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Amarcord Tonino

Se non è stato l’unico a farlo parlare di calcio poco ci manca. Per Guerra notoriamente il calcio (e lo sport in generale) era argomento da bar e non inteso in senso di relazioni socialmente utili. “Potevo, perché mi usava la cortesia di parlarmene, almeno perché io sapessi che lui sapeva che mestiere facevo” ha annotato con la solita puntualità e l’estremo garbo Italo Cucci sulla sua rubrica settimanale su Avvenire. “Marchignolo” di nascita, riminese d’adozione dal 1945, da quando cioè la famiglia scese da Poggio Berni a cannoni spenti e lui bambinetto scavava tra le macerie alla ricerca di ferro, rame e metalli da rivendere agli stracciaioli di Gambettola, Cucci s’è n’è andato prima a Bologna poi a Roma (come Tonino) per inseguire e raggiungere la professione di giornalista sportivo. Parlar di calcio con Guerra? “Ci provavo – e ci riuscivo – perché era l’unico argomento col quale potevo toglierli il pallino per qualche minuto. Era un fiume in piena, Tonino, quando raccontava. Glielo dicevo: «T’am per ’e Marecia», «Mi sembri il Marecchia»: il suo fiume, il nostro fiume”.
Intavolava argomentazioni sul calcio come fenomeno sociale?
“Un giorno parlammo proprio di calciatori. C’era anche Aldo Biscardi, credo fosse al «Paradiso», a cantar la gloria dell’amica Roma e a Guerra la Roma non piaceva, nonostante fosse amata anche da un altro grandissimo, Sergio Zavoli. A un certo punto mi chiese di Facchetti. Cosa potevo dirne? Il meglio”.
Uno a uno e palla al centro. Vi è capitato spesso di impattare in carriera?
“Specialmente nel nostro amato Montefeltro. Ricordo un’occasione alla Fiera del Tartufo di Sant’Agata Feltria, città di cui sono diventato cittadino onorario e nella quale sono nati i miei tre fratelli. Siamo a pranzo insieme, Tonino mi apostrofa: «Safet te i què?». E io di rimando: “safet te. Tu sei di Santarcangelo, io del Montefeltro, e le radici della mia famiglia affondano qui, dunque…» Simpatiche schermaglie, rigorosamente in dialetto, proseguite a Petrella Guidi sotto gli occhi dell’amico comune pittore Antonio Sagliola all’inaugurazione del Giardino di Federico e Giulietta. In quel luogo magnifico che è Bascio alto, davanti al piccolo cimitero in cui riposano i miei nonni, in occasione dell’inaugurazione del Giardino di Ezra Pound, in compagnia della figlia del poeta. Alla Sangiovesa di Santarcangelo, con Manlio Maggioli e in tante altre occasioni a Pennabilli, spesso nella sua casa abitata da decine di gatti”.
La casa dei mandorli, dove Guerra ora riposa.
“Serviva una mappa per non perdersi. Un giorno sono ospite, Tonino attende un gruppo di russi e mio fratello Cleto. Questi arriva, tutto trafelato, e s’infila in bagno. Guerra lo rincorre: «ho poco tempo». Ritorna Cleto e Tonino non c’è più. Un siparietto ripetutosi più volte. Alla fine me ne sono andato io, dicendo al padrone di casa: «quando vi incontrate fatemelo sapere!»”.
Non si correva il rischio di annoiarsi.
“Ha avuto anche il merito – nelle poesie e in alcune sceneggiature e in tanti racconti – di portare alla ribalta tanti personaggi tipici. All’epoca dello spot Unieuro, ad esempio, gli amici romani mi chiedevano: «perché Guerra urla così tanto?». Il motivo era semplice: cercava di conversare con Gianni Giannini, l’amico fraterno di Pennabilli (e cugino di mia mamma), storicamente debole d’orecchio”.
Santarcangelo e “E’ circal de giudeizi”.
“È singolare come un piccolo paese di provincia come Santarcangelo abbia partorito tanti personaggi di altissimo spessore culturale: i pittori Giulio Turci e Moroni, ad esempio, i poeti Raffaello Baldini, Nino Pedretti e Gianni Fucci, una figura originale come Giuliana Rocchi. Un vero cenacolo di personaggi che faceva a pugni con l’immagine popolare del paese proposta anche nel detto: «Santarcangelo paese di campagna dove la gente s’affolla per mangiare la cipolla»”.
Di Guerra qualcuno ha detto che era troppo ancorato alla sua terra.
“Le sue romagnolissime «cose» resteranno per sempre, così legate alla terra e alla malinconia romagnola da diventare universali”.
Visti alcuni precedenti, ora si pone il problema di come valorizzare al massimo la sua opera.
“è vero, dalle nostre parti è facile essere dimenticati, o perlomeno non essere onorati a dovere. È accaduto ad un gigante come Fellini. Forse l’impeto d’amore più verace Rimini lo ha riservato al campione di motociclismo Renzo Pasolini. Per tornare a Guerra, credo che Santarcangelo dovrebbe pensare ad una scuola e ad una fondazione, Tonino lo meriterebbe”.

Paolo Guiducci