dopo i 27 appena ultimati e già al completo: “Erogheremo più di mille ore in più in un anno – anticipa l’amministratore, Matteo Guaitoli, nel sottolineare come già oggi il Maccolini sia una delle strutture che ne garantiscono di più -. Per questo le nostre rette aumenteranno da 46 a 49,33 euro. Una parte dei costi ricadrà sull’utente, un’altra sull’istituto. Scelta inevitabile in uno scenario in cui le risorse pubbliche sono sempre meno sufficienti”.
    Renato Lunedei della Fnp Cisl, spiega come le trattative per gli aumenti, che scatteranno da aprile, siano ancora in corso. “In ogni caso si andrà da aggiustamenti di pochi centesimi a salti anche superiori a 2 e 3 euro”.

    I posti letto
    La Regione prevede un indice di copertura dei posti sul totale dei cittadini sopra i 75 anni, pari al 3%. “Oggi nella nostra provincia siamo nettamente sotto sottolinea Bisagni – Nel 2009 la copertura delle case protette era ferma al 2,28%”.
    Intanto qualcosa si sta facendo. Il Piano di Zona (sempre rimanendo nel distretto Nord) prevede la creazione di 83 nuovi posti entro il 2010, di cui 27 all’Istituto Maccolini e 56 in una nuova struttura alle Grazie (Rimini) in un immobile di proprietà del Comune. “I lavori al Maccolini sono terminati entro l’anno – fa il punto Mazzotti – alle Grazie invece li stiamo ancora ultimando”.
    Tra gli altri progetti che consentiranno di raggiungere il fatidico 3% entro il 2012, ci sono il completamento della nuova struttura di 40 posti a Novafeltria in cui confluiranno anche i 18 dell’attuale casa di riposo, e la creazione di 48 posti a Bellaria. Infine verranno ricavati 30 posti in più da strutture già convenzionate.

    L’assistenza
    All’aumento delle aspettative di vita e, quindi, del numero dei potenziali utenti, si accompagna un aumento, fa notare Bisagni, “delle situazioni di invalidità fisica e psichica e un innalzamento della percentuale di ospiti non autosufficienti”. È aumentato il carico di lavoro. La Regione, come detto, prevede un livellamento dell’offerta qualitativa. Come ottenerlo? La creazione di un’unica Asp (Azienda Servizi alla Persona) per distretto (nella zona nord la fusione tra l’Asp Valloni e l’Asp Vallemarecchia che gestiscono le strutture pubbliche una volta in mano alle Ipab) come deciso dai Comuni in accordo con i sindacati, “permetterebbe – fa presente Bisagni – di ottenere economie di scala, ad esempio, riducendo i costi dei Cda”. Ma dopo la battuta d’arresto arrivata da Santarcangelo la fusione non appare vicina, anzi. “Anche se rimanessero due Asp – osserva Mazzotti – non ci sarebbe alcuna violazione né di una norma né di un indirizzo imposto dalla Regione”.
    Ad ogni modo, che si tratti di strutture pubbliche gestite da una o due Asp, o di strutture private convenzionate e accreditate, tutto il personale socio-assistenziale dovrà rispondere, caso per caso, ad un’unica catena di comando. Tradotto: basta con la promiscuità tra dipendenti pubblici e altro personale impiegato tramite cooperativa. Una novità ancora pesante da digerire per chi gestisce le strutture pubbliche dove oggi, per ovvi motivi gestionali (un dipendente privato costa sempre meno di un dipendente pubblico) gli operatori delle cooperative rappresentavano buona parte, se non in alcuni casi la maggioranza, della forza lavoro impiegata. Da qui lo sviluppo di riorganizzazioni e accorpamenti. Da una parte ci saranno le strutture pubbliche a gestione diretta da parte delle Asp (che assumeranno 35 nuovi operatori): Valloni Struttura 1 ed ex casa protetta Vecchi di Verucchio. Dall’altra quelle gestite da soggetto privato accreditato (che dovrà rispondere a normative pubbliche): Valloni Struttura 2, la nuova casa residenza alle Grazie, l’ex Rsa di Verucchio, l’ex casa protetta “Molari” di Santarcangelo e quelle di Novafeltria e Sant’Agata. Per il rispetto delle leggi regionali ma anche del portafoglio.

    Alessandra Leardini